Scarperia, un piccolo centro dalla lunga storia nel Mugello, ai piedi dell’Appennino, è da circa otto secoli il regno dei coltellinai, artigiani che trasformano l’acciaio, il legno e l’osso in oggetti di grande pregio e grande bellezza.
Fondato nel 1306 “in loco dicto la Scarperia” e a quei tempi chiamato Castel San Barnaba, il paese che avrebbe poi assunto il nome del loco in cui sorgeva si dedicò alla produzione di lame affilate, non sappiamo se per esigenze belliche o per fornire strumenti per i lavori agricoli.
Scarperia nacque come castello stabilito dalla Repubblica Fiorentina in un’area cruciale per il controllo dei transiti da una parte all’altra dell’Appennino, dal momento che di là passava, a quei tempi, l’unica via di comunicazione che da Firenze conduceva a Bologna, e la sua funzione fu anche quella di contrastare lo strapotere delle famiglie feudali della zona sottoponendo il territorio all’autorità di Firenze.
Nel 1415 divenne sede del Vicario, sorta di governatore rappresentante della Repubblica Fiorentina, che prese la residenza in una fortezza trasformata in palazzo, l’attuale Palazzo dei Vicari, la cui facciata è letteralmente tempestata dagli stemmi di famiglia di coloro che ricoprirono l’ambita carica.
Fin dal 1538 l’attività dei coltellinai fu regolata dagli “Statuti dell’arte gladiatoria dei coltellinai di Scarperia”, a dimostrazione dell’importanza della produzione delle lame nel paese: dai materiali da utilizzare alle tecniche di produzione ai rapporti tra Mastro coltellinaio e garzoni di bottega, ogni aspetto del lavoro doveva rispondere a delle norme precise, in un periodo in cui la felice posizione di Scarperia la rendeva un centro fiorente rinomato per la qualità dei suoi coltelli ben oltre i confini della Repubblica.
La fortuna del paese ebbe una grave battuta d’arresto con l’apertura della nuova strada del passo della Futa, nel 1752: i traffici imboccarono vie diverse, conducendo al declino dell’artigianato dei coltelli e di ogni attività economica, soprattutto quella dei locandieri, che viveva del passaggio di viaggiatori e mercanti. Seguì una breve ripresa ottocentesca, presto stroncata dalla legge Giolitti dell’8 novembre 1908: nel tentativo di porre un freno al proliferare di risse, ferimenti e omicidi, la legge stabilì che potessero essere portati liberamente solo coltelli con una lama di lunghezza non superiore a 4 centimetri, se a punta. Benché non fosse vietata la fabbricazione di coltelli di dimensioni superiori, ma solo il porto, la legge colpì duramente l’arte dei coltellinai, ma condusse anche alla nascita della mozzetta, un coltello privo di punta con lama di lunghezza superiore ai 4 centimetri consentiti, diventato poi tradizionale.
Oggi l’artigianato di Scarperia, gemellata dal 1993 con la celebre cugina francese Laguiole, vanta un numero piuttosto esiguo di coltellinai di grande qualità, che realizzano oggetti estremamente curati, spesso veri e propri capolavori da collezione, con metodi che naturalmente si sono evoluti ma conservano ancora in gran parte i pregi della lavorazione tradizionale, soprattutto nelle rifiniture, eseguite perlopiù a mano.
Coltelli da lavoro, da caccia, da tasca, coltelli tipici di ogni regione d’Italia, della cui tradizione Scarperia è diventata depositaria, tagliasigari, mannaie e splendidi coltelli da cucina ai quali si è affiancata la posateria da tavola. Lame in acciaio e in alcuni casi in argento, manici in legno o in corno; alcune curiosità come la zuava, il coltello tipico di Scarperia, con lama corta e punta a mezzaluna; un intero repertorio di nomi curiosi, dal palmerino alla pattada, e un vero e proprio giro d’Italia, tra coltelli maremmani e senesi, romani e bergamaschi, arburesi e casertani, calabresi e anconetani.
Tra tutti spicca il bellissimo coltello dell’amore, tradizionalmente donato in occasione del fidanzamento dal futuro sposo alla futura sposa, che costituiva una promessa di fedeltà piuttosto impegnativa, dato che la sposa avrebbe potuto farne uso contro il marito in caso di tradimento.
Una passeggiata per le strade di Scarperia può risultare tentatrice e anche costosa, ma ne varrà la pena. In ogni caso, non dimenticate di visitare il Museo dei ferri taglienti, allestito all’interno del Palazzo dei Vicari, e la sua Bottega del coltellinaio, che ricostruisce l’ambiente di lavoro e consente di far conoscenza con i metodi di lavorazione artigianale dei coltelli e persino di parteciparvi attivamente, avvicinandosi ai segreti di un’arte plurisecolare.