thanksgiving letterario

Ed era solo una volta l’anno che si trovavano tutti insieme, e per giunta sul terreno neutrale e sconsacrato della festa del Ringraziamento, quando tutti mangiano le stesse cose e nessuno si allontana per andare a rimpinzarsi di nascosto di qualche cibo stravagante: né Kugel, né gefilte fish, né insalata di rafano e lattuga romana, ma solo un tacchino colossale per duecentocinquanta milioni di persone; un tacchino colossale che le sazia tutte.

Una moratoria sui cibi stravaganti e sulle curiose abitudini e sulle esclusività religiose, una moratoria sulla nostalgia trimillenaria degli ebrei, una moratoria su Cristo e la croce e la crocifissione per i cristiani…”

 

Chissà se Philip Roth avrebbe scritto in maniera diversa questa bella pagina di “Pastorale Ameriacana” se avesse saputo che nel 2013, evento più unico che raro, il Thanksgiving ed Hanukkah, la festa delle luci ebraica, si sarebbero festeggiate lo stesso giorno: il Thanksgivukkah.
Naturalmente non ci è dato saperlo, ma l’immagine del tacchino colossale che sazia duecentocinquanta milioni di americani rende alla perfezione l’idea del Pranzo per il Ringraziamento, festa che pur avendo origini cristiane ha perso del tutto la sua essenza religiosa per diventare la Festa per antonomasia degli Americani tutti, quella in cui ci si riunisce con parenti ed amici attorno ad una tavola imbandita.

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“Visto che la nostra casa era la più grande e la più comoda da raggiungere, era oramai tradizione per amici e parenti trascorrere da noi il giorno del Ringraziamento; anche se raramente c’erano meno di trenta invitati, non era un compito che richiedeva un grande sforzo perchè noi preparavamo solo la tavola ed un bel numero di tacchini ripieni. Gli ospiti arrivavano con i contorni ed ognuno preparava la sua specialità: una cugina di secondo grado: Harriet Parker di Flomaton, faceva una delizia a base di arance tagliate sottili e cocco fresco grattugiato; la sorella di Harriet, Alice, arrivava solitamente con il purè di patate con l’uvetta; la famiglia Conklin, Mr e Mrs Conklin con le loro quattro splendide figlie, portava sempre una selezione di conserve di verdure preparate durante l’estate. Il mio cibo preferito era però il pudding alle banane, una ricetta custodita da una vecchia zia che nonostante l’età era ancora attiva in cucina; con nostro dispiacere si portò la ricetta con sè quando morì nel 1934 all’età di 105 anni (e non fu per vecchiaia: fu calpestata da un toro al pascolo).”
Da un breve racconto del 1967 di Truman Capote “Il Giorno del Ringraziamento”.

Il tacchino, ça va sans dire,  è il re della tavola di ogni quarto giovedì di novembre sin da quel lontano 1862, anno in cui Abraham Lincoln ufficializzò la data di una tradizione che risaliva ai Padri Pellegrini.
La storia la conosciamo tutti: arrivarono sulle coste del Massachusetts nel 1620 a bordo della Mayflower dopo la lunga traversata da Plymouth. Fu solo l’anno successivo che i 53 Pellegrini sopravvissuti riuscirono, grazie all’aiuto degli indiani nativi d’America, ad ottenere un buon raccolto dai terreni coltivati, fu così che venne festeggiata la prima giornata del Ringraziamento.

 

“Novembre era arrivato; le messi erano al riparo, e granaio, dispensa, e silo erano stipati dal raccolto che aveva premiato il duro lavoro estivo. La grande cucina adesso era un luogo accogliente, perchè nel grande focolare scoppiettava un fuoco allegro; dai muri pendevano ghirlande di mele, cipolle e mais; in cima alle travi luccicavano zucche dal collo curvo, succulenti prosciutti e carne di cervo essiccata – – poichè a quei tempi cervi e caprioli ancora vivevano nel folto delle foreste e i cacciatori prosperavano. Profumi stuzzicanti pervadevano l’aria; al gancio erano appesi bollitori fumanti,  più sotto tra le rosse braci sobbollivano pentole di rame, e tutto suggeriva l’avvicinarsi di una festa.”
E’ così che Louisa May Alcott, più nota per “Piccola Donne”, descrive l’atmosfera di una fattoria del New Hampshire nel 1881 in “An Old-Fashioned Thanksgiving”.

Ma come in ogni festa che si rispetti il giorno dopo restano gli avanzi da smaltire, gli avanzi di quel tacchino colossale per duecentocinquanta milioni di persone per l’appunto.
“In occasione di questa festività, i frigoriferi dell’intera nazione traboccano di un nutrito esercito di tacchini, la cui vista potrebbe causare in un adulto un attacco di vertigini. Sembra, quindi, giunto il momento  per donare ai proprietari il vantaggio della mia esperienza di vecchio gourmet, per l’impiego di tutto questo materiale in eccesso. Alcune delle ricette sono patrimonio della mia famiglia da generazioni… Sono state raccolte nel corso degli anni, da vecchi libri di cucina, da diari ingialliti dei Padri Pellegrini, da cataloghi di vendita per corrispondenza, sacche da golf e bidoni dell’immondizia. Tutte sono state provate e testate – ci sono lapidi in tutta l’America a dimostrazione di ciò.”
Segue una lunga lista di “ricette” semiserie quanto infattibili di Tacchino rubato, Cocktail di tacchino, Tacchino ed acqua, che potete divertirvi a leggere qui.
“Ecco, penso che si sia parlato abbastanza di tacchino. Spero di non vederne o sentirne nominare ancora fino – bè, fino al prossimo anno.”
Francis Scott Fitzgerald, I Taccuini.

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Lydia Capasso

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