Semi di chia: non solo becchime

Fino a pochissimi anni fa i semi  non erano molto utilizzati per l’alimentazione umana, con l’eccezione forse di sesamo e zucca. Oggi, complici le mode e l’attenzione – a volte esagerata – per ciò che fa bene, si aggiungono semi ovunque: dalla colazione alle zuppe all’insalata mangiata di corsa al bar in pausa pranzo. Tra i più salutari, veri e propri alimenti, ci sono i semi di chia.

Meno conosciuti dei semi di lino a cui vengono spesso paragonati, e di introduzione relativamente recente nel nostro Paese, i semi di chia sono i nostri favoriti.
Ci sono prove che avvalorerebbero il fatto che la chia  sia stata usata come alimento  già nel 3500 a.C.,  dalle popolazioni azteche fin dal 2600 a.C. e come moneta di scambio nel Messico centrale tra il 1500 e il 900 a.C. I semi di chia venivano consumati da soli o mescolati ad altri semi, uniti ad acqua ed assunti come bevanda, macinati per farne farina, inclusi nei medicinali, spremuti per ricavarne olio e utilizzati come base per pitture del viso e del corpo. I governanti aztechi ricevevano semi di chia come tributo annuo dalle nazioni conquistate e i semi venivano offerti agli dei nelle cerimonie religiose. Sembra che in quel periodo la chia venisse coltivata tra il Messico centro-settentrionale e il Guatemala e anche in Nicaragua e Honduras meridionale.
Gli Aztechi consideravano la chia una delle colture per loro più importanti: veniva anche offerta agli dei ed usata nei rituali. Sembra che gli atleti Aztechi si nutrissero di chia per aumentare energia e resistenza ed anche oggi è un alimento molto amato dai runner.
Il seme di chia è grande quanto un seme di papavero, ed in un involucro così minuscolo si trovano antiossidanti, vitamine, minerali, fibre, aminoacidi, proteine e l’acido alfa-linoleico, ricchissimo di omega -3.  A pieno titolo si può annoverare la chia tra i superfood tanto di moda e tanto vituperati.

Chia Salvia hispanica

La chia cresce nel deserto e appartiene alla famiglia della menta; il suo nome è Salvia hispanica L. Il seme è piccolo e idrofilo, cioè assorbe acqua. Quando si bagna l’involucro esterno si gonfia rilasciando una specie di gelatina. Questa qualità – ed il fatto che sia composto da quasi il 40% di fibre – consente alla chia di dare un senso di sazietà che aiuterebbe a perdere peso. Non è però la sua caratteristica più interessante, a nostro parere.
La chia è infatti una fonte molto importante di acido alfa-linoleico (ALA) che è l’unico acido grasso essenziale. Anche i semi di lino ne contengono ma hanno il problema di dover essere macinati per poter essere assimilati. Il loro involucro esterno è particolarmente coriaceo e senza la molitura farebbe transitare semplicemente i semi nel nostro organismo. Purtroppo però i semi tritati irrancidiscono molto rapidamente, sviluppando un odore e un sapore molto sgradevoli.
La chia invece è estremamente stabile, può essere consumata senza essere ridotta in polvere, si assimila completamente e non ha praticamente sapore. Una caratteristica che le permette di poter essere aggiunta agli alimenti più disparati, sia dolci che salati: yogurt, frullati, zuppe, succhi di frutta.

La chia è ricchissima di proteine – più del 20% del suo peso. Come si sa, il nostro organismo ha necessità di una buona quantità di proteine, componente essenziale di ossa, muscoli, cartilagini, pelle e sangue. Il problema è che le proteine devono essere assimilate con l’alimentazione perché non possono essere immagazzinate.
Le proteine della chia sono complete, contengono cioè tutti gli otto aminoacidi essenziali: isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, tiptofano e valina. Questo rende la chia particolarmente interessante per vegetariani e vegani, sempre alla ricerca di fonti di (buone) proteine vegetali.
La chia contiene anche vitamine e minerali che aiutano l’organismo a mantenere un buon livello di energia anche dopo ore dal consumo: calcio, ferro, magnesio, zinco, selenio, rame, manganese, vitamina A, vitamina C, vitamina E, niacina (vitamina B3), folati. Insomma, un tesoro contenuto in uno scrigno quasi invisibile.
Se aggiungiamo a tutte queste qualità anche il fatto che non si conoscono reazioni allergiche alla chia, abbiamo (forse) trovato la manna di biblica memoria. Scherzi a parte e senza gridare al miracolo, chi l’ha provata (chi scrive molto spesso, a colazione) non può che parlarne bene.

Come si consuma la chia? Semplicemente aggiungendola a crudo ad alimenti più o meno cremosi e liquidi. Non avendo sapore fa da spalla discreta e dona energia senza modificare i sapori.
Gli Aztechi preparavano il pinole, una specie di porridge con semi di chia tostati e macinati, uniti a farina di mais e acqua. La polentina ottenuta si mangiava così oppure cotta in cialde tonde sul falò.
Una bevanda energetica interessante è la chia fresca , ben nota alle popolazioni centroamericane:

1 cucchiaio di semi di chia
1 bicchiere di acqua (o acqua di cocco)
il succo di mezzo limone
dolcificante naturale facoltativo (zucchero, miele, succo d’agave, malto, ecc.)

Il procedimento è intuitivo: versare i semi nel bicchiere d’acqua mescolando fino ad amalgamarli, aggiungere il limone ed il dolcificante eventualmente scelto. Bere subito o lasciar riposare per una decina di minuti in modo che si formi il gel.

Semplice come bere un bicchier d’acqua ma con effetti decisamente più corroboranti!

 

(informazioni preziose: Chia, guida completa al superalimento – Wayne Coates – ed. Il Punto d’incontro; immagini pixabay.com e wikimedia.commons)

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Daniela Acquadro

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