Le intolleranze alimentari: guarire si può

Si sente sempre di più parlare di intolleranze alimentari. Ma in cosa sono diverse dalle allergie? Abbiamo chiesto a Veronica Pacella, nutrizionista, di fare un po’ di chiarezza sull’argomento.

La differenza fra allergie e intolleranze sta nel fatto che entrambe stimolano una reazione del sistema immunitario ma in modo diverso.

Le allergie alimentari (o ad altre sostanze diverse dagli alimenti) scatenano una reazione immediata del sistema immunitario, di fronte ad una sostanza definita “allergene” con sintomi improvvisi e acuti che si manifestano nell’arco di pochi minuti. Le allergie coinvolgono la produzione di Immunoglobuline E, responsabili della reazione allergica, da parte dei Linfociti B.

Le intolleranze invece rappresentano la risposta più lenta del sistema immunitario che si verifica quando l’organismo viene a contatto più volte con uno stesso alimento verso il quale supera la cosiddetta “soglia di tolleranza”.   La soglia di tolleranza è molto soggettiva e rappresenta il limite di accumulo oltre il quale il corpo diventa incapace di smaltire quel cibo (o sostanza) in modo efficace. Al superamento del valore di soglia si manifestano o accentuano sintomi intestinali e/o extra-intestinali. Le intolleranze coinvolgono le Immunoglobuline A, responsabili della risposta tardiva, prodotte dai Linfociti B.

Recenti studi dimostrano che il fenomeno delle intolleranze rappresenta un modo che l’organismo ha di comunicare con noi per farci capire che non riesce più a metabolizzare un cibo e che ha bisogno di una pausa.

E’ vero che sono aumentate e nel caso, perché?

Sì, le intolleranze come anche le allergie alimentari stanno aumentando. Penso che la spiegazione possiamo trovarla nel nostro modo di alimentarci. Ai tempi dei miei nonni (ma anche dei miei genitori) il cibo passava direttamente dal produttore al consumatore. Ora la catena alimentare si è allungata sempre più, prevedendo tappe nel confezionamento dei cibi che diventano sempre più manipolati con l’aggiunta di sostanze che ne allungano la conservazione e che ne esaltano il sapore. Stiamo perdendo il contatto con il sapore del cibo, con i cicli della natura e con la stagionalità degli alimenti, cosa che si ripercuote inevitabilmente sui disturbi collegati ad un’alimentazione poco variata e naturale. Quanti alimenti freschi abbiamo nel frigo? Quanti alimenti crudi inseriamo nei pasti durante la giornata? Da quello che vedo durante le mie consulenze molto pochi. Ma soprattutto: come facciamo a pensare davvero che un cibo confezionato sia la scelta migliore per noi o per i nostri figli? Vorrei ricordare che è il consumatore a direzionare la grande distribuzione, come dimostra il fatto che negli ultimi anni ogni supermercato ha un angolo dedicato al biologico. Questo ci rende responsabili non solo delle nostre scelte ma anche delle scelte che permettiamo di fare quando si tratta del cibo che acquistiamo.

Quali sono le più comuni?

Le intolleranze più comuni sono quelle ai latticini, al grano, ai lieviti e ai solfiti (queste ultime sono sostanze che si trovano negli alimenti confezionati e nel vino). Un fenomeno crescente è quello della Gluten Sensitivity, una sensibilità al glutine che manifesta sintomi simili a quelli della celiachia (malattia autoimmunitaria) come scarsa digestione, meteorismo, stipsi o diarrea, emicrania, etc.. ma che risulta negativa alle analisi di routine per la malattia celiaca, come a dire: il glutine dà fastidio, ma quando viene assunto non provoca danni come nella Celiachia, in cui il sistema immunitario prende di mira le cellule intestinali.

Ha ragione Speciani quando dice che è possibile recuperare la tolleranza?

Ho avuto la possibilità di approfondire con il team del Dr. Speciani la parte sulla dieta Gift e sulle intolleranze. Il Dr. Attilio Speciani è un medico immunologo e allergologo che da anni documenta molto bene il fenomeno delle intolleranze alimentari supportate da studi scientifici in continua evoluzione in questo campo, un tempo bistrattato dall’allergologia. Nella mia pratica professionale ho sperimentato in prima persona come sia possibile recuperare la tolleranza perché come dicevo, a differenza delle allergie, le intolleranze sono un fenomeno di auto-intossicazione dell’organismo che ci sta dicendo: “Hey, vacci piano con quest’alimento perché mi da fastidio, non riesco più a metabolizzarlo!”.  Il corpo comunica sempre con noi, in moltissimi modi, sta a noi ascoltarlo.

E’ possibile quindi recuperare la tolleranza organizzando l’alimentazione in modo da escludere l’alimento (o gli alimenti) a cui si è intolleranti per un paio di giorni di astinenza nell’arco della settimana, facendo attenzione a non escluderlo mai completamente. Va da sé che questo è un suggerimento generico da adattare alla situazione e alla capacità digestiva della persona.
A tal proposito, nel mio lavoro ho capito che ogni intolleranza è sempre accompagnata da un disturbo digestivo che si manifesta ad un qualche livello del sistema digerente (stomaco, fegato, intestino, pancreas) seguito da una pesantezza digestiva più o meno accentuata.
Escludendo l’alimento per un breve periodo è possibile ripristinare gradualmente la tolleranza, lasciando al termine del percorso almeno uno o due giorni di astinenza da quel cibo nell’arco della settimana.

La dieta di elimazione ha un senso?

Ha un senso se viene seguita per un breve periodo. E’ importante organizzare l’alimentazione in modo che l’organismo resti sempre un po’ in contatto con il cibo “proibito”, altrimenti la dieta di eliminazione potrebbe avere effetti peggiori di una dieta in cui si alternano giorni di astinenza a giorni in cui l’alimento intollerante viene introdotto.
Le situazioni variano in base a diversi fattori, come il tipo di intolleranza, la situazione della flora batterica intestinale della persona, se c’è o meno disbiosi, se mancano degli enzimi digestivi. I tempi di recupero sono quindi vari e molto soggettivi. Fra le situazioni elencate è importante verificare la presenza della Disbiosi intestinale, cioè il fenomeno di alterazione della flora batterica intestinale in cui avvengono processi di fermentazione o putrefazione. Questi possono sfociare nel tempo nella cosiddetta Leaky Gut Syndome (sindrome dell’intestino gocciolante), in cui l’intestino perde la sua impermeabilità, diventando permeabile e lasciando passare cibo poco digerito, sostanze, tossine o batteri opportunisti che in altri distretti diventano patologici, come ad esempio nel caso delle cistite e della candida.

Una cosa indispensabile che va al dì la dei test, secondo me, è quella di chiedere un feedback al paziente ed educarlo ad ascoltare i segnali del suo corpo ogni giorno.

Poiché il fenomeno delle intolleranze è complesso, lo approfondisco periodicamente sul blog di Incibus: http://blog.incibus.com/author/veronicap , una nuova piattaforma che permette all’utente allergico o intollerante, di trovare un ristoratore che abbia alimenti adatti alla sua situazione, con la possibilità di consultare il menù online.

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Daniela Acquadro

2 Commenti Aggiungi un commento

  • Salve! Ho scoperto da poco, tramite analisi del sangue, di essere intollerante al grano, al latte, ai pomodori, alle carote, agli arachidi ed un pò all’albume. Seguendo le indicazioni del nutrizionista, sto seguendo una dieta specifica della durata di almeno 5 mesi per poi ripetere le analisi e controllare i valori di intolleranze ma la mia domanda è : per le intolleranze riguardanti grano, pomodoro e latte, che sono le più alte avendo per il primo 3,36 KU/L per il pomodoro 1,32 e per il latte 0,85, è possibile che in pochi mesi i valori rientrino nella norma seguendo una dieta che li esclude completamente?
    Grazie

    • Buongiorno Erika, le consiglio di rivolgersi ad un esperto (cosa che mi pare stia già facendo) Noi qui raccontiamo storie di cibo, diamo spunti per informarsi meglio, ma non ci avventuriamo con diagnosi e consigli che non saremmo in grado di dare. Buona fortuna!

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