In molti territori a vocazione vinicola, dopo aver raccolto l’uva ed averla pigiata, è usanza mettere a cuocere il mosto, farlo ridurre e conservarlo per poi utilizzarlo come ingrediente, come condimento o come accompagnamento in diverse preparazioni.
Il mosto cotto assume nomi diversi a seconda del luogo di produzione e del sistema di cottura. Spesso si fa ridurre inserendo delle noci nel liquido in ebollizione, in modo che i frutti agitandosi non lo facciano attaccare al fondo della pentola.
Nel modicano in questo periodo si preparano i lolli ‘nto mustu ancinniratu, una sorta di pasta messa a cuocere nel mosto cotto, per l’appunto.
A parlarcene è Caterina Iemmolo che, con il fratello Adriano, è titolare del Laboratorio del Sapore a Modica.
Il mosto d’uva, non ancora entrato in fermentazione, viene fatto cuocere con la cenere, circa il 3% rispetto al liquido utilizzato. Dopo una lunga cottura viene fatto riposare. I lolli si impastano con farina e mosto di vino cotto, e poi nello stesso, portato ad ebollizione, si lasciano cuocere.
Si servono con granella di mandorle e buccia di arancia (siciliana) essiccata e sono un piacevole dessert.
Lolli cotti nel mosto
3 kg di mosto
10 g di cenere
1 kg di farina di grano duro
mosto cotto q.b.
granella di mandorle
buccia di arancia essiccata
Versate la cenere nel mosto e lasciate cuocere, possibilmente in un paiolo di rame, per un paio di ore circa. Il liquido deve assumere una consistenza sciropposa. Filtratelo e lasciatelo riposare almeno 24 ore.
Impastate la farina con il mosto cotto sufficiente ad ottenere una consistenza lavorabile. Ottenete dei piccoli rettangoli e cavateli con le dita.
Lasciate cuocere i lolli ottenuti nel mosto cotto in ebollizione, completate con le mandorle e la buccia di arancia.