la ricotta e i tortelli di San Giovanni

Nella nostra cultura i riti pagani e quelli cristiani si sono molto spesso fusi indissolubilmente convergendo in molte di quelle tradizioni popolari e contadine ancora oggi vive e sentite.
San Giovanni ne è forse uno degli esempi più calzanti.

Se l’inizio astronomico dell’estate è il 21 giugno, dalle nostre parti l’apice dei festeggiamenti per il solstizio viene raggiunto proprio durante la notte di San Giovanni, quella tra il 23 ed il 24. Notte in cui si celebra la nascita di San Giovanni Battista per l’appunto, che per la tradizione cristiana avvenne sei mesi prima di quella di Gesù, notte in cui la rugiada assume poteri taumaturgici e propiziatori, in cui le erbe si dice presentino particolari poteri benefici e terapeutici, notte in cui si accendono falò purificatori in onore del sole.
Nel parmense San Giovanni viene accolto e salutato con i tortelli alle erbette: i tipici tortelli di magro di forma rettangolare, rifilati su tre lati, caratterizzati da una sfoglia esterna di farina di grano tenero e uova, amorevolmente tirata a mano dalle operose rezdore, un ripieno di ricotta vaccina, parmigiano ed erbette, che in montagna spesso si arricchiscono di ortiche, conditi con burro fuso ed ancora parmigiano.

 

In occasione di tale ricorrenza i caseifici che producono parmigiano utilizzano il siero residuo delle loro lavorazioni per farne ricotta, che tradizione vuole sia poi regalata ai clienti.
L’utilizzo del siero per la ricotta non era pratica usuale nel parmense: il siero, infatti, considerato un ottimo nutrimento proteico e a buon mercato per i maiali che sono allevati in zona dalla notte dei tempi, ne accompagnava spesso il pasto.
Per tornare ai nostri tortelli, ancora oggi basta aprire le pagine della Gazzetta di Parma per scoprire le tante tortellate di San Giovanni, rigorosamente all’aperto, sotto le stelle, in attesa di essere baciati dalla rugiada, d’la rozäda äd San Zvan.

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Lydia Capasso

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