Nei giorni scorsi abbiamo letto sulla pagina facebook di EKW, il Movimento d’Avanguardia Enoica, una “riflessione enologicamente e socialmente scorretta” (cit.) che commentava un’intervista al “Maestro” (così definito dallo stesso giornalista) Riccardo Cotarella riportata su Il Fatto Quotidiano. In quest’intervista si tessevano le lodi degli uvaggi a discapito dei vini da monovitigno, poiché più facilmente adattabili al mercato, ammettendo tuttavia che è molto più difficile produrli da un’unica cultivar.
È proprio da quest’ultima affermazione che vogliamo partire, anche se la riflessione di EKW è molto condivisibile: “Ovviamente in questo modo il <progettista di vini> (autodefinizione dello stesso Cotarella) può sbizzarrirsi a bilanciare sapori e caratteristiche con il bilancino” – aggiunge EKW, chiedendosi – “Nella società gender quale potrà mai essere il futuro dei vini basati su un’unica uva?”
Personalmente adoro i vini alla “bordolese maniera”, soprattutto da vitigni internazionali, che in alcune zone d’Italia si sono integrati con il territorio, portando a risultati eccezionali, ma indubbiamente se si ricerca la tipicità e si vuole evidenziare questo valore, condividere, ed in alcuni casi preservare, la tredicesima edizione di Radici del Sud, portabandiera della valorizzazione degli autoctoni, può essere un mezzo per fare ciò.
Un multi evento tenutosi lo scorso mese al Castello Normanno Svevo di Sannicandro di Bari, una settimana di incontri B2B, educational tour, e a chiudere il Salone dei Vini e degli Oli Meridionali, che ha posto i vini del Sud da vitigni autoctoni come un’opportunità di proposta alternativa a denominazioni più diffuse in molti mercati, proprio come evidenziato dalla giuria internazionale di giornalisti e buyer che nell’ambito della manifestazioni hanno partecipato al concorso internazionale che ha visto in gara oltre 300 vini.
Una tipicità che i giurati hanno ricercato più nel territorio che terroir, più vitigno che vigneron, in una degustazione alla cieca con la mission di identificare i vini più rappresentativi di ogni singolo vitigno attraverso il confronto affidato a due differenti commissioni, giornalisti e buyer, suddivise in 4 gruppi, ed ognuno di essi ha decretato per ogni flight il proprio preferito. Pertanto, sono stati proclamati per ogni categoria quattro vincitori, due nominati dalla giuria dei buyer e due dalla giuria di giornalisti. Spazio anche ai tre vini biologici più graditi da entrambe le giurie.
Tra le batterie vi erano anche due gruppi di vini bianchi e rossi chiamati rispettivamente “gruppo misto vini bianchi autoctoni meno diffusi” e “gruppo misto vini rossi autoctoni meno diffusi”, inseriti esclusivamente per dare la possibilità di promuovere e far conoscere, soprattutto al pubblico internazionale, quei vini da vitigni autoctoni meno noti al di fuori dei confini nazionali.
Una valutazione della tipicità questa fortemente voluta dallo stesso Nicola Campanile, ideatore e organizzatore della manifestazione, che ha fatto in modo che, nella classica scheda di valutazione in centesimi del concorso, ben 18 punti fossero riservati proprio a questa peculiarità.
Gastronomia Mediterranea, come tutti i giurati, vista la numerosità dei campioni in gara, ne ha valutati la metà. Tra questi ecco i preferiti suddivisi per categoria.
Minutolo: il Tufjano 2017 di Colli Della Murgia sorprende per la sua struttura, freschezza, con quell’agrume che ritorna sorso dopo sorso. La complessità non ha intaccato la sua fine eleganza.
Rosati da vitigno autoctono del Sud Italia: Negroamaro 2017 di Masciullo e il Rose 2017 di Tenute Eméra di Claudio Quarta Vignaiolo. Il primo è dotato di una buona complessità olfattiva ed un palato rotondo, potente ma garbato, con quelle note di more di rovo selvatiche e fragoline di bosco che ci ricordano che i rosati hanno un proprio carattere distintivo. Il secondo probabilmente è meno tipico, più provenzale che salentino, ma è un vino eccezionale, di un’eleganza e finezza superiore su un palato fresco e vellutato.
Gruppo misto vini bianchi da vitigni autoctoni: Heliodor 2016 di Villa Amoris è un Moscatello Selvatico in purezza che fermenta in cemento. Suadente al naso con i suoi sentori di biancospino e litchi, si ricorda per la grande persistenza gustativa.
Negroamaro: Salice 2016 di Varvaglione 1921 e F Negroamaro Salento 2015 di Cantine San Marzano. Quest’ultimo è un’interpretazione di rara finezza ed eleganza, con un piccolo residuo zuccherino che accresce il suo fascino, lo nobilita invece di penalizzarlo. Mentre il primo è un Negroamaro dai sentori di prugna, rabarbaro e quell’impronta chinata che ci ricorda la terra calda, rossa e siccitosa del Salento. Grande equilibrio su una struttura non così cicciona come ci si aspetterebbe.
Gruppo misto vini rossi da vitigni autoctoni: Somiero 2015 di Le Vigne di Sammarco è la vera riscoperta del Susumaniello, il vitigno più tipico del brindisino che stava scomparendo. Il futuro enoico dell’Alto Salento passa soprattutto da questo vitigno dal grande impatto olfattivo, con i suoi esuberanti nobili tannini e quella vena balsamica e speziata che dona quel pizzico di agilità e scorrevolezza in più per compensare la bassa acidità.
Nero D’Avola: Lu Patri 2015 di Baglio del Cristo di Campobello. Un Nero d’Avola caratterizzato da sensazioni iodate, note di frutti rossi e sottobosco e quel tocco di fico d’india che fa tanto Sicilia. Bella intensità gustativa, lungo, sapido. Sapiente uso del legno, molto ben integrato con tutte le altre componenti.
Aglianico del Vulture: Michelangelo Doc 2013 di Cantina Del Vulture Soc Coop. Dalle pendici del vulcano un vino dai sentori di frutta, sottobosco e spezie, con reminiscenze di pietra focaia. Dal palato sapidissimo, caldo e avvolgente.
Taurasi: Taurasi Rosso 2012 di Sertura. Dall’Irpinia un Aglianico che già alla vista mostra la sua complessità, eleganza, ricchezza, concentrazione. Il tannino ancora giovane, è vivo, vivido ma la sua nobiltà già gli permette di essere piacevole, il tutto in perfetta armonia.
Per la cronaca, la giuria dei giornalisti ha decretato i seguenti primi classificati: Spumanti bianchi da uve autoctone: ex aequo D’Araprì Pas Dosè, D’Araprì Spumante Classico e Leggiadro 2014, Produttori Di Manduria Sca; Spumanti rosè da uve autoctone: Centocamere Rosè, 2016, Barone Macrì; Falanghina: Elis, 2017, Elda Cantine; Grillo: Grillo Parlante, 2017, Fondo Antico; Greco: Greco Di Tufo Docg, 2017, Fonzone; Malvasia: Donna Johanna, 2017, Cantine Tre Pini; Fiano: Clara, 2016, Giancarlo Ceci Vini; Nero Di Troia: Augustale Castel Del Monte Nero Di Troia Riserva Docg, 2013, Grifo; Primitivo: Nivvro, 2016, Cantina Fiorentino; Aglianico: Vigna Dei Russi, 2013, Tenuta Cobellis; Minutolo: Tufjano, 2017, Colli Della Murgia; Rosati da vitigno autoctono del Sud Italia: Terra Cretosa Aleatico, 2017, Borgo Turrito; Gruppo misto vini bianchi da vitigni autoctoni: Civico 44, 2017, Tenuta Fontana; Negroamaro: Campo Appio Negroamaro, 2016, Cantine San Pancrazio; Gruppo misto vini rossi da vitigni autoctoni: Somiero, 2015, Le Vigne Di Sammarco; Nero D’Avola: Nero D’Avola Magaddino, 2017, Magaddino; Aglianico del Vulture: Michelangelo Doc, 2013, Cantina Del Vulture Soc Coop; Taurasi: Taurasi Rosso, 2012, Sertura; Vini Bio: Nivvro, 2016, Cantina Fiorentino.
Per i wine buyers i migliori vini per ciascuna categoria sono stati: Spumanti Bianchi da uve autoctone: D’araprì Pas Dosè, D’araprì Spumante Classico; Spumanti Rosè da uve autoctone: Galetto, 2017, Colli Della Murgia; Falanghina: Falanghina, 2017, San Salvatore 1988; Grillo: Rocce Di Pietra Longa, 2016, Centopassi; Greco: Greco Di Tufo Claudio Quarta, 2016, Sanpaolo Di Claudio Quarta Vignaiolo; Malvasia: Verbo Malvasia, 2017, Cantina Di Venosa; Fiano: Sequoia Irpinia Fiano Doc, 2016, Fonzone; Nero Di Troia: Augustale Castel Del Monte Nero Di Troia Riserva Docg, 2013, Grifo; Primitivo: Sellato, 2015, Tenuta Viglione; Aglianico: Massaro, 2015, Viticoltori Lenza; Minutolo: Minutolo Alture, 2016, Cantine Paolo Leo; Rosati da vitigno autoctono del Sud Italia: Faragola, 2017, Placido Volpone; Gruppo misto vini bianchi da vitigni autoctoni: Adènzia Bianco, 2017, Baglio Del Cristo Di Campobello; Negroamaro: F Negroamaro Salento Igp, 2015, Cantine San Marzano; Gruppo misto vini rossi da vitigni autoctoni: Lamezia, 2017, Statti; Nero D’Avola: Alto Nero, 2015, Tenuta Rapitalà; Aglianico Del Vulture: Aglianico Del Vulture Quarta Generazione, 2013, Quarta Generazione; Taurasi: Scorzagalline Taurasi Riserva Docg, 2011, Fonzone; Vini Bio: Sellato, 2015, Tenuta Viglione.
In attesa della XIV edizione di Radici del Sud, dal 4 al 10 giugno 2019, l’organizzazione ha previsto degli appuntamenti on the road con ASPETTANDO RADICI DEL SUD 2019. Seconda tappa a Cisternino mercoledì 8 agosto con “100 VINI BIANCHI DEL SUD TRA TERRA E MARE” che prevede un banco d’assaggio con 100 vini bianchi e 20 oli extravergine d’oliva presenti a Radici del Sud 2018, oltre ad una cena servita a buffet preparata dagli chef Cosimo Russo e Gianfranco Palmisano. “Nuove sfide e nuovi cambiamenti ci attendono per la prossima edizione – ha dichiarato l’organizzatore Nicola Campanile – Intendiamo impegnarci sempre più sul valore della conoscenza e della scoperta delle storie e dei prodotti del Sud da offrire agli ospiti internazionali, ridimensionando anche il concorso a premi sui vini”.
[Photo Credit: Antonio Cimmino; Radici del Sud]