Cibo e pazienza: kimchi

Un proverbio coreano dice: per fare un pasto bastano riso e kimchi. Pare che il coreano medio ne consumi una media di 100 g al giorno e questo la dice lunga sull’ossessione nazionale per le verdure fermentate. La più comune varietà di kimchi, baechu, viene preparata con il cavolo cinese, ma si possono usare quasi tutte le verdure che si hanno a disposizione: daikon, zucca, cetriolo. Di solito si paragona il kimchi ai sauerkraut ed effettivamente la lattofermentazione li rende in qualche modo cugini, se non fratelli.

La fermentazione è la mia nuova mania. In realtà in epoca di cucina molecolare pare un tantino demodè occuparsi di un antichissimo metodo di conservazione degli alimenti come la fermentazione. Se ci pensiamo bene però consumiamo molti cibi fermentati: pane, yogurt, formaggi, vino, cioccolato, tè – dunque perchè non sperimentare ciò che in Asia è talmente famoso da meritare anche un Istituto governativo che ne promuove la diffusione nel mondo?
E kimchi sia.
Sempre più persone sono convinte della proprietà curativa dei cibi e quelli fermentati e “vivi” come il kimchi sono particolarmente popolari.  Negli anni sono stati individuati parecchi lattobacilli contenuti nel kimchi, addirittura uno, il Lactobacillus kimchicus, pare esserne appannaggio esclusivo.  I lattobacilli sono buoni amici dell’uomo: aiutano a conservare i vegetali, eliminano i batteri potenzialmente nocivi e rendono i vegetali crudi più facili da digerire.  Il kimchi inoltre contiene vitamina A, vitamina B1, vitamina B2, calcio, ferro, un sacco di fibre e pochissime calorie. Un alimento paradisiaco, almeno sulla carta.

Per un kimchi perfetto è fondamentale creare l’ambiente adatto perchè i lattobacilli crescano e si moltiplichino. Il primo passo è lasciare a bagno le verdure scelte in acqua e sale per alcune ore. E’ interessante notare che per questa preparazione è meglio non usare sale iodato perchè ostacolerebbe la crescita dei lattobacilli. Sale grosso, acqua, verdure. Basta.
Si lasciano le verdure in salamoia per cominciare a romperne la struttura cellulare.  Ad esempio le foglie del cavolo dopo qualche ora a mollo saranno più elastiche e malleabili.
Dopo l’ammollo le verdure vengono sciacquate perchè altrimenti sarebbero troppo salate.
A questo punto si prepara il condimento a base di peperoncino coreano ( gochugaru), daikon e zenzero grattugiati, aglio, cipollotti freschi, salsa di pesce (nella ricetta tradizionale), sale e zucchero. Non trovando il peperoncino coreano va benissimo anche il nostro peperoncino calabrese, ad esempio.
Il condimento così preparato viene spalmato sulle verdure in modo uniforme, anche tra foglia e foglia se si usa il cavolo, cinese o verza che sia. Si trasferiscono poi le verdure, premendole leggermente, in un contenitore di vetro dotato di coperchio che chiuda bene. Il coperchio servirà a eliminare l’ossigeno durante il processo di fermentazione.
Per far partire la fermentazione sarà sufficiente lasciare la coltura a temperatura ambiente per 24 ore. Più la temperatura esterna sarà mite, prima partirà il processo. Trascorso questo tempo basterà trasferire il contenitore in frigo dove la fermentazione andrà avanti molto più lentamente. Il kimchi dovrebbe essere pronto dopo una decina di giorni. Se si usa un vaso di vetro si potranno notare delle bollicine formarsi all’interno. E’ un buon segno: tutto si muove e si trasforma.
Da evitare assolutamente sono le aperture non necessarie del contenitore: meno ossigeno entrerà, migliore sarà il risultato.
Che gusto ha il kimchi? Piccante, certo. Acido. Salato. Più la fermentazione andrà avanti , maggiore sarà la complessità dei sapori.
Una volta prodotto, come si usa? Come accompagnamento del riso, come contorno per carni, pesci o tofu, come ingrediente di zuppe gustose.
Con questo procedimento di base si potranno usare molte verdure, a piacere. In Corea si contano almeno duecento tipi diversi di kimchi!

Korean.cuisine-Kimchi-Jeotgal-01Per chi volesse cimentarsi, ecco la ricetta del

BAECHU KIMCHI (kimchi di cavolo cinese)

E il kimchi per antonomasia, il più diffuso e famoso.

Per due recipienti di vetro da un litro.

1 kg di cavolo cinese
100 g di sale grosso non iodato
Condimento

70g di peperoncino (gochugaru o altro)
150g di cipollotto tritato finemente
1 spicchio d’aglio tritato
1 cucchiaio di zenzero grattugiato
100 g di daikon fresco, sminuzzato
1 cucchiaino di salsa di pesce (per aggiungere un tocco di umami)
1 cucchiaio di sale
1/2 cucchiaio di zucchero

Il procedimento è molto semplice. Lavare il cavolo cinese e tagliarlo a metà. Trasferirlo in una capace terrina con la parte tagliata verso l’alto. Salare il cavolo foglia per foglia e versarci sopra abbastanza acqua da coprirlo. Chiudere con un piatto e posizionarci sopra un peso, in modo che le foglie siano completamente immerse nell’acqua. Lasciare per 24 ore a temperatura ambiente, scolare e risciacquare parecchie volte sotto l’acqua corrente.
Mescolare gli ingredienti per il condimento e spalmare le foglie con lo stesso. Arrotolare le foglie così preparate e trasferirle nel vaso di vetro, premendo leggermente ma senza esagerare. Chiudere il vaso, lasciare a temperatura ambiente per 24 ore poi trasferire in frigorifero. Si potrà assaggiare a partire dal decimo giorno e durerà almeno due mesi.
Servire le foglie affettate.

Non proprio un piatto per signorine, ma una prova la merita di certo. Nel mio frigo troverà spazio vicino al tofu misozuke, ad esempio.

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Daniela Acquadro

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