Il formaggio liptauer è una delle eredità dell’impero asburgico ed è presente a Gorizia e Trieste. Al giorno d’oggi il confine della globalizzazione è il mondo, anche grazie al potere omologante di Internet e al flusso inarrestabile di persone e cose. Questo a differenza di quanto succedeva in passato dove, quantomeno fino all’inizio del primo conflitto mondiale, questo confine, per la maggior parte della popolazione della Venezia Giulia, coincideva con l’area di influenza politica, linguistica e culturale dell’Impero Asburgico.
L’Algarotti nel Settecento sosteneva che il popolo vincitore porta religione e lingua, ma si potrebbe aggiungere anche costumi culinari.
I cibi viaggiano come le idee, le cose e le parole: dovunque si verifichino contatti culturali tra comunità diverse, anche i cibi possono influenzarsi a vicenda, in particolare nelle aree multiculturali e plurilingui dove le occasioni di interscambio di abitudini culinarie, di metodi di cottura e dei relativi termini sono fatti normali. I cibi migrano quindi da una comunità ad un’altra e così anche le relative parole del cibo e la loro storia si intreccia con la storia culturale e sociale dei gruppi.
Inoltre è noto che gli usi propri di una classe dominante rappresentano modelli culturali per gli strati socialmente più bassi della popolazione e il mangiare e il vestire come la classe alta soddisfano il desiderio di assimilazione.
Ecco quindi che, se da una parte è storicamente documentata la presenza di popoli, lingue e culture dominanti diversi nel Friuli Venezia Giulia nel corso dei secoli, dall’altra possiamo comprendere come il melting pot di personalità straniere, funzionari dell’impero, militari, mercanti e artisti possa aver avuto un profondo influsso sulla cucina e specialmente sui dolci, sia nella loro fattura sia nella nomenclatura.
Per capire le interferenze in gastronomia avvenute a Gorizia e Trieste, l’esempio più classico è fornito dalla cucina inglese, dove i nomi sono diversi a seconda che ci si riferisca all’animale vivo o alla sua carne cotta. Pensiamo alle coppie calf-veal per il vitello, ox-beef per il manzo, pig-pork per il maiale, sheep-mutton per la pecora. I termini delle carni crude, calf, ox, pig e sheep, sono anglosassoni, mentre la superiorità della cucina francese si riflette nei nomi delle carni cotte: veal, beef, pork e mutton sono infatti francesismi. Dopo la battaglia di Hasting del 1066 infatti la classe dirigente dell’Inghilterra era francese e ordinava le pietanze in tale lingua, mentre gli approvvigionamenti venivano fatti da servitù inglese a macellai e allevatori locali.
Ma veniamo al formaggio Liptauer che è un classico esempio di contaminazione gastronomica ancora presente sulle tavole a Gorizia e a Trieste, e come tutti i cibi si è aggiornato e modificato nel tempo.
Sotto l’Impero in Slovacchia il liptauer veniva prodotto con puro latte ovino. Dopo la coagulazione, la massa veniva pressata in piccoli blocchi e subito mescolata con paprica, cipolla, prezzemolo, senape ed altri ingredienti. La salatura era effettuata a secco e in pasta durante la maturazione, che avveniva in circa due settimane. Il formaggio originale liptauer, che nei paesi d’origine si chiama ora bryndza, non è più disponibile nella Venezia Giulia e quindi la pietanza si è evoluta.
Oggi nel goriziano il liptauer è preparato nelle case o nei negozi di alimentazione solo in prossimità del consumo miscelando aromatizzanti a formaggi locali molli e già maturi. Essendo ormai irreperibile il formaggio tipico di Liptau, che dalla Slovacchia veniva trasportato in tutto l’impero in piccole botticelle, si ricorre a ricotta, stracchino o formaggio Philadelphia, sicuramente più dolci e meno saporiti. Talvolta si aggiunge anche gorgonzola dolce. In Austria, invece, il liptauer ha ancora oggi un sapore più deciso e acidulo, essendo preferita comunque una miscela a base di pecorino fresco e Topfen, una specie ricotta. È poi costante l’aggiunta di Kűmmel (“cumino dei prati” o “germanico”), che da noi è caduta piuttosto in disuso e spesso dimenticata anche dai ricettari. Questo è strano, perché i minuti frutti del carum carvi, nome officinale del Kűmmel, sono molto usati nel campo dell’erboristeria per le loro virtù medicamentose, capaci di facilitare la digestione, eliminare il meteorismo e per il blando effetto antisettico intestinale.
Liptauer – ricetta casalinga
Ingredienti per 4 persone:
250 g di ricotta di mucca o di pecora, 100 g di burro ammorbidito, 1 cucchiaino di senape, 1 cucchiaino di capperi dissalati, 1 piccola cipolla, 1 ciuffo di prezzemolo, 2 cucchiaini di paprika dolce, sale
In una terrina montare il burro e incorporare con cura la ricotta, la senape, e successivamente i capperi, la cipollina ed il prezzemolo tutti finemente tritati, il sale e parte della paprika. Con la paprika rimasta spolverare bene il composto finito. A piacere si può usare una parte di paprika dolce ed una piccante. Alcune ricette prevedono anche l’impiego di una acciuga tritata ed un cucchiaino di cumino. Si serve spalmato su fettine di pane bianco abbrustolite o di pane scuro di segale. Volendo avere un gusto più caratterizzato si può aggiungere a piacere gorgonzola dolce o piccante.
Complimenti per la ricerca storica, si è scodato dello schnittlauch, e nelle variazioni, dell’uso della pasta d’acciughe+
Già che ci siamo, vogliamo parlare della vera origine del nome della gubana?
Saluti , R.Resen
l’uso di erba cipollina è documentato in alcune ricette storiche ma non in tutte, come l’aggiunta di acciuga o di cipolline sott’aceto.
Certo che sono interessato all’origine del nome gubana, anche se le attestazioni “più scientifiche”, cioè ad esempio uno studio dell’università di Udine, e come ho riportato nel mio articolo su gubana goriziana o presnitz, concordano nel fatto che il nome deriva da Guba o gubati cioè piega o piegare in sloveno.