La coviglia svelata

Strana sorte quella della coviglia, un classico semifreddo della gelateria napoletana un po’ in ribasso in questi tempi di gelateria industriale e di omologazione.
Animatrice delle riunioni familiari e delle festicciole casalinghe per decenni, grassa e voluttosa, monogusto, decorata in modo spartano, porta un nome che non è conosciuto al di fuori del territorio urbano di Napoli, neppure in città della Campania come Caserta o Avellino, e che, fino a pochi anni fa, risultava etimologicamente oscuro anche agli stessi studiosi del dialetto partenopeo.

Se ne è occupato con competenza e passione Nicola De Blasi*, professore di Storia della lingua italiana presso l’Università Federico II di Napoli, portando all’attenzione una parola che sembrava italiana ai napoletani e dialettale agli altri.
La coviglia ha come segno distintivo quello di essere venduta e servita dentro caratteristici bicchierini un tempo di metallo, oggi generalmente di plastica, o coppe, sempre di metallo. Partendo da ciò, il professor De Blasi propone un’ipotesi etimologica secondo la quale il semifreddo prende il nome dal suo contenitore; fa risalire la parola coviglia allo spagnolo cubillo, che indica un recipiente destinato a mantenere fredda l’acqua da bere ed è il diminutivo di cubo, altra parola spagnola che indica un recipiente a sezione rotonda di metallo o legno, impiegato per contenere liquidi. A sostegno di questa ipotesi si riporta una citazione di Vincenzo Corrado, cuoco e gastronomo attivo a Napoli tra ‘700 e ‘800, che, nella ricetta di una “spuma di cioccolate” , scrive: “dopo qualche ora s’empiranno le cuviglie, o siano vasetti, e si metteranno a neve“. Si evince dal testo che le cuviglie erano, appunto, contenitori nei quali si collocavano spume dolci da tenere al freddo (“a neve”).
Le coviglie sono generalmente al cioccolato, alla fragola, alla nocciola, al caffè. Lo stesso semifreddo è utilizzato come ripieno degli spumoni, desserts costituiti da uno strato esterno di gelato e uno interno di semifreddo, dalla forma leggermente a cupola.

Questa la ricetta della base per coviglia del Maestro Paolo Fulgente, alla quale andrà aggiunta pasta di nocciole o purea di fragole o quello che si preferisce:

Coviglie (dose per otto pezzi)

150 g di uova
40 g di tuorli
100 g di zucchero
30 g di acqua
240 g di panna semimontata

Montare molto bene le uova e i tuorli. Cuocere lo zucchero con l’acqua portandolo a 121° e versarlo a filo sulle uova continuando a montare fino a raffreddamento. Unire la panna, con delicatezza, e aggiungere la pasta di nocciole (100 g), la purea di fragole o il gusto prescelto.
Versare in bicchierini e tenere in freezer. Non va sformata, e si serve dopo averla tenuta per dieci-quindici minuti a temperatura ambiente.

Se si preferisce una versione che può essere consumata appena estratta dal freezer, senza necessità di attendere, seguire queste dosi:

150 g di uova
40 g di tuorli
60 g di zucchero
20 g di acqua
20 g di zucchero invertito
20 g di destrosio
240 g di panna semimontata

Aggiungere il destrosio durante la fase di montaggio delle uova con lo sciroppo, spolverizzandolo sulla massa, e lo zucchero invertito alla panna mentra la si monta.

*Nicola De Blasi, Parole nella storia quotidiana. Studi e note lessicali, Napoli, Liguori Editore, 2009

            

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Giovanna Esposito

1 Commento Aggiungi un commento

  • […] Il termine è sconosciuto al di fuori della città di Napoli; sembra derivare dallo spagnolo cubillo, che indicava un recipiente dove si faceva raffreddare l’acqua. A sostegno di questa ipotesi è il brano del cuoco napoletano Vincenzo Corrado che, verso la fine del Settecento, scrive così in una ricetta di spuma di cioccolatte: “dopo qualche ora s’empiranno le cuviglie, o siano vasetti, e si metteranno a neve”. Le cuviglie, quindi, erano i recipienti messi a raffreddare che contenevano il dessert, che di conseguenza ne ha preso il nome (fonte: qui). […]

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