Siamo nella terra del moscato, a Santo Stefano Belbo in provincia di Cuneo, su una collina che domina il dolce paesaggio circostante, per incontrare il giovane produttore vinicolo Marco Capra, dell’omonima azienda agricola, classe ’81 ma da quasi vent’anni alle prese con trattori, viti e cantina.
Già dai primi incontri la sua storia mi affascina, tanto da volerlo incontrare nel suo “regno”: a casa sua. Una storia simile a tante in questa zona, che vede Marco fin da bambino giocare e divertirsi in vigna mentre suo nonno Tommaso, fondatore dell’azienda, gli trasmetteva i segreti della terra.
Come ogni padre che fa un duro lavoro, anche quello di Marco sognava per il figlio un futuro più semplice e promettente, che gli evitasse le 14 o 16 ore in campagna. Voleva farlo studiare ma, dopo un tentativo non andato a buon fine, Marco è tornato in campagna dal nonno.
L’azienda all’epoca produceva solo vino sfuso per gli amici, diventato poi “un vino da damigiana”. Marco però aveva altre idee, anche se il cambio di rotta non è stato immediato, piuttosto lento ma costante.
Appena diciottenne prende in mano l’azienda e, con importanti investimenti, ristruttura la cantina ponendo le basi di una nuova produzione di vini. Fondamentali sono stati diversi incontri che Marco definisce (modestamente) provvidenziali. A me piace credere che la fortuna aiuti gli audaci!
Uno su tutti, Dante Scaglioni, un noto enologo della zona (e non solo) che si appassiona da subito al nuovo progetto di Marco: produrre dei vini legati al suo territorio e rappresentativi delle identità delle persone coinvolte. Un produttore, sostiene Marco, deve avere la sua religione, seguire la propria filosofia, e crederci sempre, perché ogni sforzo sarà ben ripagato dalla qualità riconosciuta e apprezzata dei suoi vini.
Oggi l’azienda conta circa 18 ettari distribuiti tra le Langhe e il Monferrato, dove sono impiantati i vitigni classici della zona come moscato, barbera, dolcetto, nascetta. Da cinque anni è stato anche intrapreso un percorso che punta al biologico, con riscontri positivi sia per la qualità dei vini che per la sostenibilità.
Il modo scovato da Marco per trasmettere questo bagaglio di valori, sogni, progetti, passioni a chi verrà dopo, a cominciare dai suoi due figli, è legato a ciò che loro conoscono meglio: il gioco.
Alla notizia, nel 2009, che sarebbe diventato padre di una bimba, lui festeggia dedicandole un nuovo vino, ma non “un classico” della sua produzione, bensì uno spumante rigorosamente metodo classico, un vino che deve essere accompagnato durante la sua vita, un vino che cresce negli anni, da accudire come un bambino. Per realizzarlo punta ai migliori vitigni, quindi Chardonnay e Pinot Nero.
Dopo circa due anni e mezzo, alla vigilia della sboccatura (vista la scelta di Marco di farlo affinare almeno 36 mesi sui lieviti), arriva l’urgenza di un nome, un’etichetta. Un aperitivo tra amici si rivela galeotto, come l’incontro con il meccanico del paese e la sua incontenibile SeiTremenda, un prototipo di auto da lui modificato. Il vino si chiamerà così, con il nome che richiama il “tre” e il “sei” dei 36 mesi di riposo sui lieviti.
Una serie di proposte grafiche circa la scelta dell’etichetta e l’incapacità di scartarne una ha dato vita alle sei bottiglie ufficiali, ognuna delle quali ispirata ai giochi preferiti della piccola, l’orsetto, l’altalena, il triciclo, le palline, la giostra e lo scivolo. Ispirandosi ancora ai bambini e ai loro giochi, Marco crea un “wine educational” divertente.
Prendendo come base le fasi della produzione del metodo classico con relativi attori e come pedine le placchette di alluminio dei tappi di spumante numerate da 1 a 6, comandate dal lancio di un dado, questa versione rivista del gioco dell’oca raggiunge il suo obiettivo. Lo dimostra la risposta azzeccata di sua figlia alla domanda su cosa ci vuole per fare il vino buono: “l’uva buona!”
La vendemmia del 2012 vede l’allargamento della famiglia con l’arrivo di un maschietto e per par condicio il neo papà s’inventa un nuovo gioco, che parli questa volta di territorio, delle Langhe. Una sorta di “corsa più pazza delle Langhe” con tappe a Barolo, Barbaresco, S. Stefano Belbo e in altre perle di questa terra. Il vino sarà un Nebbiolo d’Alba DOC 2012 e verrà presentato proprio durante il mese di maggio.
Si è ancora alla ricerca di un nome e di un’etichetta, siamo curiosi di sapere questa volta da dove verrà l’ispirazione!
Marco è legato e riconoscente alla sua famiglia ma anche a quegli incontri che gli hanno cambiato la vita (e l’azienda!), perciò tutti i suoi vini sono dedicati a persone e luoghi a lui particolarmente cari.
Così come “CONNA” è il soprannome della moglie, alla quale è rivolta la Nascetta in purezza, “OROROSA” è il Langhe DOC Rosato prodotto con l’”Oro delle Langhe”, il Nebbiolo in purezza.
L’account mail di sua sorella “SIREVERIS” è il suo Dolcetto d’Alba DOC mentre “Doppiadi”, la Barbera d’Asti DOCG, prende nome dalle iniziali di Dante e Daniela, gli enologi che aiutano Marco nelle sue creazioni.
Il Barbera d’Asti superiore DOCG è 52, anno di nascita di entrambi i genitori, mentre il Moscato d’Asti DOCG con “Bricco delle Merende” ricorda il Bricco (collinetta) dove il nonno portava tutti i suoi nipoti a far merenda.
L’unico senza riferimento preciso è il Langhe DOC Chardonnay che si distingue per il logo di 2Stupide, il progetto di due fotografe che lo hanno aiutato a realizzare alcuni lavori. Anche in questo caso una manifestazione di riconoscenza verso il lavoro degli altri.
Piedi per terra e mente proiettata al futuro, lascio Marco alle prese con i suoi pensieri per il lavoro da fare, i problemi da risolvere, le scelte da prendere, come padre, marito e imprenditore. Magari meno pignoleria e precisione gli risparmierebbero dei gran mal di testa ma di certo non sarebbe la colonna generosa e portante di questa piccola ma promettente azienda!