“Maremma!” mai espressione di meraviglia e stupore fu più appropriata, specie dopo un eno-tour in quella provincia di Grosseto, antica terra Etrusca, nota a tutti proprio col nome di Maremma.
Per anni conosciuta per la natura autentica, ispida e selvaggia, in un gioco di colori tra pascoli, distese di grano, piantagioni di girasoli, pinete, oasi naturalistiche, mare cristallino e ulivi secolari, oggi (ma non solo oggi!) scopriamo che la Maremma, grazie ad un territorio integro, inserito in un ambiente sostenibile con condizioni pedoclimatiche molto diverse, circondati dalla genuinità dei suoi abitanti e dall’amore per le sue tradizioni, non delude nemmeno per la produzione di vino.
Qui la vite è millenaria, già 3.000 anni fa si beveva il suo frutto, seppur diluito con acqua, cui erano aggiunte spezie, fiori e miele. Un territorio che quasi come un ossimoro si riconosce nella sua grande diversità, differenti terroir all’interno della stessa provincia, contrasti difficili da trasmettere e comunicare ma che sicuramente ne rappresentano il punto di forza, un incredibile patrimonio storico, culturale, ed agricolo, volano di un turismo sostenibile, rispettoso della natura, attento e soprattutto di qualità, una terra di cui non si può far a meno di innamorarsi per le tante storie che ha da raccontare.
Dal 2011, con il riconoscimento della DOC Maremma Toscana, che ha posto le basi per la nascita del Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana, si punta più alla sostanza che alla forma, diventando così una delle denominazioni maggiormente in crescita e viva del panorama vinicolo nazionale.
Tutto questo (e molto altro!) l’abbiamo apprezzato nella seconda edizione di MAREMMACHEVINI, appuntamento dedicato alle aziende e ai vini della DOC Maremma, voluto e organizzato dal consorzio, che si è tenuto l’11 e 12 giugno a Castiglione della Pescaia (GR), presso l’Hotel e Residence Roccamare, raffinata oasi di pace e tranquillità in una delle zone più suggestive della Toscana, tra una spiaggia di sabbia finissima e la secolare pineta di Roccamare.
Quarantuno le aziende che hanno partecipato al banco di degustazione che ha visto la presenza di ristoratori, enotecari, stampa nazionale e internazionale, sommelier e appassionati, tutti d’accordo nel constatare come la diversità del terroir influisce sui vini, dai suoli vulcanici del comprensorio di Pitigliano e Sorano a formazioni prevalentemente marnose sui rilievi collinari tra il Fiora e l’Ombrone, a suoli argillosi e limosi nell’Alta Maremma, sui rilievi costieri di bassa collina e sulla piana alluvionale.
Uve internazionali (Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syrah, Viognier, Sauvignon, Chardonnay, Petit Verdot), che trovano nella Maremma un terreno fertile grazie al quale riescono ad esprimere straordinarie qualità e peculiarità, si affiancano alla storicità e alla tipicità di quelle autoctone, come Ciliegiolo, Alicante e Vermentino, ed ovviamente Sangiovese.
Dei tour organizzati con visite ai borghi storici, parchi e a una selezione di aziende vinicole, ci hanno permesso di avere una panoramica esauriente di tutto ciò che questa terra può offrire, così dalla Costa d’Argento ai Colli di Maremma, passando per le Colline del Tufo, attraversando le Colline Amiatine fino alle Colline Metallifere nessun angolo è rimasto inesplorato. Soffermandomi su quest’ultimo eccovi alcuni spunti.
Prima tappa a Castiglione della Pescaia, fattoria Le Mortelle, azienda comprata nel 1999 dalla famiglia Antinori dopo oltre 20 anni di ricerca di un terroir che potesse esprimere vini di qualità ma soprattutto vini di territorio, seppur rimanendo fedele a quella sua filosofia bordolese. 270 ettari di cui 180 vitati per una delle tenute satellite della galassia Antinori che devono crescere indipendentemente dalla casa madre, non riportandone in etichette nemmeno il nome. Tre i vini prodotti. Nel Vivia 2016, l’agrume e le erbe spontanee del Vermentino (55%) si sposano con i profumi di frutta esotica e il floreale del Viognier (35%) mentre la lunghezza gustativa è tipica dell’Ansonica (10%). Il Botrosecco 2014, blend di Cabernet Sauvignon e Franc (60/40) dalla lunga maturazione, nonostante l’elevazione in legno porta tutto il frutto nel bicchiere, il tannino è dolce, la beva è agile, fresca, a dispetto di un corpo prominente e conserva eleganza fino all’ultimo sorso. Il Poggio alle Nane 2012 (80% Cabernet Franc, 20% Cabernet Sauvignon) trascorre 18 mesi in barrique di rovere francese (nuove per il 50%) ed è stato concepito per diventare il vino più importante della Maremma. Oggi è un piacere berlo, sebbene in chiusura emerga una nota tostata leggermente amaricante, tra 5 anni e più darà il meglio di sé ma siamo sulla buona strada.
Direzione Giuncarico, nel comune di Gavorrano, per conoscere l’unica cantina progettata e realizzata dal genio di Renzo Piano, Rocca di Frassinello, che è anche l’unica joint venture italo-francese nella produzione di vino. Nasce dall’amicizia di Paolo Panerai di Castellare di Castellina con il Barone Éric de Rothschild a capo di Château Lafite Rothschild, per trarre il massimo dall’esperienza italiana nella coltivazione e vinificazione del Sangiovese e l’eccellenza dei francesi sui classici vitigni internazionali. Perciò nei 90 ettari vitati (su 500 complessivi della tenuta) sono presenti sia Sangiovese e Vermentino, sia Merlot, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot e Syrah.
Studiando le mappe catastali, Piano vide che in zona c’era una rocca fortificata e nasce così l’idea dell’immagine più iconica della struttura: la torre di avvistamento. Costruita sopra la barricaia, un grande quadrato 40 metri per 40, senza il sostegno di alcuna colonna, con al centro un raggio di luce (grazie ad un gioco di specchi) e nella penombra ben 2.500 barrique, sembra di entrare in una chiesa. Ma la struttura, in fondo, è soprattutto una fabbrica dove si produce vino, ed è proprio così che l’ha voluta Piano, influenzato nelle sue scelte tecniche anche dall’ancoraggio familiare di un padre produttore di vino.
È un luogo dove si respira anche cultura, come l’arte contemporanea di David LaChapelle, fotografo pittore, già allievo di Andy Warhol, che dopo aver camminato tra le vigne, tornando nel suo studio di Los Angeles ha trovato ispirazione per realizzare Rapture of the Grape, in esposizione permanente nella sala Pavillon. Da quest’opera è tratta l’edizione limitata di bottiglie di Rocca di Frassinello per celebrare le prime 10 vendemmie. O come la civiltà etrusca affiorata proprio all’interno della tenuta con la Necropoli di San Germano ed i suoi resti vinari ritrovati e raccolti in una mostra permanente allestita da Italo Rota all’interno della cantina. Tra di essi spicca uno stamnos (vaso vinario) del VI secolo a.c. raffigurante un corteo dionisiaco.
Ornello 2014, 40% Sangiovese, 20% Merlot, 20% Cabernet Sauvignon, 20% Syrah, è un vino fresco, balsamico, armonico, facile da bere e da capire. Le Sughere di Frassinello 2014, da uve selezionate (50% Sangiovese, 25% Merlot, 25% Cabernet Sauvignon) con rese che si abbassano (55 q/h). La maturazione in barrique si allunga ad un anno, i profumi si intensificano, la bocca diventa più elegante, fine, seppur il tannino è ancora un po’ scorbutico. Freschezza e acidità sostengono bene la struttura imponente, la persistenza aumenta: è un vino molto verticale. Rocca di Frassinello 2013, 60% Sangiovese, 20% Merlot, 20% Cabernet Sauvignon, da vecchie vigne dedicate esclusivamente a quest’etichetta, ha sentori di frutta matura, una spezia elegante fa capolino, al palato è ricco, profondo, pieno, un finale che non chiude mai! Infine il pezzo forte di Frassinello, Baffonero 2014, cru di Merlot in purezza che vuole sfidare il Masseto nel diventare il miglior Merlot italiano. Acini spargoli molto concentrati, 18 quintali la resa per ettaro, è intrigante, avvolgente, elegante, in bocca è muscoloso ma sembra quasi che tutte le parti del vino tengano a bada questa potenza. Un vino sorprendente!
Rimaniamo nel comune di Gavorrano e ci spostiamo in località Casteani, cuore di quelle colline metallifere, dove la storia della Tenuta Casteani risale probabilmente alla fine del XIX secolo, quando una società mineraria (quella che sarebbe poi diventata la Montecatini), scoprì nel sottosuolo importanti giacimenti di lignite e carbone. Nei dintorni fu costruito un podere con annessa azienda agricola con una grande vigna (il vignone, ancora utilizzato) e gli alloggi che ospitavano il direttore della società mineraria, il fattore e i contadini. Nel 2002 l’azienda, in stato di abbandono, fu acquistata da Mario Pelosi, ex manager del settore ICT, che con un grande lavoro di recupero ha posto le basi della moderna Tenuta Casteani. 60 ettari di bosco, 600 ulivi e 15 ettari vitati a Sangiovese, Vermentino e Alicante, a cui sono stati affiancati Aleatico, Syrah, Viogner e Merlot. Qui, su queste terre, le viti crescono libere, pochi interventi umani, e anche per questo Mario ha voluto creare una nuova linea, Spirito Libero, per il vino senza solfiti aggiunti, il Bianco Vermentino 2:7 e il Rosso Sangiovese 3:6 (i numeri stanno ad indicare i solfiti naturali residui). Serin 2016 (95% Vermentino, 5% Viognier) è un campo di ginestre in fiore, con note di sale marino e chiusura agrumata. Sessanta 2013 (90% Sangiovese e Alicante a saldo) frutti rossi maturi e un pizzico di spezie, ha bisogno di qualche mese in bottiglia per integrare tutte le sue componenti. Marujo 2013 è un elegantissimo Syrah in purezza affinato in giare di terracotta. Terra di Casteani 2012 (70% Sangiovese, il resto Merlot) è caldo, concentrato, carico, succulento, proprio come il vino che ti aspetti dalla Maremma. Interessanti le due bollicine, il Piccabon 2016, lo spumante di Vermentino metodo Charmat, e il Rusada 2013, rosato metodo classico 100% Sangiovese.
Chiudiamo il nostro tour a Massa Marittima, dove oltre 200 anni fa si stabilì la famiglia Moris proveniente dalla Spagna, da quasi un secolo dedita all’agricoltura. Dalla fine degli anni ’70 crescente è stato il loro interesse per la viticultura, tanto che una splendida passione si è trasformata negli anni riuscendo a valorizzare per primi il territorio vinicolo della Maremma. Non a caso nel 1988 il loro vino simbolo, l’Avvoltore, è stato il primo vino maremmano ad ottenere il massimo riconoscimento da una guida enologica. 420 gli ettari di cui 37 vitati oltre ad altri 56 (di cui 33 vitati) nel comprensorio del Morelllino di Scansano. Imponenti i 5 kilometri di viali di cipressi piantati da Gualtiero Luigi Moris, nonno di Ranieri Luigi Moris e Giulio Parentini, cugini che attualmente conducono l’azienda. Il Vermentino 2016, con l’aggiunta di un 10% di Viognier che regala una nota profumata più ricca e amplifica i sentori della macchia mediterranea. Mandriolo Sangiovese Rosato 2016, il contatto con le bucce avviene solo durante la pressatura, il colore è intenso poiché è raccolto a maturazione, in fondo per fare un ottimo rosato bisogna sacrificare del’ottima uva. Monteregio di Massa Marittima Barbaspinosa 2013, Sangiovese 90% e Cabernet Sauvignon 10%, un vino di carattere dove la macchia mediterranea si fonde con delle note speziate e tostate. Il tannino è incalzante, la beva è agile, il finale è persistente. Il nome è preso a prestito da un vecchio libro di fiabe che il bisnonno Giuseppe Leo Moris leggeva ai suoi figli e che proprio in questi giorni è stato pubblicato con il titolo Fate e Maghi. Avvoltore 2012, nome toponomastico della collina dove crescono le viti di Sangiovese (75%), Cabernet Sauvignon (20%) e Syrah (5%), è anche il nome del Falco della Maremma. Non c’è molto da dire su questo vino, senonché ha il merito della rinascita della Maremma enoica, è il meglio della Maremma più vera, elegantissimo e dotato di una finezza assoluta. Questo è il vino che vale il viaggio!
Di seguito qualche chicca dal banco di degustazione da tenere in considerazione:
Tenuta La Badiola – Vermentino Acquagiusta 2016 e Rosso Acquagiusta 2015
Monterò – Vermentino “Monterò” 2016 e Linvisibile Bianco 2016
Bruni – Vermentino “Plinio Cuvée” vino spumante metodo Martinotti, e la miglior Grenache di Maremma Oltreconfine Grenache 2015
Sassotondo – Ciliegiolo 2015 e Ciliegiolo San Lorenzo 2013
La Biagiola – Vermentino Matan 2015 e Alideo Sangiovese 2013
Simona Ceccherini – Terigi Pugnitello 2014
Infine il miglior vino per il rapporto qualità/prezzo: La Pieve Rosso 2015, il Sangiovese in purezza, per di più biologico e vegano, di Frantoio La Pieve.
…e come per un libro di bambini torniamo a casa con stupore e tanta voglia di gustare la prossima “fiaba”!
[Photo Credit: Antonio Cimmino; Cesare Moroni]