Phyllo, carasau, crispelle, bahntrang, gyoza ed altri: la sottigliezza che avvolge/ 2

Con il papad o papadum indiano, una sottilissima cialda di farina di lenticchie speziata che si allarga e si contorce alla frittura e diventa croccantissima, arriviamo al “nec plus ultra” delle paste sottilissime, veri e propri miracoli della lavorazione delle farine.

Foto di apertura: “Pastilla marocaine” by Houssam.ouazzani – Own work. Licensed under CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons – http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Pastilla_marocaine.jpg#/media/File:Pastilla_marocaine.jpg

Molti di noi conoscono il famoso pane carasau sardo, chiamato anche “carta da musica”, una vera cialda tonda fragilissima che serviva da scorta di pane ai pastori in transumanza, i quali la consumavano tale quale con companatico oppure cotta in un brodo rudimentale come zuppa. Se ne fa anche un’ottima lasagna. In Sardegna esiste anche il pane pistocco, leggermente più spesso ma sempre secco e sottile. Per impastare a stendere la pasta di questi pani ci vuole un’incredibile abilità, acquisita con anni di pratica. Come ci vuole la stessa abilità per stendere la pasta per lo strudel austroungarico tradizionale. Quest’ultima richiede la presenza di olio e di poco aceto nell’impasto di farina, un periodo di “riposo” immersa nell’olio poi una stesura sottilissima che darà una pasta quasi croccante.

Come molte paste di quella zona, l’origine della pasta da strudel è probabilmente orientale. Già, perché poi è in Oriente che troviamo le paste più sottili in assoluto. Prima di tutte la pasta fillo o phyllo (dal greco fillo = foglia), di origine turca e presente in tutti i paesi dell’ex Impero Ottomano sotto diverse denominazioni. In Romania, per esempio, si chiama plaçinta, mentre in Turchia stessa si chiama yufka (il nome fillo o phyllo è il nome greco tuttora in uso). Ma attenzione, la denominazione turca yufka si applica a tre diverse preparazioni. Quella che corrisponde alla fillo classica si chiama in turco “yufka da baklavà”, mentre esistono altre due yufka: una sempre sottilissima ma leggermente scaldata sulla piastra per darle tenuta, che si chiama “yufka da börek” e una terza che è una galletta cotta sulla piastra ed è più spessa.

La pasta fillo o yufka è praticamente un miracolo: un impasto di farina e acqua, a volte con l’aggiunta di pochissimo aceto, steso talmente sottile che richiede una lavorazione lunga e precisa con un mattarello finissimo in tempi relativamente brevi per impedirle di seccarsi subito. Si ottiene una specie di carta morbida e traslucida che viene realizzata a rettangoli arrotolati e posti velocemente in confezioni ermetiche di plastica sigillata. La pasta fillo deve assolutamente essere spennellata con burro fuso sui due lati al momento dell’uso per evitare che bruci subito in forno, e va stesa a strati che vanno dai cinque ai dodici o quindici sotto e sopra un ripieno dolce o salato. La sfoglia croccantissima e dal buon sapore di burro che ne risulta alla cottura è un’esperienza da farsi!

Alla periferia dell’Impero Ottomano, nel lontano (da Costantinopoli) Maghreb, libici, algerini, marocchini e tunisini hanno leggermente modificato la pasta yufka insegnatagli dai turchi per ottenere una pasta appena meno sottile ma sempre traslucida che si chiama warka. La warka, chiamata anche pasta da brik o pasta da briwat in quei paesi, si usa per preparare involtini triangolari farciti con diversi ingredienti e fritti o cotti in forno, che si chiamano, appunto, brik in Tunisia e briwat negli altri tre paesi. La pasta non si usa a strati ma, presentandosi in fogli rotondi, si ripiega su se stessa per ottenere triangoli.

Contrariamente alla fillo non è necessario ungerla prima dell’uso. Facciamo un salto in America, e troviamo in Messico e paesi vicini le tortillas, gallette di frumento morbide cotte sulla piastra, e i famosi tacos, involucri fatti di masa harina ovvero farina di granturco trattata con la calce. Tortillas e tacos si farciscono con diversi ingredienti, mentre i nachos, chips sottili e croccanti di masa harina si intingono in salsine locali come antipasto. E finalmente andiamo in Cina e in Asia del Sud-Est, dove si usano sottilissime paste a base di farina di frumento ma più spesso di riso. In effetti, per i famosi involtini primavera e i fagottini al vapore cinesi la pasta che si usa è spesso di frumento, mentre i ravioli ed altre preparazioni a base di pasta tirata sono preparati con farina di riso. Farina di riso ugualmente per la carta di riso nel sud est dell’Asia, dove l’impasto si stende sottilissimo e si fa seccare al sole o in forni industriali, come in Vietnam, dove ha nome bahn trang.

Per confezionare poi i nêm vietnamiti (involtini farciti di carne, pesce, verdure ed erbe) che si mangiano sia crudi che fritti, e le preparazioni simili degli altri paesi della zona, si bagnano i tondi sottilissimi in acqua per qualche secondo per ammorbidirli e si arrotolano attorno al ripieno.

“Cha gio” by amrufm – Flickr: Ho Chi Minh Trip-183. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons – http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Cha_gio.jpg#/media/File:Cha_gio.jpg

“Cha gio” by amrufm – Flickr: Ho Chi Minh Trip-183. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons –

Citiamo per concludere i gyoza o ravioli alla piastra giapponesi, fatti anch’essi con una pasta sottile a base di farina di riso, e abbiamo fatto il giro del mondo tra pani piatti e paste finissime.

Un giro ampio e variegato che, se non pretende di essere esauriente, ha almeno il merito di avervi fatto viaggiare nell’universo della sottigliezza che avvolge.

               

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Jean Michel Carasso

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