Il libro di cucina di Alice B. Toklas, comparso nel 1954 e appena ripubblicato in Italia da Bollati Boringhieri con il titolo di “I biscotti di Baudelaire” non è tanto una raccolta di ricette quanto un compendio di stile, ottimo cibo e ricordi di una vita non convenzionale. b. tokl
Americana di San Francisco, Alice B. Toklas incontrò Gertrude Stein al suo arrivo a Parigi all’inizio del ‘900 e quasi subito si trasferì da lei, in Rue de Fleurus 27. Insieme animarono un vivacissimo salotto artistico dove scrittori come Ezra Pound, Ernest Hemingway, Sherwood Anderson si mescolavano a pittori quali Picasso e Matisse di cui Stein era collezionista. Vissero insieme per quasi quarant’anni.
Fu proprio in Rue de Fleurus che Alice cominciò a cucinare: la domenica si cenava all’americana e toccava a lei cimentarsi. Prima in piatti semplici e poi via via più complicati fino al famoso tacchino del giorno del Ringraziamento con un ripieno di funghi, castagne e ostriche, visto che Gertrude Stein non riusciva a decidere se preferiva l’uno o l’altro.
“L’esperimento ebbe successo e venne ripetuto spesso; a poco a poco quel piatto entrò a far parte del mio repertorio, che si andava allargando sempre di più man mano che diventavo più audace e desiderosa di nuovi esperimenti”.Come il branzino preparato per Picasso, coperto di maionese gialla e rossa, uova sode passate al setaccio, tartufi e fines herbes tritate. Il pittore ne fu stupito e diede in esclamazioni di meraviglia ma poi aggiunse che forse sarebbe stato meglio prepararlo in onore di Matisse!
“Il libro di cucina” è un flusso di coscienza punteggiato di ricette, più interessanti da leggere che da replicare: un uso liberale di panna e burro rende molti dei piatti lontani dal gusto attuale. E’ invece un memoir di lettura piacevole ed avvincente. Ci sono capitoli dedicati alla tradizione francese basata sulla misura, le juste milieu, e sul rispetto per gli ingredienti. Si parla di assassinii in cucina (cucinare non è un passatempo soltanto piacevole) con la straordinaria descrizione dell’uccisione di una carpa : “la carpa era morta, uccisa, assassinata, assassinio di primo, secondo e terzo grado. Mi lasciai andare, priva di forze, su una sedia, e con le mani ancora sporche afferrai una sigaretta, la accesi e aspettai che arrivasse la polizia ad arrestarmi”.
Pagine molto divertenti sono dedicate alle due automobili della coppia, Zia Pauline e Lady Godiva ed alle ricette scovate grazie ad incroci mancati, coincidenze e guasti meccanici da riparare. Un intero capitolo tratta la spinosa questione dei domestici, dalla fedelissima Hélène che decideva tutto tranne, forse, i Picasso da comprare, a innumerevoli altri, la finlandese triste o il cuoco austriaco fuggito con una femme fatale lasciando in ricordo solo una superba torta viennese.
Parole lievi descrivono cibo e atmosfera del Bugey, regione al confine con la Svizzera dove le due donne erano sfollate durante l’occupazione. Alice nel 1940 aveva nascosto limoni e arance canditi, ananas e ciliegie e quasi un chilo di uva passa e li teneva in serbo per la torta di frutta della liberazione, che preparò davvero e mandò in dono al generale Patch, comandante della Settima Armata. Proprio nel Bugey, a Bilignin, Alice imparò, per necessità ma soprattutto per diletto, a coltivare l’orto.”Non c’è niente che regga il confronto, che dia soddisfazione, che ecciti, come la raccolta delle verdure che si sono coltivate. (…)Il giorno in cui vedevo i cestini pieni di verdure era il più bello dell’anno, per me. Il sole splendeva sull’arancio delle carote, sulle zucche rosse verdi gialle e bianche, sulle melanzane viola e sugli ultimi pomodori rossi”: una descrizione pittorica, degna della compagna di una grande collezionista d’arte.
Alice B. Toklas era anche un’avida collezionista di ricette e molte sono raccolte nel libro. Si parte dal Rosbif de Mouton di Alexandre Dumas padre per arrivare alla pizza napoletana di Fernanda Pivano, passando per l’omelette Aurore di George Sand e per i biscotti alla cannabis sativa del poeta beat Brion Gysin, “il cibo del paradiso… dei paradisi artificiali di Baudelaire. Bisogna rilassarsi e aspettare allegramente di piombare in uno stato di dolce euforia e scrosci di risate. Se vi lascerete andare, potrete provare quasi tutto quello che provò Santa Teresa”, annotava ironicamente l’autrice.
Come ironicamente rispose ad un amico che, messo a parte del progetto, le chiedeva preoccupato: ma, Alice, hai mai provato a scrivere? Come se un libro di cucina avesse qualcosa a che fare con lo scrivere – furono le sue parole.