Questa bella storia inizia con il viaggio in Thailandia di un giovane agronomo, che scopre come si possano far crescere funghi dai fondi di caffè. Tornato a casa, ne parla con un amico imprenditore sociale, scrivono un progetto, fanno tutti i corsi di formazione che trovano, visitano altre realtà, studiano e infine lanciano la loro impresa.
Permafungi è una cooperativa sociale fondata nel 2014 con sede nelle cantine dell’antica dogana reale a Bruxelles, un edificio magnifico recentemente ristrutturato che ospita molte realtà commerciali e la famosa Scuola di Circo di Bruxelles.
Il principio che muove tutta l’attività della cooperativa è come sia possibile creare cibo di qualità, in questo caso funghi biologici che in italiano si chiamano geloni o orecchioni o pleuroto, recuperando un rifiuto, i fondi di caffè, e creando un circolo virtuoso di economia circolare.
Ogni mattino, con una bicicletta da carico, i dipendenti della cooperativa fanno il giro dei locali dei loro partners – la catena di ristoranti vegetariani e biologici presente anche in Italia Exki e Le Pain Quotidien – per raccogliere fondi di caffè biologico.
Arrivati in laboratorio, in ambiente sterile, i fondi di caffè si mescolano con uguale peso di paglia e un 5% di micelio, l’apparato vegetativo dei funghi, filamenti bianchi che sopravvivono tutto l’anno sotto la terra e in autunno producono il loro frutto, il fungo vero e proprio.
Il composto viene pastorizzato per liberarlo di tutti i micrororganismi che potrebbero competere con i funghi per la sostanza nutritiva e potrebbero svilupparsi al loro posto.
Questa prima fase detta di inolculazione termina mettendo il substrato in grandi sacchi di plastica trasparente che sembrano punching balls.
Inizia a questo punto l’incubazione, che dura 3 settimane durante le quali il micelio sviluppa il suoi filamenti, decompone il caffè e colonizza il substrato al punto che il sacco diventa tutto bianco.
È a questo punto che si forza il micelio a produrre i funghi veri e propri, spostando i sacchi dal buio alla luce, aumentando l’umidità fino al 95% e iniziando così la fase della fruttificazione.
Si praticano incisioni sui sacchi da cui usciranno i funghi, che raddoppiano di volume ogni giorno e sono pronti alla raccolta entro una settimana. Ogni sacco produce fino a tre raccolti.
I funghi vengono distribuiti ai partner del progetto e ad alcuni ristoranti, negozi e supermercati biologici, sempre in bicicletta.
Il circolo virtuoso però non si ferma qui. Il substrato viene usato una seconda volta per produrre l’indivia belga nelle cantine accanto al laboratorio, nel buio assoluto, come vi ho raccontato qui, e poi una terza volta quando diventa compost nelle fattorie alla periferia di Bruxelles. Sono in fase di sperimentazione un paio di progetti di ricerca per farne materiale da imballaggio eco-sostenibile e una studentessa di design ha creato un prototipo di lampada con la leggerezza del polistirolo e la mano del cuoio.
Il progetto è open source, cioè i suoi creatori non l’hanno coperto con copyright e anzi sperano che si diffonda in altre città. Per diffonderne l’esperienza, via internet dal sito della cooperativa si possono acquistare kit per produrre i funghi in proprio e per i più intraprendenti ci sono secchiellini in cui creare il proprio substrato, con i fondi del proprio caffè, o con i resti di tè, tisane e infusioni, cui mescolare il micelio in dotazione.
Sapremo resistere alla tentazione di produrre i funghi in casa?