An, o Le ricette della signora Toku

Sono convinta ormai da tempo che nulla accade per caso.  Qualche sera fa mi sono imbattuta in un piccolo e delizioso film giapponese, An il titolo originale ma tradotto da noi con il (molto) più prosaico Le ricette della signora Toku, che racconta una storia di persone e ricordi solo incidentalmente legati dal cibo (e non al cibo). La regia è di Naomi Kawase ed il soggetto è tratto dal romanzo di Durian Sekagawa.

La storia è presto raccontata: alla periferia di Tokyo, un giovane uomo, solitario e taciturno, gestisce un chiosco di dorayaki,  piccoli e tondi pancakes accoppiati e farciti con an, una pasta di fagioli azuki. Un giorno di primavera, furioso di brezza e ciliegi in fiore, al chiosco arriva una piccola e misteriosa anziana signora, Toku scopriremo poi, a cui piacerebbe cucinare dorayaki. Inizialmente Sentaro, così si chiama il gestore, tenta di resistere: troppo anziana, troppo fragile, troppo malandata. Toku lo conquista facendogli assaggiare la sua an, che risulta essere assai migliore di quella industriale che veniva con noncuranza utilizzata prima. Il compito della signora Toku sarà quello di preparare ogni giorno la pasta necessaria alla farcitura. Solo quello. Ma cuocere l’an “è una questione di sentimenti, ragazzo” ed essendo “l’anima dei dorayaki, non può essere trattata con leggerezza”, dice Toku.

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La sequenza in cui Sentaro e Toku preparano insieme la loro prima an vale da sola il film. Svegli prima che “il Signor Sole abbia mostrato il suo volto”, sciacquano gli azuki lasciati in ammollo durante la notte, li bollono brevemente, li sciacquano ancora, li coprono con acqua fresca e finalmente li fanno sobbollire nel tegame di rame, fino a quando il “profumo del vapore non sia cambiato”per poi eliminare piano piano il liquido di cottura con acqua fresca in modo che non risultino amari. Ma piano piano, gentilmente. Sentaro e Toku aggiungono la “dolcezza” ed aspettano per due ore almeno che gli ingredienti si conoscano, come “una giovane coppia al primo appuntamento”. La sequenza è girata in una penombra calda ed intima e tutto il registro è improntato a tradizione e rispetto: il cibo ha bisogno di amore e di pazienza. Solo così avrà storie da raccontare.

Grazie alla bontà della farcitura gli affari durante l’estate vanno a gonfie vele e lunghe file di clienti entusiasti si formano davanti al chioschetto. Poco a poco però i clienti diminuiscono fino a sparire del tutto. Come mai? La qualità del cibo non è peggiorata e la grazia della signora Toku non può non aver stregato tutti.
Ma come spesso accade in Giappone nulla – o poco – è ciò che appare. Sentaro e Toku sembrano vivere ai margini del mondo, ed entrambi custodiscono un segreto. Se lo sveleranno solo nella loro corrispondenza e mai di persona ed io non lo rivelerò per chi avrà la curiosità di cercare il film e di guardarlo.
Vi basti sapere che le mani di Toku, così abili e sensibili quando si tratta di preparare il cibo,  l’hanno tradita e hanno rivelato qualcosa di lei inaccettabile per la maggioranza delle persone, costringendola ad abbandonare un’occupazione che la riempiva di gioia e rendeva altrettanto felici coloro che avevano la fortuna di assaggiare le sue creazioni.

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La seconda parte del film, quella in cui le carte sono tutte sul tavolo ed i segreti sono rivelati, promette e mantiene una svolta melodrammatica forse meno riuscita dei felici momenti dell’incontro e delle possibilità ancora aperte. Anche le stagioni seguono la storia, ed alla primavera della speranza segue l’estate della gioia e l’autunno del rimpianto. Fino ad una nuova primavera, con nuovi progetti e nuove gioie all’orizzonte.
In ogni parte del mondo il cibo è una porta aperta sull’anima di chi lo prepara e di chi lo gusta, permettendo una comunicazione spontanea e profonda.
Se questo film ci lascia qualcosa, forse è proprio questa sensazione.
Ed ora non vi resta che guardarlo per vedere se ho ragione.

Immagini di an e dorayaki tratte da wikipedia

            

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Daniela Acquadro

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