Sembra che tutte le strade portino a Chiavenna: da Milano ci si arriva in macchina in poco più di un’ora e mezza lungo il lago di Como e da nord si possono scegliere due strade, a seconda della stagione e di quanto avventurosi si vuole essere. Il modo più semplice è via Lugano, ma noi che arrivavamo da Amsterdam abbiamo scelto la vecchia strada costruita dalle antiche popolazioni di montagna, che attraversa il Passo dello Spluga. Il Passo è aperto solo tra maggio e ottobre ed è una strada stretta, bisogna fermarsi per far passare chi viene dalla parte opposta. Con oltre venti tornanti mozzafiato la strada si snoda dal villaggio svizzero di Splügen fino al confine tra la Svizzera e l’Italia a 2144 metri slm. Con oltre quaranta tornanti da brivido si scende di nuovo sul versante italiano, con vasti panorami di montagne inondate dal sole e l’azzurro del lago del Monte Spluga.
Chiavenna conta circa 7.000 abitanti e si trova nella valle del fiume Mera. “Il nome viene dal latino Clavenna, che contiene la parola clavis che significa chiave”, mi racconta la mia amica di ricette Bruna Cipriani. “La città si trova in una posizione strategica all’incrocio delle strade che da una parte portano al Passo dello Spluga e dall’altra al Passo del Maloja. Queste erano una volta le uniche strade per raggiungere la valle del Reno a nord”. Bruna, da diversi anni in pensione, è nata a Sondrio, ma arrivò a Chiavenna da ragazza come insegnante di scuola materna e ci è rimasta da allora. Suo marito lavorava nella farmacia del paese: tra loro due conoscono tutti gli abitanti di Chiavenna. Da Bruna ho fatto un corso accelerato su Chiavenna e i suoi tesori.
Chiavenna sorprende: ci si aspetta un villaggio di montagna e case in legno ed invece ci si ritrova in una città elegante con palazzi antichi ben tenuti e bei negozi. Si respira il benessere, è vivace, le vie e le piazze del centro storico senza auto sono frequentatissime, i tavolini dei tanti bar e caffè sempre occupati. In Via Dolzino, l’arteria principale, i chiavennaschi passeggiano, si fermano per un aperitivo, un gelato o semplicemente una chiacchiera.
“Vedi quelle vecchie porte che sembrano un’entrata per la montagna, lì a sinistra? È l’ingresso degli ultimi crotti della città, la maggior parte si trovano appena fuori dal centro di Chiavenna”, dice Bruna mentre ci facciamo un giretto sulla piazza di Pratogiano tra le bancarelle del mercato del sabato. Un crotto è una grotta privata e porta il nome della famiglia che lo possiede. Attraverso le fessure nelle rocce vi soffia sempre un venticello alla temperatura costante di 8° C, il “sorel”, ed in pratica i crotti sono dei i frigoriferi naturali: qui venivano – e vengono ancora – conservati vino, formaggi e salumi. Davanti alle porte ci sono panche e tavoli spesso di pietra dove la famiglia si gode il fresco d’estate. Nei crotti si mangiava e beveva in compagnia e, pertanto, il crotto è diventato il simbolo dell’ospitalità di Chiavenna. Un motto del 1781 inciso sulla porta del Crotto Giovanantoni dice: “Qui si beve vino bono e si tiene scola de umanità”. Alcuni crotti sono stati trasformati in ristoranti: con Bruna andiamo a pranzo in una trattoria tipica in un crotto appena fuori da Chiavenna, nel piccolo paese di Prosto. È una passeggiatina di mezz’ora lungo il Mera, giusto il tempo per digerire gli spuntini dell’aperitivo.
La valle a Prosto è verde e stretta. Su un lato del fiume c’è la strada per il confine svizzero, 8 km più a est, che attraverso il Passo del Maloja porta a St. Moritz; sull’altro una stradina angusta costellata da piccole facciate di pietra costruite a ridosso della montagna: le entrate ai vari crotti di famiglia. Alla trattoria Crotto Belvedere Bruna mi fa visitare il crotto originale; la porta è appena socchiusa, entriamo. È proprio una grotta sotto la montagna, i profumi della terra e del vino sono forti e c’è un freschetto davvero piacevole. La occupano grandi botti di legno, contro una parete una casetta di legno con porta e finestre, simile a quelle da giardino, con dentro formaggi stagionati pronti da servire agli ospiti. I salumi sono appesi in un armadio di legno con le ante di retina. Quando la luce si spegne e la porta si chiude all’improvviso, sperimentiamo alcuni minuti di panico: siamo intrappolati ed i nostri cellulari non hanno ovviamente alcuna copertura sotto terra. Per fortuna dopo poco il personale torna ad aprire la porta, hanno bisogno di nuovo di vino e formaggio per i clienti.
“La valle di Chiavenna, Valchiavenna, e la Valtellina formano una L orizzontale”, spiega Bruna. “La Valtellina è l’unica valle delle Alpi italiane che va da est a ovest, seguendo il letto del fiume Adda. Tutte le altre valli invece vanno da nord a sud. Il versante nord della Valtellina guarda a sud ed è baciato dal sole, ecco perché già migliaia di anni fa è stato terrazzato per la coltivazione dell’uva”. Mi versa un bicchiere di vino rosso scuro. “In Valtellina il Nebbiolo cresce molto bene, e qui lo chiamiamo Chiavennasca. Abbiamo due DOCG, lo Sforzato di Valtellina e il Valtellina Superiore, che hanno un carattere diverso a seconda della posizione delle diverse terrazze. I nomi di questa zona si ritrovano sull’etichetta dei vari Superiore: Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella. Il vino che stiamo bevendo è di Mamete Prevostini: fa ottimi vini che stanno vincendo numerosi premi. I suoi vigneti sono in Valtellina, ma i suoi migliori vini li fa maturare nel suo crotto di famiglia a Chiavenna”.
Al Crotto Belvedere il pranzo è molto tipico: un tagliere con diversi salumi locali come antipasto, gnocchetti e pizzoccheri con formaggio e verdure come primo, salsicce e altre carni cotte su una piastra di pietra e accompagnate da polenta con formaggio di montagna fuso, caffè con biscottini e torta aromatizzata ai fiorellini di finocchio. Rotoliamo fuori dalla trattoria per dare un’occhiata al laboratorio di Roberto Lucchinetti, un artigiano che ha la sua bottega accanto alla chiesina di Prosto. Ha ripristinato l’antica tradizione (e il duro lavoro) della lavorazione della pietra ollare, che estrae egli stesso da un posto segreto in montagna. Con questa pietra di una particolare sfumatura verde realizza nel suo laboratorio pentole (lavéec) tradizionali con bellissimi anelli di rame. Ci dona spiegazioni dettagliate e le sue storie, che racconterò con Bruna in un altro momento, ma desisto dal comprare una pentola: riesco a mala pena a sollevarla!
Poco oltre il laboratorio di Lucchinetti si trova il vecchio mulino con annesso panificio di Simonetta Del Curto. Lei e la sorella Monica hanno ereditato con l’azienda di famiglia anche una vecchia ricetta di biscotti. I suoi biscottìn sono molto ricercati nella valle e al di fuori. Con Bruna facciamo parlare Simonetta una buona mezz’ora nella speranza di scoprire la ricetta segreta ma senza successo: lei continua ad affermare che i suoi semplici biscotti sono fatti solo con burro, farina e zucchero. Peccato, ma ci compriamo un sacco di scatole di biscottini allegramente incartate per sperimentare a casa e confrontare il gusto. Chiederò a Bruna di aggiornarci quanto prima sugli esperimenti sui biscottìn di Prosto che ha fatto ultimamente.
A Chiavenna ci fermiamo dal macellaio Aldo Del Curto (nessuna relazione con la famiglia di Simonetta) a fare la spesa per la cena. A Chiavenna si fanno due famosi tipi di salumi: la bresaola (brisaola in chiavennasco), carne magra di manzo speziata e seccata, e il violino di capra, un prosciuttino ricavato dai cosciotti di capra. Il signor Aldo ci porta attraverso un labirinto di corridoi sotto l’edificio medievale dove si trova la sua macelleria fino al laboratorio. Non ha segreti: la carne viene messa in salamoia per un paio di giorni in contenitori di acciaio in frigorifero, poi viene leggermente affumicata ed infine appesa ad asciugare. Lo stesso accade con i cosciotti di capra. Quando gli chiedo il motivo dell’uso della capra al posto del maiale, mi risponde: “Perché qui in montagna abbiamo molte capre”. Ci sarei potuta arrivare anche da sola…
Il metodo tradizionale per affettare questo cosciotto di capra è appoggiarlo alla spalla proprio come un violino e poi tagliarlo con un coltello, usato come fosse un archetto. Bruna mi ha dato una dimostrazione dal vivo del metodo per suonare questo particolare violino, e devo ammettere che il concerto mi è molto piaciuto!
P.S.: non perdetevi a settembre la Sagra dei Crotti e a ottobre il Dì della Brisaola.
Per altre informazioni ed eventi: Consorzio Turistico Valchiavenna (che si ringrazia per l’uso delle prime quattro foto).