Che si tratti di scelta salutistica o di persuasione etica, l’alimentazione vegetariana parrebbe figlia della contemporaneità. Ma come accade per quasi ogni tendenza, non solo ha avuto i suoi sostenitori e propugnatori fin dall’antichità, ma ha anche “fatto moda” in alcuni periodi della storia, tanto da meritarsi interi trattati dedicati a decantarne le virtù e renderla più appetibile per i palati raffinati.
Il gastronomo Vincenzo Corrado, cuoco tra i più abili presso le famiglie nobili tra ‘700 e ‘800, ne è un esempio. Autore de “Il cuoco galante”, celebre trattato di cucina pubblicato per la prima volta nel 1773, inserì in esso un capitolo, il XIV, interamente dedicato al cibo vegetariano, sul quale successivamente compose un intero testo: “Del cibo pitagorico ovvero erbaceo per uso de’ nobili e de’ letterati”.
Per la verità il Corrado era stato preceduto da Antonio Cocchi, il quale però si era interessato alle finalità terapeutiche dell’alimentazione vegetariana nel suo “Del vitto pitagorico per uso della medicina”.
A Vincenzo Corrado invece interessa elevare verdure, semi, radici al rango di cibo per buongustai, adatto ai banchetti e alle occasioni mondane, privandolo di quella austerità alla quale, invece, Pitagora si atteneva.
Della scelta vegetariana di Pitagora si sapeva attraverso Ovidio, che nel XV libro de “Le metamorfosi” aveva narrato di come il Maestro “per primo biasimò che s’imbandissero animali sulle mense; per primo, ma rimase inascoltato, schiuse la sua bocca a questo discorso pieno di saggezza: «Evitate, mortali, di contaminare il corpo con vivande nefande. Ci sono i cereali, i frutti che piegano col loro peso i rami e i turgidi grappoli d’uva sulle viti. Ci sono erbe saporite ed altre che si possono rendere più gradevoli e tènere con la cottura. E poi non vi si nega il latte o il miele che conserva il profumo del timo. La terra vi fornisce a profusione ogni ben di dio per nutrirvi e vi offre banchetti senza bisogno d’uccisioni e sangue”. (Ovidio, Metamorfosi, XV, vv. 72-82)
Il vitto pitagorico si spoglia invece con il Corrado di ogni valenza etica: il gastronomo ne parla come di una recente moda, pur sottolineando come “li cibi erbacei siano più confacenti all’uomo, per cui vedesi la più parte dei naturalisti a quella opinione inclinata, che l’uomo naturalmente non sia carnivoro”, e lodando l’avvedutezza degli Italiani che, tra i primi, hanno ripreso ad osservare con impegno le “Pitagoriche leggi”.
In realtà, non si tratta di un vegetarianismo molto rigoroso: si utilizzano, nelle ricette, brodi di carni, anche se prevalentemente carni bianche, ma anche interiora, midollo, grassi animali. E ovviamente i cibi sono tutt’altro che vegani: panna, burro, latte, formaggi e uova sono presenti ovunque. “Egli (Pitagora, n.d.r.) li mangiava semplici, e naturali, ma gli uomini de’ nostri dì li vogliono conditi, e manovrati; ed io nel voler parlare con distinzione dell’erbe, radice, ec. procurerò eseguire l’uno, e soddisfare gli altri, con escludere le carni, e di servirmi di condimenti, anche Pitagorici, com’è il sugo di carne, il latte, le uova, l’olio, ed il butirro; e per compiacere a qualche particolar palato, servirmi pure delle parti più tenere, e più delicate degli animali”.
Il Corrado organizza le ricette per tipo di verdura. Ricette è una parola grossa: Non ci sono dosi né indicazioni precise, solo un elenco di possibili modalità di preparazione.
Provando a curiosare, ne troviamo alcune che sono interessanti ancora oggi, altre che sono rimaste pressocché immutate, altre ancora che richiamano la cucina araba o centroeuropea, con qualche tocco impressionante di modernità.
Che dire, ad esempio, delle ciliegie usate per preparare zuppe o salse per fritture o selvaggina? Quasi ogni frutto, in verità, vede tra i possibili utilizzi una zuppa. Le pesche, denocciolate, vengono addirittura cotte nel fondo di vitello, oppure nel burro per essere poi servite con il parmigiano.
Interessanti gli gnocchi di piselli: i legumi, prima cotti nel brodo, vengono poi pestati con parmigiano, ricotta, uova e noce moscata per formare con questo composto degli gnocchi da infarinare, far bollire brevemente nel brodo e servire conditi con burro e parmigiano.
I pomodori, entrati da non molto tempo nell’uso culinario, tra i tanti impieghi suggeriti vengono anche farciti con il riso. Cotto con latte, burro e cannella e amalgamato con tuorli. Solo che, una volta farciti, li si infarina e li si frigge nello strutto, accompagnandoli poi con della panna. Non siamo proprio dalle parti di un’alimentazione estiva e leggera, insomma.
Ma ci sono le eccezioni. Tante le ricette fresche e più semplici, come per esempio gli spinaci sbollentati e poi saltati con olio, aglio, acciughe, uvetta, prezzemolo e timo e poi serviti irrorandoli con succo di limone, o i broccoli, per i quali si suggerisce un’insalata alla maniera di Apicio, bollendoli nel vino e poi condendoli con olio, sale, pepe e succo d’arancia. E i carciofi farciti con il pesce? Della polpa di pesce viene pestata con acciughe, capperi ed erbe e, una volta farciti, i carciofi si fanno cuocere in un fumetto di gamberi. Oppure si inframmezzano le foglie dei carciofi con un miscuglio di acciughe tritate, aglio, timo, sale e pepe, li si condisce con olio e li si cuoce sulla brace.
Diverse zuppe di cipolle appaiono nella sezione dedicata al pungente bulbo. Interessante quella che prevede che le cipolle vengano cotte nel brodo, con aggiunta poi di dragoncello, prezzemolo, succo di limone e tuorli d’uovo stemperati nel brodo. Perversa la cottura delle cipolle, tagliate a metà e salate, in una leccarda posta sotto un arrosto di vitello in cottura: il sugo dell’arrosto vi gocciola sopra, e alla fine si servono con crostini di pane.
Con le petronciane, vale a dire le melanzane, si prepara una sorta di parmigiana: le melanzane tagliate a fette, prima salate e lasciate a perdere il liquido di vegetazione, si infarinano e friggono, poi si dispongono a strati con formaggio grattugiato, pepe e basilico, accompagnandole con “purè di pomodori”; le “Petronciane all’amante” sono invece di impronta nettamente mediorientale: svuotate, la loro polpa viene soffritta, poi tritata e mescolata con pasta di mandorle, panna, tuorli e cannella. Con questo miscuglio si farciscono le melanzane e si cuociono lentamente in casseruola con il burro. Proverei a sostituire la panna con lo yogurt, a cuocere con olio nel forno e secondo me verrebbe fuori un gran piatto.
I peperoni, spellati e privati dei semi, vengono tra l’altro saltati con aglio, olio e prezzemolo e serviti con una purea di ceci, e con i ceci si possono anche preparare dei gustosi bigné, pestandoli, dopo averli lessati, con midollo, e amalgamandoli con provatura, cannella e tuorli per poi formare delle palline che verranno passate nella farina, nell’uovo e infine fritte. E perché non farne una torta, salata ma con una nota dolce? Basta cuocerli, come sempre in brodo, e poi mescolarli con burro, parmigiano, panna, ricotta, zucchero, cedro candito, cannella e uova.
I funghi? Saltati normalmente con olio, aglio e prezzemolo, si accompagneranno con una salsa ottenuta stemperando con brodo di pesce della mandorle tostate pestate con bottarga. E avremo così i “funghi alla moresca”. Ma potremo anche mangiarli in scapece, una delle preparazioni più antiche del mondo, cospargendoli, dopo averli fritti, con una salsa a base di aglio, prezzemolo, acciughe, capperi, dragoncello, zucchero e aceto.
Insomma, nonostante il trascorrere dei secoli non è così difficile trarre ispirazione dal trattato di Vincenzo Corrado, alleggerendo gli ingredienti, semplificando le cotture, e scovare qualche modo dimenticato di preparare e servire le verdure o le molte erbe delle quali si suggeriscono possibili utilizzi culinari. Non solo origano o maggiorana, salvia o borragine, ma anche tralci di vite, erba Santa Maria (detta anche menta greca o balsamite), porcellana (portulaca), targone (dragoncello). Viene voglia di provare.
– Vincenzo Corrado – Del cibo pitagorico ovvero erbaceo, seguito dal trattato delle patate. Le ricette vegetali di un grande cuoco del Settecento – Donzelli
– Vincenzo Corrado – Il cuoco galante – Malvarosa