Si dice che la cucina italiana sia, se non la migliore (categoria scivolosa…), la più cosy, la più confortante, la più “mammesca” tra le cucine del mondo. La ragione sarebbe da ricercare nella carica di carboidrati, nell’estrema varietà delle formule regionali e familiari e non da ultimo in una storia di emigrazione lunga e articolata che ha portato con sé alimenti, ricette e abitudini ovunque si sia impiantata.
Il cibo italiano è goloso e famoso, ma vive prigioniero di tempi suoi lunghissimi, circondato da resistenze e coriacei luoghi comuni, anche lì dove l’Italia sarebbe prossima (dunque realmente conoscibile), in Spagna ad esempio.
Se ad oggi chiedeste ad un amico spagnolo di citarvi il piatto che più ama della cucina di casa nostra difficilmente trovereste qualcuno pronto a nominare una carne, un pesce, un secondo qualsiasi. Noi italiani saltiamo dal primo al dolce senza passare dal via, mangiamo tanto ma sempre quello: pasta, pasta, pasta e tanto tiramisù, il tutto innaffiato da fiumi di Lambrusco.
Vi sembra strano? Provate a fare un giro tra gli scaffali di un supermercato spagnolo e scoprirete con meraviglia che il Lambrusco è quasi sempre l’unico vino italiano presente (e che comunque non manca mai!), che le confezioni di mascarpone occupano un terzo del banco frigo e segnalano con orgoglio che la marca è la più venduta in Italia per fare, claro que sì, proprio quel dolce lì. Il tiramisù è in Spagna amatissimo (a Barcellona del resto esiste un locale totalmente dedicato, nome compreso, alla sua religione: Nabucco Tiramisù) sappiate dunque che se intendete trasferirvi qui vi occorrerà mettere in valigia una ricetta bomba perché a qualunque pranzo, cena o colazione sarete invitate si supporrà che ne portiate una carretta. Scordatevi qualsiasi altro dolce, solo il tiramisù è veramente italiano, come lo sarebbe solamente il gelato che però, stesso destino della pizza, si suppone sia impossibile da fare in casa. !Claro que no!
Se vi sembra roba vecchia rassegnatevi. Il cibo italiano in Spagna (all’estero?) è la rassicurante certezza delle cose sempre uguali, anche quando sono sbagliate: come ad esempio l’immancabile panna nella carbonara. Persino El comidista, eccelso critico de El Pais (per altro geniale e simpaticissimo) ci ha provato a gridarlo forte che la nata sobre, insomma, non ci va, ma pare una battaglia destinata al fallimento, almeno sui grandi numeri.
A dire la verità qualche ondata modaiola la si vede passare persino qui, dove ad esempio da qualche tempo la burrata ha soppiantato la mozzarella, ma se il parmigiano resta saldo lì dove sta, il gorgonzola si confonde nella marea francese e spagnola degli erborinati e si ibrida persino, diventando cambo-zola (camembert gorgonzolato, sigh!).
Ci consola almeno in parte la gloria che in questi ultimissimi anni sta conoscendo il panettone: amato, osannnato e considerato un prodotto sofisticato ed elegantissimo ha fatto bella mostra di sè nelle pasticcerie e anche nei supermercati iberici, con marche e packaging di tutto rispetto. Forse è il segno che qualche margine c’è, anche per la meraviglia (“ma davvero avevate un dolce così buono per Natale? e non ce lo avevate detto?” ha detto stupita un’amica catalana a un’amica italiana da molti anni a Barcellona) del resto il bello della cucina è proprio qui, ci si nutre anche delle differenze.