La Calabria che ti stupisce, una storia millenaria, una famiglia che ha attraversato i secoli segnando il passo con la storia, una pianta infestante dalle radici profonde e dolcissime: questo e molto altro è il Museo Giorgio Amarelli, a Rossano, comune nella provincia di Cosenza.
Perché la Calabria non è soltanto il sole e il mare d’estate, ma è tante cose, come abbiamo visto qualche tempo fa con il riso coltivato e lavorato nella Piana di Sibari.
Proprio nella stessa zona, se siete di passaggio per la meta vacanziera, o anche se dovete prevedere una piccola deviazione, vi segnaliamo il museo della storica fabbrica di liquirizia della famiglia Amarelli, e vale assolutamente la pena di visitarlo, per molti motivi.
Potremmo cominciare dal più goloso: chi di noi da bambino non ha amato le caramelle alla liquirizia, o ha masticato le radici dal succo dolce? Per poi magari, da adulto, riscoprire il gusto della liquirizia pura, che ha tanti benefici effetti sull’organismo?
Ebbene, scoprire finalmente “che faccia ha” quella pianta misteriosa, o vedere le sue tortuose radici dipanarsi in una imponente matassa adagiata su un grosso vaso accoglierci all’inizio della visita, ha un po’ l’effetto di un mistero che si svela ai nostri occhi ancora bambini.
Una pianta che da sempre nasce spontanea sulla costa Jonica calabrese, anzi, è addirittura infestante, con quelle radici resistenti e profonde fino a 2 metri che erano così difficili da debellare: la famiglia Amarelli, antica stirpe di ricchi proprietari terrieri con tradizioni nobiliari le cui prime notizie risalgono addirittura all’anno mille, epoca di Crociate e cavalieri (ci fu anche un Alessandro Amarelli crociato, morto in Palestina nel 1103), cominciò intorno al 1500 a sviluppare l’idea di utilizzarla per ottenere e commercializzarne il succo.
Le tecniche e i maggiori commercianti all’epoca erano sempre stati appannaggio della Turchia, della Grecia, più tardi, nel Medioevo, della Spagna: nella seconda metà del 1500 la liquirizia calabrese cominciò ad essere raccolta, prodotta e venduta. fino a diventare una delle più apprezzate in Europa.
La Fabbrica Amarelli nasce nel 1731, quando viene avviata, in un grande capannone, il concio, una produzione su scala “industriale”, grazie al primo estrattore del succo che sottraeva una delle fasi più complicate della lavorazione all’attività manuale. Con i suoi trecento anni di vita, e oltre, l’Amarelli ha, a buon diritto, un posto nel club Les Hénokiens, un’associazione con sede a Parigi che raccoglie le imprese famigliari che abbiano almeno duecento anni di storia alle spalle.
Il museo, nato nel 2001, ha ricevuto negli anni numerosi riconoscimenti: uno per tutti, il Premio Guggenheim Impresa e Cultura, ricevuto alla fine dello stesso anno in cui fu inaugurato, nella sezione aziende debuttanti.
Allestito nell’antica dimora millaquattrocentesca, esso consente di percorrere tutta la storia della famiglia attraverso abiti d’epoca, testimonianze scritte, strumenti agricoli, macchinari, arredi, perfino la perfetta ricostruzione di una antica farmacia (nella prima foto), l’angolo con l’antico scrittoio e la macchina da scrivere d’epoca.
L’evoluzione dei macchinari usati per estrarre il succo della liquirizia, le trafile per lavorare la pasta, i timbri per imprimere il marchio sui bastoncini, le etichette e le confezioni tradizionali, i panetti di liquirizia, dai quali poi si ricava la liquirizia purissima o la liquirizia gommosa (ottenuta aggiungendo la gomma arabica): un’alta densità di oggetti ricchi di storia e di fascino che rapisce l’attenzione e che meriterebbe una visita più lunga.
Una curiosità sulla produzione ante-automazione: in passato la pasta di liquirizia si otteneva mettendo in infusione le radici in grossi pentoloni di acqua bollente e doveva essere lavorata a mano quando ancora molto calda, perché raffreddandosi perde la sua malleabilità. Prima che arrivasse l’energia elettrica a consentire di automatizzare questo passaggio – a Rossano arrivò nel 1904 – le maestranze e gli operai addetti a questa “scottante” lavorazione manuale non avevano certo un compito facile!
Prima di uscire dalle sale del museo si incontrano due grossi pneumatici, realizzati dall’Amarelli con la collaborazione della Pirelli, e sono ovviamente…di liquirizia! Il primo fu esposto in una mostra organizzata dalla Pirelli in occasione dei 60 anni di attività all’interno della Triennale di Milano del 2008. Il secondo arrivò invece fino a Shangai, per essere esposto all’Expo 2010. Ciascuno di essi pesa la quisquilia di 70 kg.
Nel grande spiazzo antistante il concio, l’esposizione continua in un museo all’aria aperta con altri macchinari, di dimensioni più importanti, che un po’ ci fanno ripercorrere anche la storia dell’industria italiana dei secoli XIX e XX: come le presse in ghisa, il mulino tagliaradici, i “caccavi” per la concentrazione finale del succo.
Le visite sono guidate, su prenotazione, e sono gratuite: nel giardino sul retro è allestita un’area a disposizione dei bimbi, particolare che, da mamma, mi preme evidenziare. Da caffé-dipendente, segnalo invece il caffé alla liquirizia, ottenuto sciogliendo nella tazzina dell’espresso mezzo cucchiaino di polvere di liquirizia purissima, dolcificante naturale: perché la liquirizia calabrese è riconosciuta al livello mondiale come una delle migliori al mondo per le sue proprietà organolettiche, e curative.
Si esce dal museo – oltre che con la sportina colma di prodotti a base di Glycyrrhiza glabra (personalmente, come avrei potuto farmi mancare il fior di sale alla liquirizia!) – con l’impressione di essersi persi, fino a quel momento, un pezzo importante di storia del nostro meridione, e con un vago sentimento di vergogna per quel pensiero che il cervello ha formulato prima di avere la prontezza di rigettarlo, nel piacevole stupore all’arrivo: non sembra quasi di essere al sud.
Museo Giorgio Amarelli
S.S. 106, Contrada Amarelli
87067 Rossano (CS)
info@museodellaliquirizia.it
www.museodellaliquirizia.it
Tel: 0983511219