Gorizia è famosa per i suoi radicchi, dal radicchietto “primo taglio” amorevolmente raccolto con le forbici, al lidric cul poc (radicchio con parte del fittone, pòc appunto in friulano), ma indubbiamente i più pregiati e rari sono il radicchio canarino e la rosa di Gorizia, un radicchio rosso che da oltre due secoli illumina con i propri colori il rigido autunno dell’estremo nordest d’Italia e che si presenta, come prodotto finito, identico ad una rosa di colore rosso intenso.
L’estetica basterebbe da sola a rendere unico questo prodotto, ma è quando il gusto incontra la sua delicata croccantezza e dolcezza a fare capire l’alta qualità e a cambiare per sempre la percezione sui radicchi invernali solitamente amari. Una coltivazione limitata solo alle campagne di Gorizia, tramandata di generazione in generazione e i cui segreti vengono gelosamente custoditi dai pochi produttori. Una prelibatezza per soli buongustai, croccante e dotata di sapore intenso da assaporare in purezza oppure da utilizzare per arricchire i migliori piatti della tradizione del Friuli Venezia Giulia.La Rosa è diventata una nuova star nel panorama dell’alta cucina internazionale e se la disputano chef come Norbert Niederkofler e Antonia Klugmann. La notorietà oltre i confini della regione è giunta nel 2010, quando si è tenuta l’edizione di Cook it Raw nel Collio ed a Gorizia sono arrivati chef come Bottura, Scabin, Narisawa, Redzepi ed altri. L’hanno interpretata nelle varie elaborazioni di cucina facendo capire come sia possibile utilizzarla nelle più svariate forme, dal cotto al crudo, sino ad arrivare alla versione sott’olio extra vergine di oliva.
Cerchiamo di capire insieme maggiori dettagli sulla pianta e sulla particolare tecnica di coltivazione.
Le due varianti di radicchio “Rosa di Gorizia” e “Canarino” sono entrambi ecotipi di Cichorium intybus, sono cioè delle varietà di cicoria selezionate dai contadini di Gorizia che ne custodiscono gelosamente sementi e segreti.
La rosa di Gorizia, il cui nome peculiare è dovuto alla forma a bocciolo di rosa del cespo, è caratterizzata da un colore rosso intenso o da un rosso con sfumature che portano al rosa, mentre il radicchio canarino ha le foglie giallo chiaro. Il sapore è dolce, particolarmente nel canarino, a differenza dei radicchi veneti che sono amarognoli, ed al palato risultano croccanti.La rosa esprime un’antica sapienza contadina e una grande manualità artigianale; l’espansione della città a discapito della campagna ha ridotto notevolmente la produzione di questo ortaggio, che originariamente era coltivato in più parti della piana di Gorizia e Salcano (ora in Slovenia), su terreno ghiaioso e particolarmente drenante.
Le origini di questo ortaggio non sono certe. Testimonianze orali riferiscono che i primi semi furono portati a Gorizia da un contadino, tale Vida, con campi nella zona nord della città, ritornato dal Veneto ai primi dell’Ottocento. Indubbiamente l’ortaggio si è adattato alle condizioni ed alle esigenze locali.
La prima citazione scritta, sicuramente riferita al Radicchio Rosa di Gorizia, risale al 1873 nei documenti del barone Karl von Czoernig von Czernhausen, funzionario boemo, direttore della statistica amministrativa dell’Impero asburgico, che si era ritirato a Gorizia, città considerata con il clima più mite dell’impero e che lui ribattezzò “la Nizza d’Austria”. In pensione il barone ha avviò un’elaborazione statistica delle coltivazioni del territorio della Contea di Gorizia e Gradisca “…negli orti di Gorizia… si coltiva la cicoria rossastra che in autunno viene trapiantata nelle stalle dove è esposta al calore degli animali e dello strame ed è molto apprezzata nei mercati…”
Sono le prime indicazioni scritte di come i contadini trattavano questa pianta.Ma come si ottiene questo ortaggio tanto pregiato e richiesto? Il procedimento non è affatto semplice.
Il seme viene selezionato e miscelato in formule segrete dalle varie famiglie di contadini goriziani che le custodiscono e tramandano di generazione in generazione. Mentre il comune radicchio di Treviso va in semina ad agosto e viene raccolto dopo circa 4 mesi, la rosa di Gorizia ha necessità di un ciclo molto più lungo. La semina è prima di Pasqua, lasciando poi che le comuni erbe infestanti invadano il campo. Queste ultime hanno un tasso di accrescimento molto più veloce della nostra Rosa, che viene quindi coperta, non vede più il sole, va in stasi e sviluppa un apparato radicale che giunge fino 30 cm di profondità. Durante l’estate dunque non ha così bisogno di essere innaffiata, perché trae sostentamento dalla profondità della terra, dalla quale ricava anche la componente ferrosa che poi ne colorerà il fiore. Non viene effettuata alcuna concimazione in copertura, un elevato apporto azotato risulterebbe dannoso, determinando un’eccessiva crescita delle foglie, a discapito delle qualità organolettiche della pianta e della resistenza al freddo.
Quando, mesi più in là, viene sfalciata l’erbaccia (ad altezza tale da non danneggiare il radicchio goriziano), la Rosa riprende la propria crescita impetuosa, fino a novembre.Sul mercato è disponibile da dicembre a febbraio, ma il procedimento che precede la messa in vendita è elaborato, motivo per cui il suo costo è elevato.
A ottobre la rosa raggiunge la dimensione ottimale e con le prime brinate il colore delle foglie diventa rosso. In questa fase è pronta per la raccolta che inizia verso la fine di novembre.
La raccolta viene effettuata manualmente, legando i cespi in mazzi fra la radice ed il cuore (un tempo la legatura avveniva con la segala bagnata in acqua bollente per renderla più morbida). Viene portata a casa e, mazzo per mazzo, vengono accorciate le foglie fino al cuore. Si mettono poi i mazzi così legati e puliti con le radici in un letto di trucioli di legno bagnati e macerati o in una miscela di terra e torba, uno a fianco all’altro; vengono poi leggermente annaffiati e lasciati così al buio ed al calduccio.
La forzatura, che dura dai 15 ai 20 giorni, è l’operazione fondamentale per la buona riuscita del prodotto: il radicchio riprende a vegetare e sviluppa il cuore, acquisisce un sapore dolce e le foglie diventano croccanti, oltre che a prendere il caratteristico colore rosato nella rosa di Gorizia ed il caratteristico giallo chiaro del Canarino.
La forzatura prevede il mantenimento delle piante al buio (si usano o vecchie trincee della guerra o cantine buie) per circa 15 giorni a temperature comprese tra i 10-12°C circa; durante questo periodo le piante devono essere bagnate 2-3 volte per conferire croccantezza alle foglie.Nel passato i contadini accatastavano i mazzi di radicchio sul letame nelle stalle che con il calore liberato dalla fermentazione, preservava il radicchio dai danni provocati dal freddo, ne conferiva il colore rosato e favoriva la formazione della tipica forma a bocciolo di rosa.
Dopo la forzatura, per andare sul mercato il radicchio necessita di una toelettatura. Al momento della preparazione per la vendita e del consumo, normalmente la sera, i mazzi vengono tolti dal loro letto, vengono slegati, si tolgono via le foglie esterne, la radice viene accorciata e ne viene lasciato solo un tocchetto che serve a mantenere intatta la forma della rosa e ad aumentare la conservabilità. Lo scarto è di circa l’80%. Viene quindi più volte lavato per eliminare eventuali impurità. La mattina successiva, prima di essere portato al mercato, viene nuovamente messo su un banco e ricontrollato ad uno ad uno. Con questo ultimo passaggio e dopo tutte le lavorazioni il radicchio è pronto per il consumo.La Rosa di Gorizia è riconosciuta come PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) della Regione Friuli-Venezia Giulia. I produttori locali sono riuniti nell’Associazione Produttori Radicchio Rosso di Gorizia, Rosa di Gorizia e Canarino, costituita nel 2010 con l’intento di valorizzare l’unicità del prodotto e di ricordarne i tradizionali confini di coltivazione all’interno del comune di Gorizia. Il comune stesso ha conferito all’Associazione Produttori Rosa di Gorizia e Canarino la denominazione comunale, De.Co., ed ha incaricato la stessa di vigilare sul rispetto del disciplinare di produzione.
L’associazione ha ottenuto la certificazione di Marchio Collettivo Italiano ed è in attesa del riconoscimento come Marchio Collettivo Europeo.
A difesa dell’originalità e della qualità di questo prodotto si è schierata l’Associazione Slow Food che collabora alla tutela di questa specialità gastronomica con un presidio.Il radicchio è da assaporare possibilmente crudo, tagliato il meno possibile per evitarne l’ossidazione e accompagnato da patate lesse, fagioli lessati, uova sode a spicchi oppure condito con olio d’oliva, aceto di vino e sale. Anche la piccola radice è ottima da mangiare, tagliata sottile e unita all’insalata.
Così bella, così buona, così dolce, così rara e inevitabilmente cara: la Rosa di Gorizia sul mercato di Gorizia vale sui € 20-25 al chilogrammo, ma sulla piazza di Milano arriva a 40!
Foto dal sito di
Azienda Agricola Lucia
Via Molin, 17
33057 Palmanova (UD)