Tondeggianti, carnose, dolci e multicolori, si chiamano papaccelle ricce perché sono costolute; saporitissime e piccole (8-10 centimetri di diametro), si seminano in primavera e si raccolgono a mano dall’estate fino a dicembre.
Il seme originario di questi piccoli peperoni dalla forma schiacciata e dai colori vivissimi che vanno dal rosso al giallo intenso e al verde scuro è stato recuperato, dopo un lungo periodo in cui gli ibridi ne avevano quasi cancellato l’identità, e per il prodotto, diventato presidio Slow Food, è stato redatto un apposito disciplinare.
I produttori aderenti al Presidio si trovano tutti nella zona d’origine della papaccella, pochi chilometri che dal comune di Brusciano, nell’entroterra napoletano, si estendono verso l’agro nolano, comprendendo il territorio di Marigliano e Pomigliano d’Arco. Lì si trovavano le cosiddette “parule”, gli orti dove originariamente venivano seminate le papaccelle.
Amiche dell’inverno, decisamente. Non solo perché il periodo di raccolta si protrae fino a dicembre, ma anche perché si tratta di peperoni ideali per la conservazione. Tradizionalmente messi sott’aceto, si trovano anche grigliati sott’olio (e sono una vera delizia) o conservati in acqua e sale. E’ la polpa spessa e soda a renderli perfetti per le conserve, facendo sì che si mantengano consistenti e tonici.
Fresche, le papaccelle sono magnifiche se saltate in padella e accompagnate al maiale; il connubio con la carne di maiale lo si trova anche in un piatto tipico della provincia di Benevento, la farzora, a base appunto di papaccelle, maiale e patate. Ma la papaccella è anche adattissima ad accogliere ripieni, per la sua forma, e di solito viene farcita con pane, olive, capperi, pomodorini, uva passa, aglio, pinoli e prezzemolo.
La papaccella sott’aceto è immancabile in un titpico piatto natalizio napoletano: l’insalata di rinforzo, composta da sottaceti, olive, cavolfiore, alici salate. Appare sulla tavola nella cena di magro della Vigilia e ha un nome che ha ispirato interpretazioni diverse: c’è chi dice che derivi dalla consuetudine di “rinforzarla” rinnovando gli ingredienti man mano che veniva consumata e chi (e in casa mia si diceva così) sostiene che sia un “rinforzo” alla cena priva di carne e quindi comunque leggera, per quanto sia appesantita da portate assai poco eteree, come il baccalà fritto…
E’ in quei giorni di festa che la papaccella è regina. Più amica dell’inverno di così…
Consumata nei mesi freddi, nelle feste o meno, allevierà con il suo intenso profumo il dolore della separazione dagli ortaggi estivi.
Per informazioni contattare il referente dei produttori del Presidio:
Bruno Sodano