Scrivere del Tibet, seppur semplicemente del suo alimento “nazionale”, la tsampa, è estremamente doloroso.
La zona a tutti nota come il Tetto del Mondo ha perso la sua indipendenza negli anni Cinquanta e da allora è una regione della Repubblica Popolare Cinese.
Il Tibet è un paese di agricoltori e di pastori, l’orzo e lo yak sono le principali fonti di sostentamento, cosa che non può sfuggire quando si attraversa la Friendship Highway, la pittoresca strada che congiunge il Tibet con il Nepal, l’unica che lo colleghi ad un paese straniero. Sono proprio i campi di orzo, insieme a quelli di colza, coronati dalle alte vette innevate e le sporadiche mandrie di yak sparse qua e là, a regalare alcuni dei suoi panorami più belli.
L’orzo è l’unico cereale a poter essere coltivato ad altitudini così elevate (fino a circa 4500 mt); con risultati devastanti i cinesi avevano anche provato a sostituire la sua coltivazione con quella del loro riso, ma, dopo aver affamato un popolo, si sono visti costretti a ritornare alle origini.
L’orzo tostato viene ridotto in farina attraverso l’utilizzo di piccoli molini artigianali ad acqua, e costituisce la base per la tsampa, la scorta di energia che i tibetani portano sempre con sé.
Altro ingrediente essenziale per la tsampa è il cosiddetto butter tea: si dice che un tibetano beva ogni giorno anche 40 ciotole di questa bevanda che si ottiene lasciando in infusione foglie di tè nero in acqua per mezza giornata; il liquido filtrato si mescola con burro di yak e sale con l’aiuto di una zangola, viene tenuto al caldo e si agita leggermente prima di berlo a piccoli sorsi. Un tè così grasso impedisce anche che le labbra dei tibetani si screpolino per le disagevoli condizioni climatiche e di altitudine.
Per ottenere la tsampa si mette in una ciotola un fondo di butter tea, si aggiunge la farina di orzo e si mescola con i polpastrelli facendo ruotare la ciotola, in modo da ottenere un impasto consistente. Se mangiata al momento la consistenza dovrà essere come quella di un porridge, come un panetto di pasta di mandorle nel caso, non raro, debba essere conservata o trasportata.
Gli sherpa e le popolazioni nomadi della zona ne fanno un grande utilizzo.
Si può mangiare da sola, è una riserva veloce e pronta di energia, oppure come condimento o accompagnamento a carni e verdure.