La cucina italiana piace e ha successo in tutto il mondo: questo è un dato di fatto innegabile. Così come è innegabile il fatto che vengano spacciati per Italian oppure Tuscan piatti che non hanno assolutamente nessun riferimento con la tradizione culinaria italiana. Con grande frustrazione di chi da anni vive all’estero ma anche del turista italiano con un attacco improvviso di spaghettitudine.
Ma il Made in Italy vende, di questo se ne sono accorti tutti gli uffici di marketing nel mondo. Basta aggiungere un po’ di origano o della polvere di pomodori secchi, ci attacchi l’etichetta Italia o Toscana e sei sicuro di vendere qualsiasi cosa. E così una specie di bistecca vegetariana si fregia dell’appellativo Toscana perché contiene tra gli altri ingredienti ben il 10% di pesto (tipico prodotto toscano) e un po’ di pomodori secchi, rosmarino ed estratto di timo. Nel campo delle cremine da spalmare sul pane, il maggiore supermercato olandese propone una tapenade di bistecca toscana. Toscana perché la carne di manzo macinata tipo omogeneizzato è decorata nella sua confezione di plastica con rondelle di olive verdi e scagliette di parmigiano.
Non voglio affrontare il discorso spinosissimo delle varie buste di robe liofilizzate prodotte dalle grandi multinazionali della chimica, ma un preparato lo devo nominare. Parafrasando il logo sulle mute da sub della Mares ‘Just add water’ (devi solo aggiungere l’acqua), i preparati che vanno per la maggiore si trasformano magicamente in salse per lasagne. E quindi è normale tornare dall’ufficio alle 18.30 e mettere felicemente in tavola alle 19.30 al massimo un piatto di lasagne fatto in casa. Quando poi fai assaggiare a chi è abituato a quei cibi delle lasagne in cui il ragù ha pippiato per almeno 6 ore e la farina della besciamella è stata cotta a dovere nel burro, e hai lavorato per ben 8 ore, in totale, a quel piatto, ti guardano con gli occhi sgranati come se tu arrivassi dalla Luna ad aprirgli un mondo nuovo.
Ma laddove la frenesia della vita moderna che ti porta ad agguantare la scatola di cartone con le polverine potrebbe essere una scusante, da brava romana non riesco proprio a trovare nessun alibi per usare le salse pronte per fare la pasta alla carbonara. La pasta alla carbonara è uno dei piatti più veloci che c’è, forse battuto solo dagli spaghetti aglio, olio e peperoncino. Che senso ha la polverina ‘Just add water’ che magicamente si trasforma in una salsa bianca in cui nuotano micropezzetti di guanciale (pancetta? Prosciutto? Altro?) disidratato? O barattoli di vetro oppure di plastica nel banco frigo con dentro una salsa dalla consistenza besciamellosa o, peggio ancora, spaghetti sottovuoto cosparsi di salsa bianca? E un amico ristoratore e pizzaiolo, napoletano verace, mi ha confessato di mettere la panna nella sua carbonara perché così piace ai suoi clienti…
So per esperienza diretta e dalle lamentele di amiche italiane all’estero che anche dall’altra parte dell’Atlantico la cosa è grave, anzi, forse ancora più grave che non in Europa.
Tutti conoscono come piatti tipici italiani le fettuccine Alfredo e l’insalata di Cesare, la salsa marinara (che non contiene pesce) e ovviamente gli spaghetti con le polpette e il pollo alla parmigiana. Aglio, quantità infinite d’aglio dappertutto. Che il Genoa salami a Genova non esiste non sembra essere un problema, come pure che a Bologna gli spaghetti bolognaise non si fanno e che a Firenze non saltano le penne con gli spinaci e il pomodoro. Che la minestra maritata non è una minestra che si mangia in occasione di un matrimonio e che nessun italiano mai chiederà del Parmigiano sugli spaghetti alle vongole o userà della pasta come contorno ad una bistecca, non procura notti insonni agli stranieri.
Ma la cosa che fa più male all’anima sono prodotti come biscotti, salse, insaccati ecc. le cui confezioni riportano nomi e bandiere italiane ma che in realtà sono di fabbricazione estera. La loro dubbia qualità mina l’immagine del Made in Italy, danneggiando anche l’export del vero prodotto italiano. E se chi li mangia pensa che siano cose tipiche italiane, allora siamo davvero fritti!
Pare tuttavia che di questo si sia accorta anche la politica italiana, che ha lanciato una nuova iniziativa: la settimana della cucina italiana, che si tiene dal 21 al 27 novembre. Con oltre 1.300 eventi in programma in 105 Stati, dagli USA al Giappone, passando per Canada, Brasile, Russia, Cina ed Emirati Arabi Uniti, coordinati dalla rete all’estero della Farnesina, l’iniziativa si prefigge di proteggere e promuovere il vero Made in Italy agroalimentare tramite le 295 sedi diplomatiche, consolari e degli istituti italiani di cultura. In programmazione ci sono, oltre a basilari lezioni di cucina di chef ahimé poco noti in patria e all’estero (e quindi incapaci di richiamare il grande pubblico e l’attenzione dei media), mostre di quadri con, per esempio, le verdure come filo conduttore e la proiezione di alcuni film (sempre gli stessi). Rare le conferenze (di solito sulla dieta mediterranea) e le degustazioni guidate.
Sono curiosa di vedere cosa troverò il prossimo anno negli scaffali del supermercato, adesso che Giovanni Rana ha sdoganato i ravioli ripieni di pollo dopo 30 anni che predico che in Italia noi il pollo con la pasta no, non lo mangiamo mai…
Vabbe’, per consolarmi mi farò una lasagna soup – o forse una bella zuppa toscana di tortellini!
Foto di apertura: Telegiornale olandese di giovedì 10 novembre, con i titoli del quotidiano AD.
Traduzione letterale: ‘Ho la nausea. Delle lasagne? No, di Trump’
Altre foto: diversi siti di supermercati stranieri e aggregatori di ricette