Missolungi. Un nome che evoca ricordi scolastici di moti indipendentistici, della società segreta Eteria, di un generoso poeta morto: George Byron, ucciso dalla febbre, probabilmente malarica, mentre partecipava alla lotta dei Greci per la liberazione dall’occupazione ottomana.
E allora partiamo da lui, Lord Byron, perché pare sia stata la sua lunga permanenza in Grecia a far conoscere nel resto d’Europa uno straordinario alimento che nell’area di Missolungi si produce con tecniche praticamente immutate sicuramente fin dall’epoca bizantina: l’avgotaraho.
Iera Poli Mesolongiou, la “città sacra di Missolungi”, si trova all’imboccatura del Golfo di Patrasso, nella Grecia Occidentale, in una vasta zona umida inclusa nell’elenco della Convenzione di Ramsar, un trattato la cui finalità è appunto la tutela delle aree umide di interesse internazionale. La città occupa un posto davvero rilevante nella geografia gastronomica della Grecia: la sua laguna, vasta e poco profonda, è da sempre vocata alla pesca; i cefali di grandi dimensioni che vengono catturati grazie a un sistema di recinzioni formate da pali in legno, chiamate ivaria, sono all’origine della produzione dell’avgotaraho, una pregiatissima bottarga di muggine dalle caratteristiche veramente uniche.
Noi Italiani di bottarga ce ne intendiamo; è tra i prodotti più antichi del mondo, probabilmente risalente ai Fenici, sicuramente amata dagli antichi Egizi, diffusasi in molti paesi del Mediterraneo e presente in varie forme anche in terre più estreme, per esempio in Giappone; ma l’avgotaraho mesolonghiou, tra i pochi prodotti ittici a godere della DOP europea, si distingue dalla bottarga a noi più familiare per gusto, consistenza, aspetto. Le sacche ovariche della femmina di cefalo (bafa) vengono estratte intere, con molta cautela, lavate, preferibilmente con acqua di mare, poi salate e quindi lasciate seccare all’aria aperta. Infine vengono ricoperte di uno spesso strato di cera, e il segreto dell’avgotaraho è quasi tutto là: la cera mantiene la bottarga più morbida, ne allunga la conservazione, consente perciò di salarla di meno e di ottenere così un prodotto più dolce e delicato rispetto alla nostra idea di bottarga. E’ come gustare il mare: da consumare tagliato a fettine, in purezza o abbinato secondo istinto e fantasia, magari, come usa, con un filo d’olio, pepe e limone. Ma l’avgotaraho può essere anche grattugiato, ad esempio sulla pasta: è sufficiente liberarne un pezzo dalla cera e lasciarlo all’aria per poco, in modo da renderlo più secco.
Di un bel colore aranciato, fondente e morbida, la bottarga di Missolungi ha fatto breccia anche nel cuore di Ferran Adrià. Curiosamente, alcuni dei produttori più rinomati sono privi della DOP, perché realizzano parte della lavorazione fuori dal territorio di Missolungi, benché la materia prima ne provenga. Tra i migliori, Trikalinos, che utilizza cefali pescati e non d’allevamento, realizza la salatura con fior di sale della laguna di Missolungi, un altro dei prodotti di pregio di quel territorio, e ricopre la bottarga con cera naturale priva di paraffine; o Stefos, che, come Trikalinos, garantisce la totale assenza di conservanti, additivi, coloranti e un prodotto assolutamente naturale. L’avgotaraho ha delle eccellenti proprietà nutrizionali, pressoché intatte rispetto alle uova di muggine fresche grazie al metodo di lavorazione e conservazione, e in particolare è un’ottima fonte di Omega-3 e beneficia di una salatura leggera, grazie anche alla poca salinità all’origine della materia prima, dal momento che i cefali nuotano nelle acque semidolci della laguna.
Ha un difetto? Certamente il costo, particolarmente elevato. Una prelibatezza non per tutti, benché abbia origini umili, radicate in epoche in cui la necessità spingeva a non buttare via nulla. Destino di molti prodotti di pregio: nati poveri per diventare ricchi.