Nel 1991 Lawrence Norfolk, scrittore britannico, pubblicava il proprio romanzo di esordio, edito in Italia nel ’96 con il titolo La mirabolante avventura di John Lemprière, erudito nel secolo dei lumi.
Romanzo storico appassionante e colto nello stesso tempo, cosa che avviene di rado, a tratti ricordava un Dumas più sofisticato, per i suoi intrighi, le sue situazioni rocambolesche, i suoi affascinanti e foschi misteri.
La grande festa di John Saturnall, pubblicato in Italia nel 2013, è il quarto romanzo di Norfolk, e benché non sia, a parere di chi scrive, all’altezza del primo, riporta alla ribalta un autore che ancora una volta si distingue per la capacità di far vivere la Storia (maiuscola) nelle storie (minuscole) dei suoi personaggi, intrecciandola con il mito e l’avventura.
L’Eroe, John Saturnall, che inizialmente incontriamo con il nome di John Sandall, viene seguito da un’infanzia di emarginazione e persecuzione, a tratti dickensiana, fino a una maturità in cui il suo speciale talento gli procura un lavoro e una rapida carriera nelle cucine del cupo palazzo di Sir William Fremantle, costantemente in lutto per la morte di sua moglie, Lady Anne, avvenuta anni prima.
Lo speciale talento, quello che John chiama il suo “demone”, è una combinazione tra olfatto e palato prodigiosi, allenati a riconoscere erbe, spezie e frutti dagli insegnamenti della madre defunta; in realtà tanto John quanto sua madre sono i discendenti dell’antico “popolo di Saturno”, una sorta di umanità primigenia capace di vivere in armonia con la natura e in uno spirito egualitario, celebrando le gioie della vita, come in una favolosa (e pagana) età dell’oro.
Perduta l’armonia originaria con l’avvento della religione monoteista, del popolo di Saturno rimane un libro sul quale John viene istruito e rimane il mito del banchetto, rituale di condivisione che il cuoco è deputato a celebrare ma che è destinato ad accogliere tutti, uomini e donne, amici e nemici.
In una Inghilterra seicentesca che precipita verso la guerra civile, i personaggi principali che affiancano John sono accomunati dal rifiuto: i Lezionisti, fanatici religiosi, rifiutano la gioia; Sir William rifiuta la vita; Lady Lucretia, sua figlia, rifiuta il cibo. Il banchetto, all’opposto, esalta tutte e tre le cose e lo spirito di comunione, l’aspirazione alla felicità e John, tra alterne vicende, è destinato ad usare le sue rare doti per celebrarlo, a beneficio di tutti.
Seguendo un percorso che contiene molte delle funzioni della fiaba codificate da Propp, la storia si snoda per alcuni decenni fino al disvelamento finale, intervallata dalle elaborate ricette che John prepara nelle cucine di Sir William e che scandiscono una serie di passaggi fondamentali della sua vita. Ricette ispirate ad autentici piatti della cucina inglese del ‘600, giacché i romanzi di Norfolk sono sempre fondati su una minuziosa ricerca e pregni di erudizione. Peccato che l’edizione italiana sia priva delle belle illustrazioni e dei capilettera, evocativi di un’epoca e di una cultura.
Ma a dare un’impronta indimenticabile al romanzo è la ricorrente descrizione del lavoro nelle enormi e complesse cucine, tra fumi di spiedi, pentole da scrostare, creazioni fantasiose e scenografiche che sfiorano il livello dell’arte, forni perennemente accesi. Perché il vero protagonista del romanzo è il banchetto, costantemente presente anche soltanto come ideale o fine, persino nei periodi di fame e carestia; quel banchetto che i rigoristi religiosi respingono, come ogni altra gioia, distruggendo orti e frutteti, sradicando piante, bruciando e scavando.
Persino di fronte alla violenza più cieca, John, che custodisce e tramanda l’eredità del popolo di Saturno, non può credere che, come sostiene Master Scovell, capocuoco di Sir William, il banchetto “appartiene al cuoco“. Conserva viva la memoria degli insegnamenti materni, perciò sa che il giardino di Saturno da cui i suoi antenati furono scacciati e dispersi, quell’Eden in cui “i primi Uomini e Donne sedevano insieme in amicizia“, in cui “cresceva ogni Verdura. Palme fruttavano Datteri e il Miele colava dagli Alveari e nessuno era Padrone o Schiavo“, era destinato a chiunque.
E una volta che avrà sconfitto rabbia e rancori e trovato la sua strada, John Saturnall scoprirà il senso profondo delle parole di sua madre, all’inizio incomprensibili: “Per questo celebriamo il banchetto. Lo celebriamo per tutti loro“.
Lawrence Norfolk – La grande festa di John Saturnall – Frassinelli