Uno strudel da imperatori

È un fatto: sullo strudel si dice e si è detto tutto. E di tutto. Parlo del classico apfelstrudel, dolce tanto famoso quanto riprodotto che, grazie all’Impero Austro-Ungarico, ha varcato molti confini, al punto che è diventato difficile trovargli una collocazione geografica: basti sapere che in anni recenti è diventato il dolce ufficiale dello Stato del Texas.
Ma è un fatto anche che sia il simbolo della pasticceria austriaca, dolce imperiale per eccellenza da circa tre secoli. Perciò, se non sono gli Austriaci a dirci qual è la maniera corretta di prepararlo, chi potrebbe farlo? Così, avendone l’occasione sono andata a guardare come si fa l’apfelstrudel nel Cafè Residenz all’interno della reggia di Schönbrunn, là dove si onorano di sfornarlo da circa tre secoli, per l’appunto, e dove quotidianamente, una volta all’ora, dalle 10 del mattino alle 17 (le 16 in inverno), mostrano la propria sapiente manualità ai visitatori per pochi euro in cui sono inclusi una bella porzione di strudel e una tazza di tè, caffè o cioccolata. Lo fanno nella Schaubackstube, il forno-panetteria nel sotterraneo del caffè, là dove un tempo si lavoravano le prelibatezze destinate al morigerato Franz Joseph, alle cui cucine risale la ricetta utilizzata ancora oggi nel caffè Residenz.

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Pur avendo più volte preparato lo strudel e superato a mio modo le difficoltà insite nel lavoro, a cominciare da quella più ovvia: stendere la pasta alla giusta sottigliezza, devo dire che ho trovato nello Strudelshow (così si chiama) più di un motivo di stupore. E aggiungere che lo strudel del Residenz era davvero delizioso. Tra i migliori che io abbia mangiato.

IMG_3382Insomma, se vogliamo essere all’altezza dei pasticcieri imperial-regi, niente di meglio che adeguarci ai metodi del Residenz, fermo restando che altre pasticcerie storiche e di vaglia di Vienna seguono procedimenti diversi per la preparazione del dolce “vortice” ripieno di mele e profumato di cannella.
Sembra superfluo ma vale comunque la pena di ribadirlo: non usate la pasta sfoglia che con lo strudel non c’entra nulla. E, più che altro ad uso degli Statunitensi, un’altra raccomandazione superflua: NON usate la pasta fillo. Per quanto sia unanimemente riconosciuto che lo strudel nasce per influsso turco a seguito della conquista ottomana dell’Ungheria e del lungo fronteggiarsi di Turchi e Austriaci culminato nell’assedio e nella battaglia di Vienna del 1683, e dunque è figlio del baklavà e dell’arte di preparare sottilissimi fogli di pasta e sovrapporli intervallandoli con ripieni dolci e salati, la pasta fillo non è la pasta strudel, e chiunque abbia mangiato uno strudel viennese può testimoniarlo.
Perciò, al bando le scorciatoie (rotoli pronti di varia natura) e via con la manualità.

Qualche scoperta:

– il panetto di pasta, una volta preparato, viene lasciato riposare per circa trenta minuti, ma negli ultimi cinque si raccomanda di immergerlo in olio di girasole per facilitarne la stesura;
– i pasticcieri del Residenz non stendono il ripieno sulla pasta per poi arrotolare il tutto a “vortice”, ma dispongono tutto il ripieno in un lungo salsicciotto su un lato della pasta, quindi formano lo strudel facendolo rotolare con il sollevare un lembo dello strofinaccio su cui è posto. In sostanza, la pasta è solo intorno allo strudel, non al suo interno. In effetti, mi sembra un sistema saggio, giacché la pasta all’interno tende altrimenti a restare umida e poco cotta;
– si raccomanda di lasciar riposare il ripieno per un po’ prima di farcire il dolce;
– il pangrattato che in molte ricette viene sparso sulla pasta perché assorba l’umidità della farcitura e isoli la pasta stessa, qui viene invece mescolato al ripieno.

Il resto è prodezza delle mani, e delle braccia, e persino delle spalle. Perché qui, come vedremo, è tutta la parte superiore del corpo a partecipare alla stesura della pasta.

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La ricetta

Per la pasta:
250 g di farina 0 (non forte, quindi non da panificazione)
2 g di sale
un uovo
100 g di acqua tiepida
20 g di olio di semi di girasole (più quello necessario per ungere il panetto di pasta e per tenerlo in immersione prima di stenderlo)
Per il ripieno:
100 g di pangrattato
50 g di burro
140 g di zucchero
10 g di cannella in polvere
170 g di uvetta lasciata ammorbidire nel rum per 24 ore
1 kg di mele sode, acidule e non farinose, come le Granny Smith
10 g di succo di limone
rum

Per la pasta, mescolare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo che si stacchi bene dalle mani e dal piano di lavoro. Formare una palla, ungerla con olio di semi di girasole e lasciarla riposare per 25 minuti, poi immergerla sempre in olio di semi di girasole per altri cinque minuti.
Nel frattempo, preparare il ripieno. Far fondere il burro in una padella, aggiungervi il pangrattato e farlo dorare.
Mescolare lo zucchero con la cannella.
Sbucciare le mele, privarle del torsolo ed affettarle non troppo finemente. Spruzzarle con il succo di limone, mescolarle con il pangrattato al burro, lo zucchero cannellato, l’uvetta sgocciolata e uno schizzo di rum. Lasciar riposare.
Stendere la pasta su un telo ben infarinato, utilizzando, se ci si riesce, il metodo descritto nella sequenza fotografica che troverete più in basso. Disporre il ripieno lungo il bordo della pasta, ammucchiandolo e compattandolo con le mani. Coprirlo con il lembo corto della pasta e poi sollevare il telo facendo rotolare lo strudel in modo che il ripieno venga completamente avvolto dalla pasta. Spennellare il lembo della pasta con il burro e sigillare lo strudel. Poi attorcigliare su se stessa la pasta alle estremità dello strudel per chiuderla (come da sequenza fotografica).
Sollevare il dolce servendosi del telo e farlo rotolare con delicatezza su una teglia coperta di carta da forno unta di burro e cosparsa di pangrattato. Spennellare lo strudel con burro e infornarlo a 190° fino a doratura.
Appena sfornato, si consiglia di spennellare nuovamente il dolce con burro. Una volta raffreddato, spolverizzare con zucchero a velo.
E veniamo alla sequenza:

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Il telo viene ben infarinato, quindi la pasta posta su di esso e appiattita ai bordi, ma non al centro, con le dita; poi si comincia a stenderla con il matterello con un movimento che parte dal centro rigonfio e procede verso i bordi, fino ad ottenere un disco di modeste dimensioni.

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La pasta viene poi sollevata con il dorso delle mani abbondantemente infarinato; volendo pur tralasciare il virtuosismo da pizzaiolo della seconda foto, si procede ad allargare la pasta dal centro verso i bordi sempre con il dorso delle mani e poi alle mani si unisce l’avambraccio, che aiuta a distendere ulteriormente il disco.

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Ed ecco che le cose si complicano e il disco, sempre più largo e sottile, viene steso ancora con entrambe le braccia, i gomiti, e alla fine persino con l’aiuto delle spalle, ruotandolo più e più volte e sfruttando soprattutto la forza di gravità. Bisogna lavorare con delicatezza facendo attenzione a non strappare l’impasto. Indispensabile togliere qualsiasi anello, bracciale, orologio.

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Quando la pasta è tanto sottile da essere trasparente, la si adagia sul telo, poi la si scuote leggermente, sollevando uno dei bordi, come fosse un lenzuolo, in modo che l’aria la gonfi come un pallone. In questo modo si distende ulteriormente.

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Un depliant posto sotto la pasta appare leggibile.

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Il ripieno viene disposto lungo uno dei bordi, ammucchiandolo e compattandolo con le mani. Quindi si solleva il lembo di pasta più corto, quello accanto al ripieno, e con esso si ricopre interamente il ripieno stesso.

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Si solleva il telo e si fa rotolare con cautela lo strudel in modo che venga avvolto interamente dalla pasta. Poi si spennella di burro il lembo che eccede e lo si fa aderire allo strudel, sigillandolo.

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Le estremità vengono sigillate attorcigliandole strettamente. Viene caldamente raccomandato di non tagliarle. Poi si solleva lo strudel servendosi del telo e lo si depone sulla teglia rivestita di carta forno unta di burro e cosparsa di pangrattato. Infine si spennella il dolce con il burro.

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Ed ecco la nostra abile e sorridente pasticciera imperial-regia con gli strudel cotti.
Buon lavoro (e buona fortuna) a tutti!

Café Residenz
Kavalierstrakt 52
A-1130 Vienna
Tel. +43 1 24 100-300
Fax +43 1 24 100-319
residenz@cafe-wien.at
www.cafe-residenz.at

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Giovanna Esposito

4 Commenti Aggiungi un commento

  • Lascio un commento con tempismo perfetto, a ferragosto è un anno dopo; la mia ricetta, appresa da Ravaioli differisce di poco: ripieno così disposto, non spalmato. Questo permette anche di non piangere per un buchino nella pasta. Le mele acidule e compatte le avevo invece scelte per mio gusto. La pasta somiglia assai. La differenza che testerò è l’olio al posto del burro. Burro che nella ricetta che seguo viene spennellato anche su tutta la pasta, non solo l’ultimo lembo….

  • Per l’ascendenza si può andare più in là della Turchia, ho trovato uno strudel salato fatto con pasta non fillo ma tipo strudel in Uzbekistan; era farcito con cavolo cappuccio. Sembrava cotto al vapore o bollito ma pasta e forma, avvolgimenti etc erano quelli.

  • Aggiungo che la cucina dell’Uzbekistan ha tutta l’aria di tenere duro con la sua identità, per adesso. Quindi non sembrava un apporto viennese 🙂

  • La mia ricetta tramandata da mia madre,a Trieste subito dopo la guerra, prevede mele tassativamente renette,poi il ripieno,molto abbondante viene spalmato su tutta la pasta, precedentemente spalmata con pangrattato appena soffritto nel burro. Mele buccia limone cannella uvetta pinoli,e slivoviz,una spruzzata di zucchero di canna. Arrotolare il tutto, per il resto come nella ricetta già esposta. Impareggiabile.

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