Chissà per quali strani meccanismi usanze antiche (e mai sparite, checché se ne dica) tornano alla ribalta, da un giorno all’altro, varcando non solo i confini della città alla quale appartengono ma addirittura quelli nazionali.
Qualcuno dice che dipende dalla crisi, ma ormai di qualsiasi fenomeno sociale e di costume si dice la medesima cosa. Forse, più semplicemente, una bella abitudine un tempo circoscritta a una città gode oggi di nuova fortuna, internazionale, grazie all’ampiezza e alla facilità delle comunicazioni.
Del caffè sospeso parlò qualche anno fa Luciano De Crescenzo in un suo libro. Ma i napoletani ne avevano esperienza quotidiana e personale: si entrava in un bar, si ordinava un caffè e se ne pagavano due o più, lasciando quelli non consumati “sospesi”. Vale a dire che, in seguito, chi fosse privo di mezzi poteva affacciarsi nel locale e domandare se ci fossero sospesi. In caso di risposta affermativa, poteva consumare gratuitamente il caffè già pagato da un precedente cliente.
Un caffè, soltanto un caffè: non un pasto, non un pezzo di pane. Si può commentare che un caffè non risolve il problema della povertà e della fame, ma bisogna capire il ruolo fondamentale che nella vita quotidiana di un partenopeo ha sempre avuto la scura bevanda, da consumarsi bollente e molto ristretta. Conforto, sostegno, pausa e anche rituale di amicizia, di condivisione, di socialità. Se prendi un caffè al bar sei parte di qualcosa, di una comunità, di un tutto. E dunque il caffè sospeso era, anzi è, questo: condivisione, solidarietà e un messaggio di inclusione.
Si legge che l’usanza è sparita, ma non è del tutto vero. Oltre a sopravvivere tal quale in alcuni quartieri, semmai, nel tempo del benessere diffuso, si è trasformata: usa lasciare un caffè sospeso ad personam, per qualcuno che si sa che frequenta lo stesso bar e ci passerà a breve. E’ un altro modo per offrire un caffè, ma in assenza del destinatario dell’offerta. Si lascia un “sospeso” per il portiere del proprio stabile o il salumiere del quartiere, il postino o il vigile. Pratica peraltro non esclusiva dei napoletani. Certo, è cosa diversa dal lasciarlo per lo sconosciuto poco abbiente, ma si tratta pur sempre di un gesto garbato di cortesia e amicizia.
In ogni caso, l’offerta anonima ad anonimo beneficiario sta tornando prepotentemente d’attualità. Qualche anno fa un gruppo di associazioni e di festival culturali ha dato vita alla “Rete del caffè sospeso“, un progetto di mutuo soccorso tra organismi che si occupano di fare cultura soprattutto sui temi dell’accoglienza, una rete solidale, in altre parole, ispirata all’usanza partenopea. La rete ha istituito nel 2011 la Giornata del caffè sospeso, che ricorre il 10 dicembre di ogni anno: aderiscono alla giornata bar sparsi su tutto il territorio nazionale, nei quali è possibile lasciare o ricevere un caffè sospeso.
A Milano il caffè sospeso è già una pratica abituale al Blu Bar di Via Carmagnola, dove una lavagnetta tiene aggiornata la disponibilità di caffè già pagati ma anche quella di birre e spumanti, non proprio in linea con la semplice solidarietà originaria.
Ma è di pochi giorni fa la notizia che la pratica solidale ha raggiunto addirittura la Bulgaria: a Sofia un gruppo di un centinaio di bar ha lanciato l’iniziativa attraverso Facebook e importato così la tradizione napoletana, che ha fatto proseliti anche tra i panettieri visto che in alcune panetterie è possibile acquistare del pane che viene lasciato a disposizione dei meno abbienti.
Nel frattempo, a Parigi gli “Indignati” hanno scoperto la vecchia usanza partenopea e l’hanno riproposta sulla propria pagina Facebook, ricevendo molti “Mi piace” e molti commenti auspicanti l’adozione anche nella Ville Lumière della bella consuetudine del “café en attente“.
Una consuetudine che fa parte dell’immagine (ormai appannata) di una Napoli accogliente e partecipe e alla quale ha reso omaggio la scorsa estate lo storico caffè Gambrinus di Napoli festeggiando la tazzina numero 13.000.000 preparata dal barista Giovanni Fummo: in quella occasione, i caffè sospesi scorrevano a fiumi.
Ma il revival è solo all’inizio: lo stesso caffè Gambrinus ha annunciato in questi giorni la sua intenzione di rilanciare il ‘sospeso’. Aspettiamo di vedere quanti proseliti farà il caffè solidale.