I Vini d’Alsazia che piacciono (sempre più) agli italiani!

L’Alsazia è una delle aree vitivinicole più settentrionali di Francia e d’Europa, con 119 comuni dei dipartimenti del Bas-Rhin e del Haut- Rhin, al confine con la Germania. I vigneti si estendono per una lunghezza di circa 120 km tra il Reno e il massiccio dei Vosgi, da Marlenheim a nord, all’altezza di Strasburgo, arrivando a sud fino a Thann, con una piccola enclave al nord dell’Alsazia vicino a Cleebourg.

Negli ultimi anni l’interesse nostrano per i suoi vini ha sempre registrato una crescita costante. Al dodicesimo posto tra i Paesi importatori di vini alsaziani a livello internazionale, nel 2016 oltre 500 mila le bottiglie importate in Italia con una crescita dell’AOC Alsace vini fermi pari a +14% in volume e +26% in valore, mentre l’AOC Crémant d’Alsace (lo spumante metodo classico) ha raddoppiato l’esportazione sia in volume che in valore.

Merito di questo successo va ad un mix di fattori umani e naturali. Tra i primi c’è sicuramente il CIVA, il Conseil Interprofessionnel Vins d’Alsace, e le sue campagne di comunicazione e promozione rivolte essenzialmente a enotecari,  ristoratori,  distributori, importatori, stampa di settore ma anche ad un pubblico che, grazie ad iniziative mirate è messo nella condizione di approfondire la conoscenza di questi vini. Non da ultimi i 4.000 viticoltori contadini che contano su un terroir più unico che raro, connubio perfetto tra vigneto, clima, suolo!

Con parole diverse ma ugual senso è quello che ci ha raccontato Foulques Aulagnon, Export Marketing Manager del CIVA, durante una degustazione con 10 etichette abbinate ai piatti dello Chef Danilo Angè.

15.500 gli ettari vitati che compongono la DOC (AOC) Alsace, il vigneto alsaziano è caratterizzato da colline di un’altezza media tra i 200 e i 400 metri e gode della vicinanza dei Vosgi che limitano le influenze oceaniche rinforzando la presenza di un clima continentale (estati calde e inverni freddi). Inoltre i venti provenienti da ovest hanno la tendenza a rallentare le precipitazioni abbondanti dalla parte occidentale dei Vosgi. Un clima secco, quindi, particolarmente favorevole allo sviluppo della vigna, che permette anche di contenerne i trattamenti, un’alternanza di giornate calde e notti fresche che favoriscono lo sviluppo di aromi complessi e la conservazione della freschezza e del frutto, che danno vini strutturati che ruotano attorno ad un’acidità matura.

Una storia geologica movimentata ha permesso la nascita di una moltitudine di tipologie di suolo. Ne sono state individuate ben 13 raggruppate in tre macroaree, ed ognuna influisce inevitabilmente sulla gamma dei vini prodotti. A ridosso della montagna si trovano terreni granitici e basalto, scistosi, vulcanici e di arenaria, sulle colline sotto i Vosgi ci sono terreni calcarei, marno–calcarei, marno–arenari, marno–calcarei–arenari, calcarei–arenari, argillo–marnosi, mentre in pianura abbiamo suoli colluviali, alluvionali e infine fangosi.

La produzione media annuale è pari a 1 milione di ettolitri, ossia 135 milioni di bottiglie prodotte, di cui circa il 90% di vino bianco. Vini che si raccontano e si identificano anche tramite la bottiglia alsaziana, la flûte del Reno, riconoscibile grazie alla sua forma slanciata, obbligatoria per tutti i vini fermi. Inoltre dal 1972, con l’obiettivo di rinforzare il legame con il territorio, i vini possono essere imbottigliati solo nella regione.

Le principali varietà utilizzate sono il Sylvaner, dal quale si produce un vino leggero e dal frutto discreto, il Pinot Blanc per un vino che esprime perfettamente gli aromi dell’acino d’uva, il Riesling, il cui bouquet esprime grande finezza, razza, con sottili aromi di frutta e fiori e che evolve in maniera unica in funzione del suolo sul quale cresce, sviluppando i suoi caratteristici aromi minerali. Il Muscat, un vino spontaneo e profumato, il Pinot Gris dalla grande complessità aromatica, struttura e carattere che spesso lo fanno preferire ad un vino rosso, il Gewurztraminer (di sicuro il più celebre vino alsaziano), ricco, esuberante, complesso e potente. Ed infine l’unico rosso che in regione riesci a tener testa ai bianchi d’Alsazia, quel Pinot Noir, che vinificato in rosé o in rosso esprime sempre la sua massima finezza.

Non è un caso che spesso abbiamo utilizzato il nome del vitigno come sinonimo del nome del vino, visto che l’Alsazia è l’unica regione francese dove il nome dell’uva è un elemento fondamentale dell’etichetta.

Sono vini che si possono considerare dei perfetti alleati a tavola, ecco quindi finalmente alcuni di questi abbinamenti proposti durante la degustazione tenutasi al Dream Factory di Milano.

AOC Crémant d’Alsace Perle Noire di Arthur Metz e AOC Alsace Pinot Blanc 2016 Lieu – dit “Kritt” di Domaine Kreydenweiss abbinati a quattro “aperitivi”: un salmone marinato alla barbabietola con panna acida, una sfoglia di fragola, gorgonzola e nocciole, un cannolo con tartare di fassone e acciuga, un macaron al caffè con foie gras.

In genere i Crémant d’Alsazia (Bianchi, Rosé o Blanc de Noir, Brut o Millesimati) si distinguono per la finezza delle bolle, la freschezza delicata, la raffinatezza degli aromi e sono gli spumanti metodo classico più bevuti in Francia dopo lo Champagne. Con 35 milioni di bottiglie prodotte rappresentano un quarto della produzione totale dei vini d’Alsazia. Quello degustato era un blend tra Pinot Blanc e Pinot Auxerrois (80/20), il primo dà rotondità e impronta aromatica, mentre il secondo porta in dote la sua struttura.

A seguire AOC Alsace Muscat 2016 “Sigillé St Etienne” di Cave de Cleebourg con un abbinamento che guarda a Sud: crema di burrata, tartare di gambero e polvere di capperi. Un vino secco, e non dolce come erroneamente si potrebbe pensare, dove si ritrovano gli aromi primari dell’uva di provenienza, grande freschezza e una componente salina che al palato contrasta molto bene la spiccata acidità. Un vino grasso, rotondo, avvolgente.

Al baccalà con crema di castagne e stoccafisso mantecato con cialde di polenta sono stati abbinati due Riesling Alsace AOC. Il primo, “Vieilles Vignes” 2016 di Domaine du Moulin de Dusenbach, proveniente da un vigneto di 35 anni su terreno sassoso e argilloso. Ancora un po’ giovane, dal frutto molto fresco e croccante, con lievi note di polvere da sparo. Una freschezza che allunga sul finale, un vino agile seppur caratterizzato da una grassezza importante.

Il secondo, Grand Cru Kirchberg de Barr Riesling 2015 di Domaine Vincent Stoeffler, si presenta di un colore giallo molto più carico, cresce su un particolarissimo terreno granitico-argilloso. Un vino ampio, aperto, molto più complesso del primo. Sulla lingua sembra quasi pizzicare per la forte impronta minerale (terreni ricchi di mica), zest di limone e freschezza quasi tannica a chiudere il tutto.

Il Pinot Grigio alsaziano (AOC Alsace Pinot Gris 2016 “André Lorentz” di Maison Klipfel quello presentato) è molto diverso dalla stragrande maggioranza di quello prodotto in Italia, che è il nostro vino più esportato ma forse anche quello più privo di personalità. In Alsazia è un vino speziato con note di pesca gialla matura, dalla grande struttura, acidità, freschezza e tensione. Un Pinot Grigio a cui piace giocare molto sui contrasti del piatto in abbinamento, delle orecchiette di grano arso con ragù di coniglio, limone e rosmarino, bottarga di muggine.

Guancia di vitello fondente, purea di zucca e arancia candita è stato il piatto per un abbinamento un po’ provocatorio: un Pinot Gris 2011 Lieu – dit “Grossi – Laüe” di Famille Hugel che ben si è comportato al cospetto del guanciale, grazie al suo ricco bouquet che mette in evidenza note di pepe bianco, miele, frutta tropicale e nocciole. Più canonica l’accoppiata con AOC Alsace Pinot Noir 2015 Lieu – dit “Meyerhof ”di Domaine Fernand Engel. Qui ritorna l’idea dell’Alsazia con il suo frutto dominante, con note agrumate appena accennate e una nuance fumé in sottofondo. Una freschezza che sostiene il sorso e gli allunga la vita.

Al dolce, babà agli agrumi con crema di ricotta di pecora, non si poteva non abbinare il più alsaziano dei vitigni, il Gewurztraminer senza umlaut, quindi alla francese poiché anche loro reclamano l’autoctonicità del vitigno ma soprattutto di questo clone molto più speziato (Gewurtz in alsaziano significa proprio ‘speziato’).

Il Grand Cru Vorbourg Gewurztraminer 2014 di Domaine Joseph Gruss è risultato più didattico, mentre il Grand Cru Kirchberg de Barr Gewurztraminer 2013 Lieu – dit “Clos Gaensbroennel” di Maison Willm, molto più ricco ed elegante, a rappresentare un po’ il cuore di questa terra.

[Photo Credit: Antonio Cimmino; CIVA, AZ Comunicazione]

 

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Antonio Cimmino

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