Dopo Oltrepò, TrentoDoc e Franciacorta, il mio viaggio tra le “bollicine italiane” continua tra la gente, gli usi, i profumi e i sapori delle terre che le producono.
Una piacevole e fantastica sorpresa quella di apprendere che la terra dei vini rossi per eccellenza, le Langhe, sta finalmente aprendo i suoi vigneti alle bollicine.
Langa e Roero riscoprono i bianchi autoctoni, sempre più attraenti sia in versione Alta Langa DOCG sia solo VSQ, sempre e solo da metodo classico.
Troviamo dunque un Roero Arneis Docg Metodo Classico Extra Brut 2008 di Negro, che prevede metà della fermentazione in barrique con i propri lieviti, una presa di spuma tra aprile e maggio successivi alla vendemmia e almeno 60 mesi di affinamento sui lieviti. Semplicemente eccezionale!
Si continua con L’Antica Cascina dei Conti di Roero con un Brut e un Rosé Brut. Il primo prodotto da Arneis (80%) e Nebbiolo (20%), cristallino, di un colore giallo paglierino carico con perlage fine e persistente. Molto elegante con sentori di fiori gialli, dolciastri, frutta gialla, e nuance di biscotti e crosta di pane. In bocca risulta molto equilibrato, supportato da una buona acidità e leggermente sapido.
Quello che mi ha colpito del Rosé, invece, prodotto con Nebbiolo in purezza, è la brillantezza ed il suo colore che potremmo definire Rosa Champagne, poiché ricorda proprio il colore rosa dei migliori Champagne.
Un excursus veloce su Banfi con Alta Langa docg Aurora Cuvée 2008, 70% Pinot Nero e 30% Chardonnay, un 10% vinificate in barrique, 56 mesi sui lieviti; Enrico Serafini che con Alta Langa Brut Zero Cantina Maestra 2007 anche quest’anno ha ottenuto il premio “Tre Bicchieri”, il massimo riconoscimento della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso; in gran spolvero soprattutto tra gli eno appassionati è Ettore Germano con il suo Alta Langa Brut ed il nuovissimo Alta Langa Pas Dosé Rosé.
In Veneto troviamo un Metodo Classico un po’ sui generis, difficilmente confrontabile con gli altri. Sto parlando di quello prodotto da Il Dominio di Bagnoli (a me ricorda un po’ il Dom Cabanon), un millesimato che si produce solo in alcune annate eccezionali in cui si sviluppano qualità organolettiche dell’uva Friularo (70%) che, insieme allo Chardonnay (20%) e al Pinot Grigio (10%), rappresenta il blend di questo metodo classico.
Con più di sette anni dalla vendemmia, di cui cinque sui lieviti e almeno uno di affinamento in bottiglia, dopo la sboccatura, il Millesimato 2006 risulta all’esame visivo velato, offuscato, la sua particolare caratteristica. Difficile definirne il colore, un giallo verdolino intenso, che si sposta più verso i toni propri del verde. Il perlage risulta fine e persistente, mentre al naso rimane molto intenso e complesso con sentori di frutta fresca e secca, qualche nota floreale e il classico profumo della crosta di pane. In bocca è di corpo, con una piacevole sensazione di sapidità accompagnata da una leggera dominanza acida. Le sensazioni retro olfattive amplificano le note positive sentite al naso e in bocca, anche a causa della sua persistenza.
Il mio viaggio termina (per ora!) in due regioni a cui sono particolarmente legato per “adozione” e nascita.
In Puglia, merita una visita d’Araprì, una delle poche, o forse l’unica realtà vinicola al di sotto del Po che da 35 anni si dedica esclusivamente alla produzione del metodo classico. Una serie di riconoscimenti ed etichette fanno del Dama Forestiera e del Pas Dosé dei classici del panorama metodo classico italiano, seppur nella loro specificità. Degno dei suoi predecessori anche il Gran Cuvée XXI Secolo 2007 che tra i trofei annovera anche un’edizione degli “Oscar del vino” 2013 come miglior vino spumante. Un’avventura nata nel 1979 quasi per gioco, un gioco in cui la passione per il jazz e l’amore per i vitigni autoctoni portano tre amici a partire dal Bombino Bianco, insieme al Pinot nero e Montepulciano, per realizzare delle cuvée che non hanno niente da invidiare ai migliori produttori di champagne. Il plus è la valorizzazione del vitigno locale Bombino Bianco, che in Puglia rappresenta quello che è lo Chardonnay per gli altri metodi classici. Il Pas Dosé si presenta con un colore giallo paglierino carico e con riflessi che tendono al dorato, brillante con perlage fine e persistente, al naso intenso, fine e complesso con aromi che vanno dai fiori bianchi alla frutta gialla (ananas, pesca gialla, banana), agli agrumi e naturalmente ai lieviti con qualche nota minerale. Fresco e leggermente sapido, fin di bocca persistente con una piacevole nota amarognola di mandorla.
Infine, tornando alle mie origini campane, eccomi a degustare i vitigni principi, tipici di questa terra.
Ricordo benissimo che era una festa quando, al posto del solito vino da tavola, mio padre mi sussurrava, quasi come un segreto tra noi, “Bevi questa Falanghina” oppure “assaggia questo Greco”, come “senti questo Aglianico” perché “questi son quelli buoni!”. Ah, la saggezza popolare, non sbaglia mai! I produttori campani hanno valorizzato negli anni questi vitigni per poi produrli come piacciono a me, “con le bollicine”, ed in particolar modo i Feudi di San Gregorio con i suoi tre metodi classici, uno meravigliosamente diverso dall’altro, ciascuno con particolari espressivi di quest’antro della Campania. Il Dubl, Falanghina, 18 mesi sui lieviti, dove freschezza e profumi varietali la fanno da padrone. Il Dubl Rosé, Aglianico in purezza, 18 mesi di potenza e esplosività, struttura e tannicità al punto giusto, ed infine il DUBL+ da sole uve Greco di Tufo, 24 mesi sui lieviti di estrema eleganza.
Il mio viaggio è tutt’altro che esaustivo, solo pillole di degustazione di un mondo multisensoriale che è ormai la mia vita. Se vi è piaciuto non vi resta che aspettarmi alla prossima “fermata”!