Sardegna in bocca, ovvero un francese sull’isola

In due settimane passate in Sardegna quest’estate, ho potuto scoprire cibi autentici che magari non tutti i turisti riescono ad assaggiare.
Il muggine come lo preparano a Cabras, per esempio. Stare in quella zona è meraviglioso per chi ama quel pesce: te lo cucinano in tutte le maniere, dalla semplice bollitura all’arrosto alla “mreca”, una preparazione antica che consiste nel lessare il muggine intero con una quantità di sale proporzionale al periodo di conservazione previsto, da due a quindici giorni. Poi si avvolge il pesce, tagliato in tre o quattro parti, nell’erba “ziba” dello stagno di Cabras, creando un fagotto, un cestino o una cassetta dove il pesce si conserverà perfettamente fino al giorno in cui è si è programmato di mangiarlo. Quel giorno è fissato in modo precisissimo: non prima e non dopo, il pesce sarà al suo massimo solo QUEL giorno.

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La mreca

A Cabras e nei dintorni non possono mancare le preparazioni a base di bottarga, dagli spaghettini alla bottarga e arselle, un classico, all’antipasto di bottarga a fettine con sedano sminuzzato, olio, vernaccia e limone. Poi il “procchieddu” (porcellino da latte), cotto allo spiedo lentissimamente e lasciato raffreddare su un letto di rami di mirto che gli comunicano il profumo. Viene poi servito nel tradizionale “schiu” di sughero, un vassoio fondo ovale molto rustico.
Non dimentichiamo i famosi “culurgiones”, i ravioloni a forma di caramella intrecciata, ripieni con patate e formaggio e serviti tradizionalmente con solo pomodoro oppure sugo di carne: una delizia! Non sono da meno i “malloreddus”, pasta tipo conchigliette rigate rustiche, in versione tonda o lunga, che si mangiano spesso con uno straordinario sugo a base di salsiccia. E la “fregula”, una specie di grossa semola, palline spesso integrali ed impastate con zafferano, che si mangia in brodo, semplicemente, oppure con arselle e un sughetto con pomodoro, al cucchiaio. Ma il top sono sicuramente i ravioli della Barbagia, ripieni di formaggio fresco o di ricotta ed erbe, serviti con sugo di carne o crema di latte. Sono indescrivibili!
Un’altra meraviglia è la zuppa di finocchietto selvatico, praticamente uno sformato morbidissimo a base di pane bagnato nel brodo, aromatizzato con finocchietto e formaggio stagionato, legato con uovo e dorato in forno. Poi il polpo, in insalata, stufato con vino rosso, cotto alla griglia, sempre fondente. Le seppie, grigliate dopo la marinatura e coperte con semolino, sono particolarmente gustose, mentre le sardine alla griglia fanno concorrenza a quelle portoghesi.
E se non si ha voglia di cucinare, un pasto a base di formaggi ed insaccati è sempre a portata di mano. I formaggi sardi non hanno uguali: pecorini di tutti i tipi, freschi e stagionati, il “casinzolu” o caciocavallo sardo è una leccornia, mentre purtroppo il famoso “casu marzu” o formaggio marcio con i vermi è proibito alla vendita e si trova sempre più raramente, solo in alcune case dove, per fortuna direi, non ho avuto l’occasione di entrare. Ne fanno delle imitazioni senza vermi che è consentito vendere ma tutti dicono  che non hanno nulla a che vedere con l’originale.
Innumerevoli insaccati come salsiccette piccole, salsicce grosse fresche o stagionate, salami locali, il famoso capocollo stagionato chiamato “morseddu”, hanno tutti in un modo o in un altro contatto con vino ed erbe aromatiche e sono molto saporiti.

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Ma in Sardegna si trovano centinaia di leccornie di ogni genere, e in particolare verdure ed ortaggi straordinari che ricordano tempi passati, non fanno acqua, hanno il sapore del vero e si cucinano alla perfezione. Stessa musica per la frutta: ho mangiato qui la frutta migliore che abbia mai assaggiato in Italia, specialmente quella comprata dai produttori che vendono direttamente. I vini sono un capitolo a sé, magari ne parleremo un’altra volta, ma sono genuini, generosi, corposi e brillanti come tutti i vini del sud ma con un qualcosa in più. E i dolci sono estremamente particolari, molto legati alla tradizione “spagnola” dell’isola, con tanta pasta di mandorle, glasse, spezie ed aromi: una carrellata di delizie da mangiare a piccole dosi. Il pane è sempre squisito, in particolare le famose sfoglie di “pane carasau” o carta da musica, il “pane pistoccu” leggermente più spesso, le “piadine” salate allo strutto o all’olio, e una miriade di pani alla frutta secca, alle olive, alle erbe…
Ecco, questo è il resoconto di “solo” 15 giorni in Sardegna. Bisognerebbe starci almeno un anno per avere una visione completa della gastronomia isolana.

Foto di apertura: By Ewan Munro from London, UK (Sardo Cucina, Fitzrovia, London Uploaded by tm) [CC BY-SA 2.0 ], via Wikimedia Commons

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Jean Michel Carasso

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