E’ il piatto nazional-popolare per eccellenza, la pasta e fagioli, diffusa in mille varianti su tutto il territorio italiano. Ma se provate ad effettuare un piccolo sondaggio tra le vostre conoscenze, come abbiamo fatto noi, scoprirete alcune cose interessanti.
Dalle Alpi alla punta dello Stivale, dal Tirreno all’Adriatico, quasi ogni regione, fatta eccezione forse solo per la Sicilia e la Sardegna, lo rivendica come piatto tipicissimo e se ne avoca la paternità. Ma è pressocché impossibile mettere tutti d’accordo sulle caratteristiche che una buona pasta e fagioli deve avere.
Le innumerevoli varianti diffuse nella penisola si dividono su tutto: cipolla vs. aglio, olio vs. lardo o burro, pasta fresca vs. pasta secca, finitura con olio crudo vs. parmigiano o pecorino, cottura della pasta nei fagioli vs. cotture separate: ognuno considera irrinunciabile una di queste caratteristiche e il suo contrario un’eresia; alla fine si può dire che l’unica cosa che mette tutti d’accordo è la preferenza per una pentola di coccio, come si addice alle lunghe cotture.
La guerra di religione coinvolge anche il tipo di fagioli utilizzati, che va dai più diffusi, i borlotti, ai pur comuni cannellini; dai fagioli di Lamòn, imprescindibili in Veneto, ai Bianchi di Spagna, preferiti in Liguria.
Interi, passati o parzialmente passati, o ancora lasciati disfare fino a creare un composto cremoso in cui cuocere la pasta, come in Campania. Tra le particolarità più curiose, l’uso del vino che caratterizza alcune versioni del Lazio e del Piemonte; rosso secondo Aldo Fabrizi, bianco per altri. Il rosmarino, considerato nemico dei fagioli da molti, trova posto nelle ricette piemontesi, talvolta insieme a salvia e alloro; comune è anche l’uso del prezzemolo, mentre ci si divide in partiti agguerriti sul sedano. Nel centro-sud non si rinuncia al peperoncino.
Il maiale è considerato da tutti compagno di strada dei fagioli: cotenna di maiale, o in alternativa osso di prosciutto o pancetta, sono presenti quasi ovunque. Una insolita versione calabrese abbina i fagioli ai prignuoli (funghi di San Giorgio) o ai porcini e un’altra, che viene dalla Liguria, aggiunge, oltre alla pasta, una fetta di pane abbrustolito a completare il piatto.
Tra le più celebri, i pisarei e fasò di Piacenza, in cui i pisarei, sorta di gnocchetti di farina e pangrattato, vengono abbinati ai borlotti e a tutti i condimenti possibili: olio, burro, lardo. Ma l’Emilia-Romagna è una fucina in cui i fagioli trovano le compagnie più varie: dalle tagliatelle (con annessa calda raccomandazione di NON aggiungere formaggio) ai tortellini, alla pastarasa di Reggio, un impasto di pane (o pangrattato), farina e parmigiano aromatizzato con noce moscata, grattugiato e fatto cadere nel brodo.
La pasta più utilizzata, in tutte le regioni, è pasta corta (se secca): ditalini, cannolicchi, spaghetti spezzati; a Napoli è di rigore la pasta mista, in Abruzzo si va dai cazzarielli (gnocchetti di grano duro) alle sagne (listarelle romboidali o quadrate di pasta fresca), parenti delle varie paste fresche “stracciate” che usano anche nel Lazio e delle lagane, diffuse tra Basilicata e Calabria. E poi ci sono i cavatelli o i minuicchi che la fanno da padroni in Puglia.
Io, che sono napoletana, appartengo al partito di: fagioli secchi d’inverno, freschi d’estate; pasta secca, mista; aglio, sedano, olio, niente formaggio e cottura della pasta nei fagioli. Al massimo mi piego ai tubettini con i fagioli tondini che ci si annidano dentro, giusti giusti dentro al foro. E preferisco la pasta e fagioli “riposata”, cioè lasciata là, a intiepidire e addensare, prima del consumo.
E voi, di che pasta e fagioli siete?
Grazie a Dede, Claudia, Milena, Jacopo, Elvira e Stefania per l’amichevole consulenza.