Amsterdam, capitale dei Paesi Bassi, è un vero paradiso per chi ama assaggiare la cucina di tutto il mondo. Questa ospitale città dall’aspetto severo, in cui si può fare, volendo, il giro delle cucine del globo, offre alcuni snacks tipici olandesi a chi non ha problemi di colesterolo.
Le strade cittadine pullulano di negozi e chioschi dove poter afferrare al volo qualcosa da mangiare mentre si fa shopping, si è in pausa pranzo o si sta andando o tornando a casa dal lavoro.
Hamburger e patatine delle diverse catene internazionali di fast food sono presenti in modo evidente anche qui. Soprattutto l’hamburger sta vivendo un momento d’oro, grazie a giovani imprenditori olandesi che offrono carne di qualità in locali trendy. Tuttavia, la polpetta grigliata non è ancora riuscita a spodestare alcune specialità locali.
Mangiare in fretta
Molti locali che offrono un boccone veloce all’affamato frettoloso dispongono anche di qualche minima possibilità per il cliente di ripararsi dalle intemperie. Di solito si tratta di un angolo del negozio stesso, una mensola dove sbocconcellare, per lo più in piedi, il pasto veloce, oppure semplicemente una tettoia davanti al locale. Nei principali grandi magazzini ci si può rifocillare, tra una compera e l’altra, con una fetta di torta e una tazza di caffè oppure con un filetto al pepe verde e un bicchiere di vino. Soprattutto in alcune vie del centro sempre affollate da turisti, come la Damstraat, la Kalverstraat e la Leidsestraat, e in quelle piene di negozi dei quartieri più periferici e dei centri commerciali, non manca affatto la possibilità di mettere qualcosa sotto i denti.
Mangiare dal muro
Il locale olandese più importante nel settore della ristorazione veloce è lo snackbar: con questo nome si intende una friggitoria in cui si preparano crocchette, patatine, frikandellen (sorta di hotdog fritti di cui è meglio non leggere gli ingredienti) e innumerevoli snacks simili, oltre naturalmente agli onnipresenti hamburgers. Si tratta di cibi surgelati pronti e le bevande in menu sono analcoliche; per la birra e altri alcolici occorre possedere una licenza speciale. L’arredo è essenziale: oltre alle grandi friggitrici ci sono di solito un bancone frigo e qualche tavolino con delle sedie, ma senza servizio al tavolo. Il più delle volte si mangia in piedi, oppure si porta via il cibo.
Tra le catene di snackbars ce ne sono alcune che hanno adottato da almeno mezzo secolo un sistema chiamato automatiek: inserendo alcune monete nel distributore a tutta parete accanto allo snack prescelto, si apre lo sportelletto e si può prendere quanto desiderato. L’inserviente dall’altra parte del distributore riempirà i piccoli loculi man mano che si svuotano. Nei migliori distributori, gli snacks invenduti vengono gettati dopo 15 minuti. Mangiare uno snack da un automatiek viene definito “mangiare dal muro”.
Patat o friet?
È lo stesso nome per indicare le patate fritte: a nord del Reno gli olandesi dicono patat, a sud dicono friet (pronuncia frit). I belgi reclamano la paternità dell’invenzione e punteggiano il proprio paese di frietkotten, friggitorie, solitamente mobili (si veda anche questo bell’articolo di Giovanna Esposito). Ma anche i francesi se ne dichiarano inventori, ed è arduo decidere se sono più buone le Vlaamse frieten o le French fries.
Gli olandesi seguono comunque la lezione belga della doppia frittura. Innanzitutto il tipo di patata deve essere ricco di amido ed avere una polpa bella compatta, come le Bintjes e le Agria. Con un’apposita taglierina si ricavano dei bastoncini regolari che vengono poi immersi in acqua salata per un breve periodo di tempo, in modo da far loro perdere una parte dell’amido superficiale che in frittura li farebbe attaccare l’uno all’altro. Le patate si friggono poi a 150° C per circa 5-10 minuti, cioè fino a quando sono cotte all’interno ma non ancora colorite. Scolate, vengono messe in cestelli proprio sopra la friggitrice, in attesa dell’arrivo del cliente. Le porzioni di patate vengono quindi fritte a 180° C per alcuni minuti finché diventano belle calde, croccanti e dorate.
Nelle friggitorie di tradizione belga le patate vengono mangiate in un cartoccio di carta, solitamente con le mani, mentre gli snackbar preferiscono la scodellina di plastica con vaschetta separata per le salse. Sì, perché è impensabile mangiare le patate fritte senza intingerle in una salsa. Nel menu di tutti gli snackbars olandesi troviamo al primo posto patat met, letteralmente “patate con”, cioè con frietsaus, una maionese piuttosto consistente; al secondo abbiamo patat speciaal (con maionese e ketchup oppure salsa al curry) e al terzo patat oorlog (letteralmente “patate guerra”) con maionese e satèsaus, la speziata salsa alle arachidi di origine indonesiana, spesso accompagnate da cipolla cruda. Ho visto anche patat burgeroorlog: tradotto letteralmente “patate guerra civile”, un gioco di parole per indicare patate fritte con maionese, salsa alle arachidi e un hamburger (burger in olandese significa “civile”). Una delle più rinomate friggitorie di Amsterdam è Vleminckx, nel Voetboogsteeg. Trovarla è facile, basta accodarsi alla fila che esce dal secondo vicolo a sinistra sulla Heilegeweg, venendo dal mercato dei fiori.
Crocchette, bitterballen e vlammetjes
Le crocchette sono uno dei fast food più amati dagli olandesi: le servono ovunque ci sia una friggitrice nei paraggi e non mancano praticamente mai sul menu di mense scolastiche e aziendali. Sono talmente amate che McDonald’s nei Paesi Bassi propone il McKroket: un panino con una crocchetta delle stesse dimensioni di un hamburger.
La storia delle origini delle crocchette olandesi è controversa, ma il giornalista gastronomico olandese Johannes van Dam in un suo trattato sulle crocchette afferma di averne trovato i natali in un ricettario rinascimentale francese. Comunque siano nate, la ricetta più classica prevede un ragout (uno stufato a cui è aggiunto un roux di farina e burro) di carne di manzo o vitello bello denso, fatto freddare e rassodare, quindi tagliato a bastoncini, arrotondato e coperto da una doppia impanatura. Con la frittura l’esterno diventa bello croccante e l’interno quasi fluido ed estremamente bollente: attenzione alla lingua, è facile bruciarsela. La crocchetta si mangia da sola oppure con un panino morbido, e fa chic mangiarla con pane bianco imburrato (ma allora si chiama croquette alla francese), sempre accompagnata da senape forte. Ad Amsterdam ci sono tre marchi tradizionali di crocchette: Holtkamp, Kwekkeboom e Van Dobben. In origine sono pasticcerie che hanno sviluppato una propria ricetta (Holtkamp per esempio è famoso per le sue crocchette ai gamberetti), ma ingrandendo la produzione hanno dovuto industrializzare i loro prodotti. Ultimamente si trovano crocchette fatte con le anatre selvatiche catturate all’aeroporto di Schiphol perché mettono in pericolo l’aviazione.
A formare una base nello stomaco per il borrel (l’aperitivo, che nei Paesi Bassi è generalmente un bicchiere o anche due di birra) non mancano mai le bitterballen e spesso neanche le vlammetjes (pronuncia flammeties). Le prime sono una versione rotonda delle crocchette, grandi quasi quanto una pallina da golf, mentre le seconde sono una versione più ridotta dei loempia, gli “involtini primavera” all’indonesiana, solo che qui troviamo al loro interno del macinato di carne piccantissimo (vlam=fiamma).
Come gli hamburger, anche le bitterballen sono ultimamente uscite dall’oscuro anonimato del loro ripieno di carne non meglio identificato e sono state rivisitate in chiave moderna: alcuni cuochi stellati hanno ideato ricette speciali ed una catena le propone in esclusiva nelle foodhalls del paese con ripieni come pollo tailandese, tartufo, formaggio di capra… Insomma, una bella operazione di maquillage per coprire la sostanza poco salutare di questi snacks fritti.
Bell’articolo però una precisazione: le crocchette “dell’aeroporto” sono di oca, non di anatra. 🙂