L’amaranto è una pianta erbacea originaria del Messico e Centro America dai semi commestibili e consumati in modi simili ai cereali. In estate può essere la curiosa e salutare base per insalate NON di riso.
Il genere Amaranthus conta circa 60 specie di piante erbacee annuali, che arrivano ad un’altezza di più di tre metri, con spettacolari infiorescenze rosse dalle quali si ricavano i semi commestibili. Le specie migliori per la produzione di semi hanno nomi evocativi come Cruentus e Hypochondriacus. L’amaranto era noto già agli Aztechi che lo coltivavano non solo per mangiarlo, ma quale parte fondamentale delle loro cerimonie religiose: i semi venivano impastati con mais e miele per creare immagini delle divinità che dopo l’adorazione erano spezzate e divise fra i fedeli. Quando arrivarono gli Spagnoli con Cortez, nel Sedicesimo secolo, proibirono subito sia i riti che il “grano degli Dei”, l’amaranto. La via della conversione (e della disgregazione sociale) era aperta. Incurante del divieto dei Conquistadores però, la coltivazione dell’amaranto si diffuse in regioni anche assai distanti dal luogo d’origine della pianta.: con gli anni divenne un’importante fonte di sostentamento per le popolazioni di India, Nepal e di alcune zone dell’Africa ed oggi è diffusa in molti luoghi temperati del pianeta. Una coltura tenace, che tiene fede all’origine etimologica del suo nome: dal greco amarantos “che non appassisce”, “che dura per sempre”.
Ci sono molte buone ragioni per aver voglia di provare l’amaranto. Per esempio le sue proprietà nutritive: contiene il 15-18% di proteine, una quantità non facilmente riscontrata nei cereali “veri”, con una importante presenza di lisina (un amminoacido frequente in carni, formaggi e legumi e quasi assente nei cereali) e di calcio. Uno studio del 1993 dell’Istituto di Nutrizione di America Centrale, Panama e Guatemala, comparando le proteine del formaggio con quelle dell’amaranto giunse alla conclusione che queste proteine sono tra le migliori dal punto di vista nutrizionale e molto simili a quelle dei prodotti di origine animale. Altri studi evidenziano la capacità dei fitosteroli presenti nell’amaranto di abbassare il livello di colesterolo “cattivo” (LDL) nel sangue ; non dimentichiamo poi che non essendo un cereale l’amaranto è naturalmente privo di glutine, quindi adatto anche a chi soffre di celiachia. Che fa bene lo abbiamo capito, ma sarà anche buono? Il sapore è dolciastro ma leggermente piccante e ricorda un poco la nocciola. In molti paesi Sudamericani lo si trova in vendita per strada, spesso dopo aver fatto scoppiare i semi, una sorta di pop-amaranto. In Messico una leccornia è il dulce de alegria, un croccante di amaranto soffiato impastato con zucchero o miele e frutta secca.
Cucinare l’amaranto è molto semplice: si cuoce in acqua bollente, leggermente salata per 20-30 minuti e poi si lascia riposare per qualche minuto nella pentola coperta, si sciacqua, si scola e si condisce come si preferisce. L’unica accortezza è quella di utilizzare una parte di semi ogni sei parti di acqua per evitare che l’amido faccia diventare viscido il liquido. Anche dopo la cottura l’amaranto non perde mai la sua croccantezza, potremmo dire che è croccante fuori e morbido dentro, quasi un caviale vegetale. Perchè non provarlo quindi in insalata , con verdure a dadini saltate ed erbe fresche? Un modo facile per avvicinarsi ad un alimento sconosciuto ai più ma con tante qualità. Talmente tante che nel 1985 è andato nello spazio nel primo viaggio dello Shuttle Atlantis: come soggetto di esperimenti di germinazione ma anche in forma di biscotti ad uso e consumo degli astronauti.