Lageder e i 30 anni dei vini della Tenuta Löwengang

“Dalla tradizione traiamo spunti e insegnamenti preziosi per il nostro sviluppo futuro”. Solo così, con queste parole di Alois Clemens Lageder poteva iniziare quest’articolo.

Una storia di vino che parte da molto lontano, precisamente dal 1823, quando Johann Lageder, fino ad allora apprendista artigiano, iniziò a com­merciare in vini a Bolzano. I suoi figli e nipoti decisero di produrli essi stessi, puntando sulla collaborazione con altri viticoltori. Nel 1934 Alois III rilevò il podere Löwengang a Magrè imprimendo, così, una svolta cruciale per la storia della Tenuta Alois Lageder. Una generazione dopo di lui, suo figlio Alois Lageder, insieme alla sorella maggiore Wendelgard e al cognato Luis von Dellemann, scelse di puntare su una produzione in sintonia con i cicli naturali, ispirandosi ai principi dell’agricoltura biodinamica.

Oggi Alois ha al suo fianco la sesta generazione, Alois Clemens, appunto, in azienda dal 2015 in qualità di responsabile dell’area vendite e marketing.

Una famiglia del vino vecchio stampo, legatissima al territorio e alle sue tradizioni, dalla grande ospitalità ma soprattutto nobile di animo, qualità che si riconosce dall’impegno tanto nel sociale come nella salvaguardia del territorio con un occhio sempre vigile su ciò che accade al nostro pianeta.

Difficile condensare quasi due secoli di storia enologica in poche righe, sicuramente si possono evocare i tre momenti “cardine” del successo dei vini della linea Löwengang.

In primis, Alois può essere considerato uno dei pionieri, negli anni ’70, della difesa e valorizzazione dell’enologia di queste terre, divenendo la figura di riferimento sia per l’evoluzione qualitativa enologica dell’Alto Adige che per la biodinamica. Il vino si sa, è prima di tutto cibo, il suo essere “salutare” è un must!

Del 1981 è l’incontro con quello che sarebbe diventato suo grande amico oltre che mentore, Robert Mondavi, che visitando la tenuta si rese conto del grande potenziale dei suoi vini, ma anche del bisogno di un piccolo cambio di rotta affinché si esprimessero ai massimi livelli. “Robert ci spronò a mettere in discussione i metodi tradizionali per sperimentarne di nuovi ma senza abbandonarli o rinnegarli. – racconta Alois – Quindi in azienda iniziammo ad utilizzare piccole botti di rovere, riducendo le rese in favore della qualità e lasciando affinare i vini bianchi sui lieviti per periodi prolungati”.

Fondamentale in quegli stessi anni l’incontro di Alois con Heinz Winkler, lo chef altoatesino già nel 1981 tre stelle Michelin al Tantris di Monaco. Candidamente Heinz fece notare come i suoi vini, e quello dei suoi corregionali, non erano ancora all’altezza di competere con le etichette presenti in carta, e non parlava solo di qualità.

Queste parole spinsero ancor di più Alois a produrre un vino che fino a quel momento in Alto Adige nessuno aveva avuto il coraggio di fare, uno chardonnay barricato. Nasce così nel 1984 la prima annata del LÖWENGANG Chardonnay. Il primo traguardo ottenuto fu per Alois l’ordine di 600 bottiglie da parte dello stesso Heinz che ritrovò in quel calice di Chardonnay tutta la qualità, l’energia e l’anima del vino.

Quest’anno la Famiglia Lageder ha voluto festeggiare proprio quel 1984 e i suoi primi due vini della linea LÖWENGANG attraverso due referenze appositamente create per l’anniversario: “30 anni LÖWENGANG Chardonnay” e “30 anni LÖWENGANG Cabernet”.

Gastronomia Mediterranea ha avuto il piacere di partecipare a Milano proprio alla degustazione che ha celebrato il trentesimo anniversario delle due etichette simbolo della Tenuta Alois Lageder.

Un piccolo viaggio nella storia del LÖWENGANG Chardonnay con una verticale di 5 grandi annate a confronto, dal 1992 al 2014, conclusosi con il vino dei 30 anni. Una verticale a simboleggiare l’evoluzione della vigna, aspetto non meno importante di quella del vino.

Qui le barrique servono solo a far rimanere il vino sulle proprie fecce nobili (circa un anno), per acquisire struttura, complessità e favorire i caratteri peculiari del vitigno, e non per “estrarre il legno”. Molto importante durante il batonnage l’effetto che hanno sul vino le fasi lunari. Anche la fermentazione, rigorosamente con lieviti indigeni, avviene in barrique in modo che il vino si adatti prima e meglio a questo contenitore mentre i lieviti irrobustiscano questi vini così delicati.

1992: annata difficilissima, primo anno in cui ci si rese conto che il clima stava seriamente cambiando. Sebbene sia trascorso un quarto di secolo, alla vista si presenta ancora con delle sfumature verdognole, indice che ha mantenuto una buona freschezza. Dotato di un ampio ventaglio olfattivo e di una grande compostezza al palato. Un gusto pieno, ricco, morbido.

1996: al naso risulta meno intenso del 1992, è più verticale nella sua tipicità. Al palato è indubbiamente più complesso rispetto al suo predecessore. Un vino dall’indiscussa eleganza, leggiadria e dallo slancio impareggiabile.

2004: rappresenta l’apice del loro non-biodinamico, un’esplosione di frutta e fiori, un ingresso in bocca potente ma sinuoso. Incredibile persistenza accompagnata da un piacevolissimo finale agrumato.

2010: ottima struttura, buona complessità ma soprattutto equilibrio e armonia tra morbidezza, acidità e sapidità.

2014: passaggio del testimone in cantina tra Luis von Dellemann, ormai 82enne e i tre nuovi enologi chiamati da Alois e Clemens per dare un nuovo impulso. Ora la vendemmia è molto parcellizzata, il vino è visto come la somma di tante componenti, si guarda di più alla tensione e alla vivacità del singolo acino. La 2014 è anche la prima annata in cui si è ridotto l’uso del legno nuovo, passato da 1/3 a solo il 10%, mentre il restante è costituito da barrique e tonneau di secondo e terzo passaggio. Dal bouquet molto fruttato si distingue per la sua freschezza e per un palato burroso che si esprimerà al meglio con un ulteriore anno di affinamento in bottiglia.

30 anni LÖWENGANG Chardonnay: è un vino unico nel vero senso della parola poiché non sarà mai più prodotto. Assemblaggio delle annate 2013, 2014 e 2015. Parte di questo vino è maturata sui lieviti in barrique per ben tre anni, in parte due anni (la maggioranza visto che il 50% della cuvée proviene dall’annata 2014) ed il restante come da tradizione per un anno. Solo 2.500 le bottiglie prodotte. Tre annate climaticamente molto diverse, come i vini prodotti. Un 2013 molto equilibrato ha dato vita a vini ben strutturati, un 2014 piuttosto freddo ha prodotto vini sobri e raffinati, mentre un caldo 2015 ha dato origine a vini molto robusti. Lo Chardonnay dell’anniversario, quindi, fa interagire queste tre componenti esaltandone le caratteristiche. Senza parole, un vino semplicemente fenomenale!

Come detto l’annata 1984 fu la prima anche per il LÖWENGANG Cabernet. All’epoca le viti di questo vigneto erano già centenarie, furono piantate tra il 1875 e il 1885 dall’allora proprietario, il Conte Melchiori, che credeva fossero viti di Cabernet. Col tempo ci si rese conto che tutto il vigneto LÖWENGANG, come da prassi del tempo, era piantato alla “Bordolese”, le viti erano in maggioranza Carmenère, con piccole quantità di Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot.

I Lageder volendo mantenere viva l’anima di questa vigna, negli anni hanno reimpiantato solo le viti che morivano, rinnovando il vigneto, pianta per pianta, in una sorta di passaggio generazionale.

Per conservare intatto questo inestimabile patrimonio genetico hanno isolato per selezione massale delle nuove piantine, creando così anche un nuovo vigneto più giovane. Nel 2014, per la prima volta, sono state selezionate e vinificate separatamente le uve prodotte da questo antico DNA ottenendo un vero balzo di qualità.

Questa è la nuova strada tracciata dai Lageder che caratterizzerà, d’ora in avanti, tutte le annate del Cabernet LÖWENGANG, che uscirà sul mercato ad aprile 2018 come a chiedere una sorta di “Giubileo del Löwengang”.

Una strada su cui ogni anno potranno giocare, come abbiamo fatto noi durante la degustazione alla cieca, con le due componenti di questo vino, bilanciando al meglio il blend tra la potenza, la concentrazione e il tannino del vino proveniente dalle piante giovani e l’eleganza, l’equilibrio e la saggezza di quello delle viti ultrasecolari.

[Photo Credit: Antonio Cimmino; Ufficio Stampa Alois Lageder - Zed_Comm]

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Antonio Cimmino

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