Kampot è una placida cittadina del Sud della Cambogia, stretta tra fiumi, laghi segreti e colline. Il pepe di Kampot è stato il primo prodotto cambogiano a godere della IGP (Indicazione Geografica Protetta) ed è certamente fra i migliori, se non il migliore del mondo.
Ci si può perdere, a Kampot. Si arriva per passare qualche giorno e non si riparte più: si guarda il fiume scorrere, si passeggia, si pensa. Si va alla scoperta delle piantagioni di pepe, spesso remote e immerse in una bellissima campagna. Sì, il pepe. Questi luoghi sono famosi proprio per la coltivazione del pepe: già nel XIII secolo l’esploratore cinese Tchéou Ta Kouan ne documentava la presenza, ma l’esplosione della “febbre del pepe” si ebbe soprattutto durante il periodo francese. Quasi tutto il pepe consumato in Francia (2100 tonnellate nel 1927 e 2600 nel 1928) proveniva dall’Indocina.
Durante la triste epoca dei Khmer rouge tutte le piantagioni ( e molto altro, a dire il vero) vennero distrutte – e solo recentemente si sta cercando di riportare la regione ed il prodotto ai vecchi fasti. Il particolare microclima della regione di Kampot e Kep, unita alla porosità del suolo delle colline Phnom Va che la circondano, rendono questa zona particolarmente adatta alla coltivazione del pepe, una pianta rampicante che comincia a produrre dopo tre anni e raggiunge il suo massimo dopo sei-sette anni e può arrivare fino a cinque metri di altezza.
Le piantagioni più grandi (come la Starling Farm) fanno crescere le piantine su torri di mattoni, ma la maggior parte dei contadini usa semplici bastoni come supporto. Ogni pianta produce in media 2.5 – 3 kg di pepe, in condizioni normali.
Esiste oggi un disciplinare che regolamenta la produzione: le piante possono essere solo delle specie Kampot Kamchay e Lampong , la propagazione avviene per talea, i fertilizzanti sono solo organici (letame, guano e a volte granchi d’acqua dolce). L’irrigazione è necessaria, e nella stagione seccca ogni pianta deve ricevere almeno 1,5 l d’acqua ogni 3 giorni. E’ vietato l’uso di pesticidi chimici, i contadini usano antiparassitari naturali derivati dalle piante.
La stessa pianta produce quattro diverse varietà di pepe: verde, nero, rosso e bianco.
Il pepe verde non è ancora maturo, lo si raccoglie fresco e lo si deve consumare entro tre giorni. Ha un meraviglioso sapore agrumato, perfetto con i famosi granchi di Kep.
Il pepe nero è il pepe verde lasciato essiccare al sole. Le bacche non ancora mature vengono raccolte a mano, sbianchite in acqua bollente e poi lasciate seccare per tre o quattro giorni su vassoi di bambù. L’aroma del pepe nero è forte ma delicato, con sentori di fiori, eucalipto e menta. Se conservato correttamente può durare anni. E’ adatto a tutti i piatti.
Il pepe rosso, molto più raro e costoso, deriva dalle bacche portate a maturazione sulla pianta, sbianchite e fatte seccare al sole per tre o quattro giorni. In questo caso mantengono il loro colore originale. Il sapore del pepe rosso è meno piccante, più dolce e rotondo di quello nero e può essere impiegato anche nella preparazione di dolci.
Il pepe bianco deriva dalle bacche lasciate maturare sulla pianta e lasciate in acqua bollente fino a che la buccia non si stacca. Dopo questo processo anche il pepe bianco viene lasciato seccare al sole. Il suo aroma è delicato, con sentori erbacei e di lime. E’ molto raro, solo poche centinaia di chili vengono prodotte ogni anno.
Speriamo che la qualità indiscutibile del prodotto aiuti le centinaia di famiglie che lo coltivano ad elevare il proprio reddito, negli anni a venire. La maggior parte della popolazione della Cambogia vive con un reddito pro capite di meno di mille dollari l’anno.
Ci spiace solo che qui da noi non si possa provare l’esperienza davvero unica di raccogliere un grappolo di bacche verdi da mangiare così, da sole. E’ un’ottima ragione per visitare la Cambogia, un Paese che ha molto da offrire oltre la meraviglia di Angkor Wat.