Non ho mai abbandonato il progetto di esportare la piadina romagnola e sono profondamente convinta che Samuele Bersani abbia scritto la canzone perché mi conosceva bene.
La piadina romagnola, che nel novembre 2014 ha finalmente ottenuto la IGP, indicazione geografica protetta, non potrà essere venduta con questa denominazione se non prodotta sul territorio in cui nasce. Ci sono delibere comunali anche per i chioschi delle piadine, a righe bianche e azzurre a Cervia e Cesenatico, a righe bianche e rosse a Forlì, bianche e verdi a Cesena.
Se potessi giocare con voi, vi metterei una benda davanti agli occhi e vi inviterei in un fantastico tour a indovinare le città romagnole a morsi di piadina, che diventa piada, pìda, pié oppure carson, casson, crescione e calzone, cambiando spessore e ingredienti a seconda della posizione geografica. Perché, boia d’un mönd lêdar, non c’è verso che ce ne sia una uguale all’altra! Pronti?
Partiamo da una piadina dal diametro di venti centimetri, spessore di circa 1 cm, una piadina che chiede parecchio vino per essere “mandata giù”. Che la si mangi con il prosciutto o con il salame, dopo pochissino ecco il mappazzone. La sentite bella spessa e pesantina, potete spezzarla ma non si piega. Siamo a Faenza. Qui la piadina è tosta, poco strutto, poca acqua a impastare e il morso deciso.
Ci spostiamo verso una piada più sottile, ma non sottilissima, morbida, perfetta per avvolgere la salsiccia e raccogliere tutto il sugo che rilascia appena cotta.
È leggermente più grande e decisamente più malleabile. Siamo a Cesena. Fermatevi in uno qualsiasi dei chioschi che trovate disseminati e ordinate una salsiccia e cipolla e non sbagliate!
Adesso vi metto fra le mani una piada sottile sottile, grande come un disco 33 giri, quasi sfogliata per quanto friabile, accoglie il prosciutto come una coperta il lenzuolo, lo squacquerone e la rucola come un rito. Siamo a Rimini, o a Riccione che preferisco. È qui la mia piada del cuore.
la piada di Riccione
Insomma, non esiste “la” ricetta della piada, esistono le interpretazioni territoriali.
A Imola (che si ostina a collocarsi in Romagna) ci mettono le uova e la dose; a Forlì ogni nonna mette miele, latte e bicarbonato, nei ricettari contadini la piada si cuoce sulla griglia ed è preparata con la pasta di pane.
A Fognano c’è una baracchina che fa la piadina più grossa e sofficiona che io abbia mai assaggiato, ma grossa eh?
A Ravenna ci sono bicarbonato, latte e lievito per torte salate.
A Rimini solo farina, acqua e sale.
Una cosa però accomuna tutte le piade piadine di Romagna: lo strutto! E che sia di quello buono.
Le mie preferite? Sono due:
La piada di Riccione, quella di Romano il piadinaro di viale Gramsci e il crescione alle erbe di Elena, il camper piadina del mercato di Lugo, che trovate in listino a 2,50€ con il nome di calzone.
il crescione (calzone) dell’Elena
Avete voglia di provare a farla in casa?
La ricetta che segue è frutto di innumerevoli tentativi e dei suggerimenti della bionda del piadinaro che mi ha svelato un dettaglio importante: la temperatura dell’acqua.
La piada riminese
500 g di farina 0
150 g di strutto
due cucchiaini di sale dolce integrale di Cervia
170 g di acqua calda
Mescolare la farina con lo strutto, versare l’acqua tiepida un poco alla volta, prima di finirla aggiungete il sale, e con un cucchiaino fate in modo che si sciolga. Perché sia veramente perfetto, questo impasto va preparato il giorno prima e lasciato riposare in frigorifero. Riportarlo a temperatura ambiente e poi preparare palline di circa 150 g, cospargere di farina il piano e tirare le piade con il matterello in un disco sottile sottile. Cuocerle in un ferro rovente (padella per crepes, testo in terracotta, teglia di Montetiffi o padella antiaderente) per pochissimi minuti per parte e girarle un paio di volte. Accertarsi di avere un ottimo Parma, squacquerone e rucola.
Se invece volete gustare piada e salsiccia o cassoni eccovi la ricetta giusta.
Cassoni o piada soffice
500 g di farina 0
100 g di pasta madre (o pasta di pane)
100 g di strutto
100 g di latte intero + 50 g di acqua calda
un mezzo cucchiaino di miele e un pizzico di bicarbonato
due cucchiaini di sale dolce integrale di Cervia
Sciogliere la pasta madre in latte e acqua tiepidi, aggiungere miele e bicarbonato, farina e poi strutto e infine il sale.
Lavorare a lungo e lasciare riposare almeno tre ore in luogo tiepido avvolto da pellicola.
Su un piano infarinato tirare le palline preparate (di circa 100 g) lasciandole spesse circa un cm, cuocerle come sopra su un ferro rovente se si vuole gustarle con la salsiccia o con i salumi, se invece si vogliono preparare cassoni riempire metà della piadina appena stesa con spinaci saltati in padella con sale e poco olio, piegare l’altra metà a chiudere e pressare con i rebbi della forchetta. Cuocere come la piada avendo cura di cuocere il cassone anche sul lato. Varianti a piacere, dalla classica pomodoro mozzarella, alla patate e salsiccia, erbe di campo e provola e qualsiasi ripieno la vostra golosità suggerisca.
cassoncino da aperitivo
Se volete uno spunto sul mondo contadino vi trascrivo la ricetta di Anna Bagnara.
La pjè in sla gardëla
Ingredienti:
1 kg di farina ben stacciata
g 50 di strutto
mezza bustina di lievito per dolci
un quarto di latte oppure due bicchieri di vino bianco secco (vē grös)
sale qb
Nel cumulo di farina a fontana mettere tutti gli ingredienti e aggiungere il liquido poco alla volta fino a completamento. Impastare a lungo e lasciare riposare in luogo caldo, coperto da straccio umido. Cuocere su braci ardenti dei dischi dello spessore di 1 cm bucherellati da ambo le parti.
Io, come sempre, vi aspetto in Romagna. Più piadina per tutti.
[…] il bombolone di bacchini la ciupèta fraresa il crescione alle erbe […]