Phyllo, carasau, crispelle, bahntrang, gyoza ed altri: la sottigliezza che avvolge/ 1

Per quanto riguarda la gastronomia delle nostre zone mediterranee, sappiamo che nacque circa 4000 anni fa in Mesopotamia, dove popolazioni raffinate seppero sviluppare tecniche di preparazione e di cottura dei cibi che comprendevano sofisticate manipolazioni delle paste e del pane, quest’ultimo prodotto a partire da farine varie e acqua, con o senza aggiunta di lievito.

La maggior parte dei pani senza lievito appariva sotto forma di gallette piatte, più o meno sottili, cotte inizialmente sotto la cenere poi su pietre riscaldate e infine sulle pareti di forni interrati antenati del famoso forno tannùr tuttora in uso in tutto il Medioriente e nei paesi che portano verso l’India, dove ancora oggi si chiama tandùr.

Queste gallette, quando rimanevano morbide, servivano spesso ad avvolgere o contenere cibi, in modo da renderli trasportabili facilmente e consumabili anche all’aperto, cosa estremamente importante, per esempio, in caso di spostamenti di pastori o di truppe militari. Dalle gallette sumeriane, poi, nacquero nel Mediterraneo e in tutta l’Europa pani piatti e paste sottili che tuttora conosciamo ed usiamo.

In Italia si trovano pani piatti e sottili un po’ dappertutto, a cominciare dal famoso pane carasau sardo, dalle varie piade e piadine, tigelle e crescentine dell’Emilia-Romagna, dalle schiacciatine lunghe e croccanti toscane, dalle gallette liguri, e ci metterei anche le friselle meridionali, che non sono piatte all’origine ma lo diventano a fine corsa. Poi, naturalmente, la pizza che si potrebbe definire la regina dei pani piatti mediterranei, e la crespella o crispella rinascimentale, mitica antenata della crêpe bianca francese (perché quella scura a base di grano saraceno è innegabilmente di origine bretone). Aggiungiamoci le paste ripiene e i cannoli siciliani, e la panoramica è quasi completa.

Una veloce incursione nel Sud-Ovest della Francia per citare il pastis del Quercy, che non c’entra niente con la celebre bevanda alcolica marsigliese ma è una torta farcita con noci e cannella, di pasta sottilissima che sfoglia come la pasta fillo cuocendo in una speciale tortiera di rame coperta, con brace sotto e sopra.

Nell’ex Impero Ottomano troviamo il lavash armeno, un pane tondo molto sottile e morbido che accompagna o avvolge pietanze di carne, pesce o verdure, esattamente come il pane siriano o pitta piatta e grande araba. Il lavash viene cotto velocemente in un recipiente speciale coperto, con segatura di legno. Il lavash è in uso anche in Turchia e in Iran. Troviamo poi la pitta stessa, più piccola, più alta, cotta in forno e vuota all’interno per poterla farcire. In Yemen c’è il lahoh, in Libano il manaheesh, che sono simili al pane siriano e cotti anch’essi sulla piastra.

"Turkish pita bread" by U.S. Air Force photo by Senior Airman Marissa Tucker - http://www.incirlik.af.mil/shared/media/photodb/photos/120512-F-GF478-143.JPG. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Turkish_pita_bread.JPG#/media/File:Turkish_pita_bread.JPG

“Turkish pita bread” by U.S. Air Force photo by Senior Airman Marissa Tucker – http://www.incirlik.af.mil/shared/media/photodb/photos/120512-F-GF478-143.JPG. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons – 

Questi pani piatti e tondi, o gallette, si trovano poi in tutto il Maghreb e in Africa, fatti con diverse farine pure o mescolate (frumento, orzo, miglio, sorgo) e cotte sotto la cenere, in padella, sulla piastra, sulle pareti di forni interrati o no, ma sempre sottili e facilmente trasportabili. Parlando di Africa non si pu  dimenticare l’injera, un pane curiosissimo a base di farina di teff. Il teff è un cereale antichissimo che cresce nel Corno d’Africa, la cui farina per essere usata nel pane deve lievitare per diverse ore. Questa farina, impastata poi con acqua, dà un pane piatto molto grande, dalla consistenza di una crêpe bucherellata bianca. Il sapore è leggermente acidulo e si sposa a meraviglia con i cibi locali molto speziati e piccanti. I commensali ne strappano un pezzo e lo usano come utensile per portare il cibo alla bocca.

Un altro pane sottilissimo che ormai conosciamo bene è la matzah, o pane azimo, che gli ebrei di tutto il mondo confezionano in occasione della loro Pasqua. Questo pane secco, cotto in forno, in ricordo della fretta che ebbero gli antichi ebrei al momento della fuga dall’Egitto, deve essere fatto in esattamente 18 minuti dall’impasto alla cottura, per evitare qualsiasi fenomeno di lievitazione. È quindi bucherellato per accelerarne la cottura e appare come una galletta croccante finissima e bianca.

Salendo verso l’India, troviamo in Iran, Afghanistan e paesi limitrofi, in Pakistan e in tutto il subcontinente indiano e isole pani e gallette tondi, piatti, cotti sulla piastra o in forni tandùr, che si chiamano Pùri, paratha chapati o naan. La differenza è nello spessore, nel modo di cottura e nella scelta delle farine. (continua)

                  

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Jean Michel Carasso

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