Quando il fornello è la natura

Abbiamo tutti esperienza della tradizione di utilizzare elementi naturali come il calore del sole o il vento per trasformare prodotti alimentari; è sufficiente pensare alla conserva di pomodoro fatta asciugare al sole o ai polpi appesi come il bucato, in Grecia, ma anche al modo in cui avveniva un tempo l’essiccazione della pasta a Gragnano, esponendola al marino, il vento proveniente dalla costa.
Ma la natura, in alcuni luoghi del mondo, fa molto di più e la sua potenza viene sfruttata per metodi di cottura veramente a impatto zero, ben più economici e funzionali di ciò che oggi ci inventiamo (la cottura in lavastoviglie, per esempio) per risparmiare energia.
In Nuova Zelanda, nella regione termale di Whakarewarewa, i Maori utilizzano tradizionalmente le sorgenti calde, le pozze d’acqua che esse formano e il vapore per cuocere i cibi, come attestano le splendide immagini disponibili nel sito web della National Library of New Zealand, e la cosa, come prevedibile, è diventata un’attrazione turistica.

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Unidentified Maori group steaming food, Whakarewarewa. Original photographic prints and postcards from file print collection, Box 15. Ref: PAColl-7081-42. Alexander Turnbull Library, Wellington, New Zealand. http://natlib.govt.nz/records/22851751

In Islanda, paese dalla leggendaria attività geotermica, Hveragerði è il luogo dove andare: vere e proprie colonne di vapore si levano dalle sorgenti bollenti, nelle quali si mettono a rassodare uova, mentre il pane nero locale viene talvolta cotto in buche scavate nella terra. Il ristorante Kjöt og kúnst, adiacente al parco geotermico, ha fatto della cottura con il vapore bollente proveniente direttamente dalla terra la chiave del suo successo.
Nel territorio del parco nazionale Timanfaya di Lanzarote, che comprende innumerevoli vulcani, la temperatura, a una profondità di pochi metri sotto la superficie del terreno, tocca i 400-600°; inevitabile che anche là qualcuno pensasse di mettere a frutto una simile energia termica: è il ristorante El Diablo, che addirittura arrostisce i cibi su una griglia posta su una profonda buca a beneficio dei clienti divertiti e incuriositi.
E nell’isola di San Miguel alle Azzorre, a Furnas, il cozido, stufato con varie carni e verdure, viene preparato sfruttando le caldeiras, sorgenti calde, e il loro vapore: tutti gli ingredienti vengono posti in una casseruola e la casseruola viene poi interrata fino a cottura completa. Qualcosa di simile si fa a Paleohori, in Grecia, dove il ristorante Sirocco cucina i suoi stufati di pesce, carni, patate, verdure sotterrando le pentole nelle sabbie vulcaniche a una temperatura costante di 100°.
In altri casi l’utilizzo delle risorse naturali è meno economico ma comunque affascinante: il kalua, per esempio, è un metodo di cottura hawaiano che consiste nello scavare fosse larghe e profonde in cui cuocere lungamente soprattutto la carne, in particolare di maiale, ma con l’aiuto di un fuoco di legna e foglie di banano, e in Giordania, nella valle del Wadi Rum, è tradizione beduina la preparazione dello zarb, realizzato cuocendo carni di pollo o agnello e verdure in un forno naturale scavato nella sabbia del deserto, ma con l’ausilio del fuoco. Che è un po’ quanto avviene per il New England clam bake: pesce e frutti di mare cotti in un buco scavato nella sabbia sulle spiagge delle coste nordorientali degli Stati Uniti, accendendo un fuoco e mantenendo il calore grazie a pietre riscaldate.

Ischia, Baia di Sorgeto. Cottura di carote e uova nelle vasche naturali.

Ischia, Baia di Sorgeto. Cottura di carote e uova nelle vasche naturali.

Ma non si pensi che per trovare esempi di sfruttamento dell’energia sprigionata dalla terra sia necessario recarsi in luoghi selvaggi o remoti, andare all’avventura o comunque saltare su un aereo: nell’isola d’Ischia, ben più familiare a noi italici, la splendida baia di Sorgeto, in cui zampillano sorgenti d’acqua bollente, non ha solo proprietà benefiche per il corpo, ma consente anche di cuocere patate, uova, carote nelle polle formate dall’acqua termale tra le rocce, come si divertono a fare turisti e locali. E nella zona delle Fumarole, presso Sant’Angelo, vapori e gas vulcanici emanano dalla sabbia, che raggiunge la temperatura di 100°, perciò c’è chi, tra un bagno di mare e l’altro, attende che cuocia il pollo che ha sotterrato, ben avvolto nell’alluminio, per consumarlo al tramonto croccante e fumante, in una piacevole illusione di vita selvaggia nel cuore della civiltà.

Insomma, non ci mancano di certo le aree vulcaniche e termali; e se la cucina geotermica ci incuriosisce, possiamo degustare piatti particolari, se non unici, in occasione delle dimostrazioni che si effettuano ogni anno nell’ambito di Malazè, l’evento archeoenogastronomico dei Campi Flegrei, utilizzando i vapori a 160° delle fumarole del vulcano Solfatara, presso Pozzuoli. L’appuntamento, quest’anno, è per il 12 settembre.
Per informazioni e prenotazioni: 3296007476 – 3389451187 slowfood_campiflegrei@alice.it

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Giovanna Esposito

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