Fin dall’antichità i più illustri poeti e storici hanno cantato le lodi, le gioie ma anche i dolori della Situculosa Apulia, in particolare del Salento, “Terra sitibonda ove il sole si fa vino” (Dante).
Terra rossa dalla pacifica convivenza di viti e ulivi, il cui vigore è saziato dalla presenza delle rocce calcaree, i cui fiumi finiscono negli inghiottitoi carsici, modellata da “Lu sule, Lu mare e Lu ientu”, che si ritrova in ogni appassionato sorso di Negroamaro, il vitigno principe del Salento, che meglio ha goduto di queste caratteristiche.
Sono lontani i tempi in cui il Salento era il serbatoio vinicolo delle “Cantine del Nord” e forniva quel vino da taglio che ha fatto grandi nel mondo tanti territori italiani e non solo.
La svolta, il vero rinnovamento, prima culturale e poi produttivo, è da attribuire a “personaggi” come Severino Garofano, enologo, che a soli vent’anni si trasferisce da Avellino a Copertino, dove lavora per 45 anni come Direttore Tecnico della locale cantina cooperativa. Nel 1995 fonda la sua azienda, Severino Garofano Vigneti e Cantine, rilevando una storica tenuta della zona, con sede in Masseria Li Monaci, le cui testimonianze risalgono all’anno Mille, periodo di insediamento nell’area di monaci bizantini, divenuto in seguito nucleo centrale su cui sorge l’odierna Copertino. Nasce così la storia dei Garofano come produttori di vino.
Il suo nome è indissolubilmente legato al Negroamaro, ed è forse uno dei pochi produttori che sia riuscito ad addomesticarlo, a comprenderlo, a seguirlo da vicino, giorno dopo giorno nella sua evoluzione sia in vigna sia in cantina, ma soprattutto gli ha reso omaggio e l’ha nobilitato con alcune delle sue creazioni, dal Patriglione ideato per Cosimo Taurino, passando per il Gratticiaia realizzato per Agricole Vallone, fino ad arrivare al suo Le Braci.
Se gli chiedete qual è il suo miglior vino, vi risponderà sempre il “Negroamaro della cantine sociale di Copertino!”
Oggi, l’ “enologo del Negroamaro”, dopo ben sessanta vendemmie, ha lasciato il testimone ai figli Stefano e Renata che, seppur nel rispetto della filosofia paterna e delle tradizioni, portano avanti l’azienda con spirito rinnovato e innovativo.
I cambiamenti, alcuni legati ai mutamenti climatici e altri conseguenti all’evoluzione della vigna e alla maturazione in cantina, si son potuti apprezzare in una degustazione verticale de Le Braci (“Così un sol calor di molte brage si fa sentir…” – Dante), organizzata dalla Delegazione Regione Lombardia della Fondazione Italiana Sommelier, condotta da Maria Clara Menenti, docente della Fondazione, Daniele Rigillo, Presidente della delegazione lombarda e Stefano Garofano, che ha visto protagoniste le annate 2000 (la prima prodotta), 2001, 2003, 2004, 2006, 2007 (l’ultima in commercio).
Il fil rouge per Le Braci è l’armonia, una complessità olfattiva di rara eleganza, le note di liquirizia e cannella che si fondono con sentori di frutta sotto spirito e profumi di macchia mediterranea, la persistenza, la sontuosità del tannino, la struttura, ricca e complessa, figlia della ricerca maniacale del bilanciamento tra surmaturazione e avvizzimento dell’acino sulla pianta, una piacevole vena amarognola tipica del Negroamaro, non più marcata come un tempo. Sapidità molto territoriale e grande acidità che lo rendono longevo ma soprattutto gli danno quel tocco di agilità nella beva.
Il Negroamaro de Le Braci è allevato rigorosamente ad alberello, da una vigna di quasi 50 anni, anche se i nuovi impianti sono a cordone speronato a doppio braccio incrociato, un sesto d’allevamento un po’ particolare e forse unico nel suo genere, creato per imprimere una maggiore linearità e per avvicinare i grappoli al tronco.
La vendemmia non è più tardiva come un tempo (seconda decade di ottobre) ma è anticipata di una quindicina di giorni, proprio a causa degli andamenti climatici che hanno aumentato il rischio di piogge proprio durante il periodo di surmaturazione. Il vino matura in barrique di rovere francese di primo passaggio per almeno 1 anno, ulteriori quattro anni in vasche di cemento ed è lasciato affinare in bottiglia per almeno 18 mesi prima di essere immesso in commercio.
Le Braci 2007
Il Negroamaro tende per sua natura verso il rosso granato, ed anche quest’annata non è da meno. Potente, intenso, dalle note un po’ selvatiche, al naso risaltano sentori di more mature che virano verso la macchia mediterranea. Pian piano emerge la terra salentina, quella bagnata, l’humus, alcune spezie ed un finale balsamico. Anche la bocca è piena, strutturata, acidità e sapidità in prima linea e un tannino che accarezza il palato. Una piena corrispondenza naso-bocca, un vino dalla lunga persistenza sintonizzata su note chinate di rabarbaro.
Le Braci 2006
Un’annata molto singolare, con delle nevicate tra gennaio e febbraio. Il colore è caratterizzato da piccoli riflessi aranciati, un vino dall’importante consistenza. Al naso è meno chiuso, molto più speziato e con la tipica macchia mediterranea in evidenza. Regala poco frutto, è un Negroamaro austero, per niente piacione, si presenta con dei caratteri aristocratici. I toni balsamici sono appena accennati, lo speziato è lievemente piccante, diventa predominante e gli attribuisce eleganza. In bocca grande forza gustativa, caratterizzata da una nota dolce, morbidezza, sapidità e freschezza sono fusi in un tutt’uno, in un avvolgente abbraccio con il resto degli elementi. Il finale è caratterizzato da una nota citrina.
Le Braci 2004
Annata dall’estate torrida, ma con consistenti precipitazioni invernali. Profumi austeri, toni di prugna appassita, gelso e sottobosco, sentori balsamici mentolati, leggermente piccante (pepe nero e cardamono) a rappresentare la terra calda di Copertino. Bocca morbida ma fresca, una sapidità ben presente che corre lungo tutto il suo finale.
Le Braci 2003
Annata molto calda con piogge settembrine che hanno reso difficile la vendemmia. Alla vista in evidenza la tipica carica antocianica del Negroamaro, quel rosso granato mescolato a sfumature aranciate.
Un vino che si concede con diffidenza, un frutto nero corposo e vellutato, che deve ancora esprimere il meglio di sé. Si combina con sentori di muschio e legno, il balsamico pian piano lascia spazio alle erbe aromatiche e ai fiori di senape. In bocca è potentissimo, mai seduto, grande esuberanza a ribadire la sua presenza, con un frutto molto ricco ed una nota inchiostrata lievemente ammandorlata.
Le Braci 2001
Climaticamente eccezionale per il Negroamaro. Poco più di 400 mm di pioggia, venti caldi e freschi si alternavano durante le giornate. Più caldo e snello nel bicchiere, seppur del 2001, è il floreale ed il fruttato esplosivo ad impressionare, sentori di amarene ancora croccanti, macchia mediterranea in evoluzione, visciole sottospirito. Elegante, suadente, con toni di Ginepro e Mirto appena accennati.
La bocca è piena, un frutto rosso acidulo che dona vivacità e freschezza a un vino che non dimostra affatto i suoi anni.
Le Braci 2000
Il colore tende in maniera più evidente all’aranciato, al naso note selvatiche, cuoio, toni legnosi, un leggero mentolato ed un tappeto di frutti scuri che accompagna il tutto. In bocca quel vigore dell’anno 2000 che non ti aspetti, è forte, rigoroso, in continua ricerca del giusto amalgama, un po’ scontroso ma al tempo stesso possiede una grande armonia ed un tannino che accarezza la lingua. Nel finale tutto scompare di fronte al frutto passito in grande evidenza.
Le ultime due annate sono accomunate dall’incredibile presenza di un frutto ancora così vivo e fresco, come due eterni giovincelli che non ne vogliono proprio sapere di invecchiare e mettersi da parte!
Insoliti Abbinamenti
In chiusura, per festeggiare i 140 anni della storica azienda dolciaria Maglio, sono state abbinate le sue creazioni di cioccolato con Le Braci: amarena infusa in cherry e avvolta nel cioccolato fondente, chicchi di caffè tostato avvolti in cioccolato (dragées), fichi ricoperti di cioccolato fondente, scorze di arancia candite, infuse in distillato di marasca e ricoperte di cioccolato fondente.
Abbinamenti insoliti e molto azzardati, per i più scettici o cultori, ma un connubio che centra l’obiettivo quando questo è puramente “emozionale”. In fondo il vino è anche una questione emozionale oltre che personale, quindi perché non farsi trasportare dai propri sensi e ritrovare un proprio gusto e piacere in nome delle eccellenze di questa terra salentina?
[Photo Credit: Antonio Cimmino e Fondazione Italiana Sommelier - Lombardia]