“Calzoni lunghi e caparèla, corrono i bambini per i campi di febbraio; sui solchi gelidi e secchi raccolgon sarmenti da portar nell’aia e quando si avvicinano a casa fanno a gara a chi raggiunge prima la finestra. L’alito caldo diventa un disegno al dito, un sole, una faccia, una parolaccia. È la festa dei fuochi quella che porta dall’inverno alla primavera, quella che per devozione si celebra nei campi di tutta la Romagna. Si fa merenda con pane, burro e zucchero, con castagne bollite e pestate, bagnate di zucchero e saba e poi si corre di nuovo, che poi arriva la sera e si deve ballare e cantare e saltare il fuoco”
Dal 27 febbraio al 3 marzo in tutta la Romagna va in scena “lòm a mêrz”, lumi a marzo. Di questo vi racconto oggi, di tradizioni che arrivano da lontano, del mondo contadino che ha sempre un rito per ingraziarsi il divino e sperare in un raccolto buono, del tributo al sole attraverso il fuoco, delle origini celtiche e dello stare insieme, dell’ascoltare e del fare.
Coltivare la terra ha significato, nel passato, la capacità di percepire i ritmi della natura e di vivere in armonia con lei. Erano il sole e la luna a indicare i cicli e il tempo. E sempre al sole e alla luna erano affidati il raccolto e la buonasorte.
Si pensa che il rito pagano dell’accender fuochi propiziatori avesse a che fare con il capodanno (e fino al calendario di Numa il primo dell’anno era il 1 marzo, con il calendario di Romolo il 15 marzo), con la festa di Imbolc (candelora e l’accender candele), con il celebrare la fine del periodo buio e salutare la nuova luce, il sole. Entrano nel calderone anche i fuochi di San Giuseppe, le focarine e la fogaraccia (la ricordate citata in apertura del film Amarcord di Fellini?)
Con le potature dei tralci di vite, “sarmenti”, si formano pire nei campi, nelle aie e nei trebbi. Ci si mette intorno a girotondo, ci si prende per mano e si canta per salutare l’arrivo della bella stagione. Il più atletico della compagnia può tentare il salto del falò, che porta culo fortuna. Si mangia quel che ogni azdora ha preparato e in molti si portano la braciola o la salsiccia da casa e la cuociono sulle graticole nell’aia, ovunque si finisce in baldoria con vino e ciambella.
“Lom a merz con una spiga us fa un qert
Un qert , una qarantarola par libares da la lona vecia
parchè e vegna la lona nova”
Grazie al lavoro dell’associazione “il lavoro dei contadini” Lòm a mêrz si è evoluto e oggi il calendario degli eventi è denso e pieno di appuntamenti collaterali. Il turista enogastronomico curioso dovrebbe segnare a calendario quale e quanti, ma ancor meglio, cercare di farseli tutti, i fuocherelli. Dai balli antichi con la Carampana, alle zirudèlle di Roberto Amadio, dalle storie di Romagna di Gurioli, alle ceramiche di Anna Tazzari, dal ferro battuto di Brunelli, alla fisarmonica di Flavio Marchi, ben sapendo che prima di ogni spettacolo si saluta il sole, il fuoco e si mangia e si beve.
qui il calendario completo. Buon fuochi magici a tutti.27