Il presniz o gubana goriziana è il dolce più tipico della città di Gorizia e si caratterizza per una delicata pasta sfoglia ripiena di frutta secca, zucchero, canditi, miele, spezie, aromi e burro: nelle diverse famiglie questo dolce assume inoltre un gusto particolare determinato dal sapiente dosaggio segreto degli ingredienti, che viene tramandato di generazione in generazione.Le ricette del ripieno si differenziano le une dalle altre: queste diversità sono evidenti per chi apprezza da sempre la gubana e a renderla differente basta una diversa grana di macinatura delle mandorle e delle noci o un particolare minimo come la macerazione dell’uvetta: si usa rhum, o marsala per un sapore più forte, o solo vino bianco o Picolit per un sapore più delicato.
La prima attestazione in italiano del termine gubana risale al 1714 in una poesia scritta a Gorizia, nel 1738 a Cividale troviamo la voce gubana in un manoscritto e nel 1795 in un ricettario di una farmacia istriana si trova una ricetta di “gubana alla goriziana”. Katharina Prato, nell’edizione italiana del 1892 del suo manuale di cucina, ne riporta la ricetta come strucolo alla goriziana (presniz) ma con pasta frolla anziché sfoglia. Pellegrino Artusi poi, nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, riporta, insieme allo strudel, anche il presnitz: “…Eccovi un altro dolce di tedescheria e come buono!”
L’Artusi spiega bene anche il confezionamento: […] ponetelo entro una teglia di rame unta col burro avvolto attorno a se stesso come farebbe la serpe; però non troppo serrato […].
Gubana goriziana, presniz, gubana di Cividale, putizza, potica e gubana delle Valli del Natisone: un arcobaleno di sapori e di varianti che rientrano appieno in fenomeni di geo omonimia e geo sinonima (dolci diversi con nome simile, e dolci simili con nomi diversi). Sono dolci caratterizzati da un lato da un comune metodo di cucina (una pasta arrotolata attorno ad un ricco ripieno di frutta secca) e dall’altro da diversi impasti. Nel caso della gubana delle valli del Natisone o della putizza goriziana o potiza l’involucro è una pasta lievitata ricca, mentre per la gubana goriziana o gubana di Cividale o presniz è pasta sfoglia.
La parola gubana è ipotizzabile che si ricolleghi al verbo sloveno gubati (“increspare, fare pieghe”), con riferimento all’arrotolamento del dolce; in friulano un modo di dire è plen come une gubane, a sottolineare la ricchezza del ripieno della gubana. Anche presniz (o presnitz) è parola di origine slava, collegata con il presenec, la “focaccia pasquale”, che è una contrazione di presen kruh, cioè “pane non lievitato”, “pane azzimo”; è ipotizzabile pertanto un collegamento anche con la tradizione ebraica, dal momento che presniz, gubana e putizza sono presenti nei ricettari ebraici mitteleuropei: ho trovato riscontri di dolci simili anche nelle tradizioni gastronomiche ebraiche ashkenazite dell’Europa orientale.
Insomma, a ben guardare anche la cucina va intesa come un “bene culturale” in grado di raccontare la storia dei luoghi e dei valori di una comunità, i sapori e i saperi delle persone.
Gubana goriziana – ricetta tipica depositata
La delegazione di Gorizia dell’Accademia Italiana della Cucina, istituzione culturale della Repubblica Italiana, nel 2011 ha depositato con atto notarile la ricetta classica della gubana goriziana, o presniz, presso la locale Camera di Commercio ed il Comune di Gorizia, per tutelare, diffondere e tramandarne la ricetta originale.
Per la pasta sfoglia: farina 00, acqua, sale marino fino, burro. Possono essere addizionati uovo, vino bianco, succo di limone, zucchero.
Per il ripieno: noci, mandole, pinoli, uvetta sultanina, biscotto secco briciolato, arancia e cedro canditi, rum o marsala, zucchero o miele, aromi e spezie. Ingredienti facoltativi: burro, nocciole, albume e/o tuorlo d’uovo. Preparazione: si tratta in pratica di realizzare una pasta sfoglia classica con due impasti, uno principalmente a base di burro, il panetto, e l’altro, il pastello, a base di farina acqua e sale (eventualmente con rosso d’uovo o vino bianco o un cucchiaio di zucchero). I due impasti si stendono e sovrappongono e si piegano in modo particolare più volte.
Per il ripieno l’uvetta sultanina si fa macerare in acqua tiepida/vino bianco/rhum/marsala. La frutta secca viene tritata grossolanamente e impastata con i rimanenti ingredienti per realizzare un amalgama che è il ripieno del dolce. Dopo aver steso la pasta sfoglia su un tovagliolo infarinato, si fa un salsicciotto con il ripieno che viene rivestito dalla pasta con l’aiuto del tovagliolo (il ripieno quindi non viene spalmato sull’impasto). Il dolce viene arrotolato su se stesso per assumere la tipica forma a chiocciola o spirale e spennellato con il tuorlo d’uovo precedentemente sbattuto. Cuocere in forno.
Ricetta ‘familiare’
Pasta sfoglia: 500 g di burro, 500 g di farina, 2 tuorli, il succo di 1 limone, 3 cucchiai di vino bianco, acqua q.b., 10 gr di sale. Volendo un paio di cucchiaini di zucchero.
Si procede come d’uso per una pasta sfoglia con il panetto di burro, il pestello e le canoniche pieghe dell’impasto intervallate da riposo. La differenza rispetto una sfoglia classica è che questa, per la presenza dei tuorli e del vino nel pastello, risulta più gustosa.
Ripieno: 300 gr di noci, 300 gr di mandorle, 300 gr di nocciole, 300 gr di uvetta sultanina, 500 gr di zucchero, 100 gr di cedro candito, 100 gr di scorza d’arancio candita, biscotti sbriciolati, rum o marsala, vino dolce, spezie a piacere (bacca di vaniglia, cannella, noce moscata, chiodi di garofano, pepe).
Per pennellare l’interno della sfoglia: uovo (o soli tuorli), zucchero semolato e bacca di vaniglia.
La frutta secca va macinata a grana non troppo sottile e mescolata con la frutta candita tagliata a dadini piccoli. Tostare in forno, per esaltarne l’aroma. Ammollare l’uvetta in rum o vino dolce. Tutti gli ingredienti del ripieno si mescolano insieme e si lasciano riposare anche per più giorni, mescolando di tanto intanto.
Stesa la sfoglia sottile a rettangolo per realizzare una gubana, questa va spennellata con un cremina fatta con tuorli, zucchero e semi di una bacca di vaniglia. Dopo aver messo il salsicciotto di ripieno secondo il lato lungo della sfoglia, si arrotola a strudel e poi si acciambella ulteriormente il tutto.
Il rapporto tra peso del ripieno e pasta è di circa 3 a 1 in media. Prima di infornare a 180° C pennellare con uovo sbattuto. Cottura per 45’. Le gubane da cotte in genere pesano tra i 500 gr fino ad un chilogrammo.
Io la faccio come i miei nonni e mia madre cioè impasto per gubana che assomiglia a quella di Cividale farina uova zucchero burro e lievito per l’impasto burro o margherina pan grattato noci macinate pinoli e tostate vino e marsala senza canditi che nella nostra zona non esistevano
La “gubana” di pasta lievitata si chiama correttamente e documentalmente “gubana delle Valli del Natisone” o “putizza” o “potica” in sloveno. La “gubana” fatta con pasta sfoglia o pasta tirata si chiama correttamente “gubana di Cividale” o “gubana goriziana” o “presnitz”. Quindi gubana di Cividale e gubana delle valli sono due cose diverse!
Quindi la sua assomiglia NON alla gubana di Cividale, ma alla Gubana delle Valli del Notisone.
Mi scuso per la pignoleria, ma cerco di fare chiarezza “storica”, poi mi riendo conto che nella famglie, per tradizione, si sono magari usati i nomi sbagliati e questi sono entrati nella tradizione famigliare.
Non esiste nessuna gubana di Cividale. In quella citta non esiste una sola persona che abbia mai fatto la gubana in casa se non di origini slave e slovene delle valli del Natisone. Esiste la gubana delle Valli del Natisone che si chiama “gubanca”e basta. Tutto il resto sono solo invenzioni.
Gentile Signor Cengig, ogni affermazione per avere valenza storica deve essere documentata. Non conosco i documenti a supporto della sua affermazione, ma posso consigliare la lettura della ricerca storica della Contessa Perusini Antonini di Roccabernarda dove nel suo “Mangiar e ber friulano” riporta documentate le gubane di Cividale a base di pasta sfoglia. I ricettari di famiglie nobili di zona, come da aesempio quello dei de Claricini, confermano le mie affermazioni. ùla prima citazione della parola “gubana” è a Gorizia. Suggerisco la lettura della ricerca storica sul tema fatta dalla professoressa Mirmina dell’Università di Udine.