La sposa ha detto sì e dopo la cerimonia, la festa e dopo la festa, eccola nella nuova casa. Non c’è viaggio di nozze, non c’è rodaggio, c’è la campagna che chiama e le cose di una nuova vita da cominciare, come alzarsi l’indomani e preparare la colazione per il marito e i suoi 3 fratelli zioni. La sposa ha detto sì a tutti. E anche se con uno solo condividerà il letto, a tutti servirà da mangiare prima di sedersi a tavola.
Questo è il nostro ieri e queste sono le donne che mi stupiscono ancora, le vedo lavorare insieme nella sagra d’estate del paese, le sento raccontare che mai un pasto a due se non “in gita” e mai una festa comandata senza settimane di preparazione “par fe i caplèt”
Dei cappelletti di Romagna ogni cortile ha una ricetta ma, andando per zone, possiamo parlare di:
Cappelletto di magro faentino.
Cappelletto della bassa.
Tortellino emiliano (ma questa è un’altra volta)
Nel cappelletto di magro faentino niente carne o salume, solo formaggio fresco e parmigiano.
Nel cappelletto della bassa, solo parmigiano e mortadella.
Uova e noce moscata in entrambi.
Io sono emotivamente legata al secondo, quello di casa mia, quello di cui ho scritto la mia poesia personale. Ma sono sposata al primo e con il ragù ammetto la sua supremazia. Metto entrambe le versioni, quella di mamma e quella di Irma, la sposa di tutti i fratelli di cui sopra.
Se volete un piatto romagnolo della festa fate il cappelletto in brodo.
Se volete un piatto romagnolo fra gli amici fate il cappelletto asciutto.
Il cappelletto di magro, le dosi:
per il batù (ripieno)
300 g di raviggiolo o formaggio romagnolo (in molte case è citata la ricotta ma qui non si mette)
180 g di parmigiano reggiano (stagionato almeno 24 mesi)
uno/due uova
noce moscata q.b.
Grattugiare il parmigiano, la noce moscata, unirli al formaggio, aggiungere l’uovo e valutare la consistenza. Se il raviggiolo è stato scolato a dovere, o il formaggio romagnolo non è a completa maturazione l’impasto potrebbe risultare più o meno sodo. La consistenza ideale è quella che, mettendo l’impasto dentro un sac a poche, occorre premere per farlo uscire.
Se troppo duro aggiungere un altro uovo. Dopo le prime volte ci si fa l’occhio, dicono le arzdore.
Il cappelletto della bassa, le dosi:
per il batù
550 g di parmigiano reggiano (stagionato almeno 24 mesi)
150 mortadella in una sola fetta
2 uova
noce moscata q.b.
Grattugiare parmigiano e noce moscata, tritare finemente la mortadella e, in una ciotola, mescolare aggiungendo le uova una alla volta.
In entrambe le preparazioni sarebbe opportuno preparare il batù il giorno prima, per lasciarlo innamorare nel frigorifero fino al momento di farcire la pasta
Per la sfoglia:
5 uova (di gallina ruspante ma che sia nutrita a mais, la sfoglia pallida è brutta crea inappetenza)
5 hg di farina 0
La sfoglia ideale da tirare al matterello è di 3 uova. Ma vi avanzerebbe del batù, quindi il mio consiglio è di farne 6 uova e con il rimanente fare degli inganacalplèt, (cappelletti finti)
Se tirate al matterello siate avari di farina, un pugno in meno da dosare lavorando l’impasto, la sfoglia morbida si tira meglio e si chiude meglio.
Se tirate a macchinetta consiglio dose esatta.
Lasciar sempre riposare la palla sotto una ciotola per almeno 30’, serve a far rilassare la farina che cederà sotto il matterello e si stenderà a dovere.
Una volta stesa la sfoglia, tagliarla a quadrati di 3×3, (i cappelletti son buoni grandicelli), farcirli con un cucchiaino di batù, chiuderli a triangolo e far girare sul dito avendo cura di “prillare” l’angolo che chiude come fosse una tesa di cappello.
Se non avete schiere di amiche, o mariti, o zioni, che vi aiutano nella preparazione del cappelletto, tenete coperto l’impasto in modo che non si secchi.
Nel giorno della festa, in un brodo portato a bollore, tuffare i cappelletti avendo cura di contarne almeno 30 a testa, quando tornano a galla sono cotti. Spegnere la fiamma, mettere il coperchio e aspettare il tempo di un brindisi con quello buono.
Il Natale è alle porte, fate il vostro cappelletto e raccontateci com’era.
Auguri da una romagnola che non si rassegna a un marito senza neanche un fratello.